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Odilon Redon, il principe del sogno. Un viaggio nell'inconscio attraverso le analisi di ventuno opere

Redon: l’artista del nero

“Il carboncino, materia leggera che un soffio solleva, mi ha conferito la rapidità di un gesto proprio all’espressione docile e facile dei sentimenti.”
Con questa frase, Redon esprime il suo grande amore per il carboncino, dando vita alla collezione dei Neri.
L’utilizzo del carboncino è legato al suo luogo d’infanzia. Il materiale principale del carboncino è il legno di vite, per cui viene collegato ai vigneti di Peyrelebade, dove ha vissuto la sua dolorosa infanzia. Egli utilizza diverse tonalità e diverse durezze di carboncino. Con questo materiale si avvicina a molteplici tecniche:
- Utilizza il pastello per creare dei rialzi a delle forme, alcune delle quali vengono sfumate;
- Scurisce il foglio utilizzando un timbro caldo fatto con la vernice nera;
- Utilizza uno strato uniforme di carboncino nero, coprendo tutto il foglio;
Quest’ultima tecnica riprende lo scopo del metodo utilizzato da Leonardo, che consisteva nel fissare un muro nero per creare con la propria immaginazione delle forme. Attraverso essa, Redon calma i suoi turbamenti e dopo aver coperto il foglio di nero, inizia a creare delle forme, le quali sono frutto della sua fantasia, descrivendole come il vero segreto della sua arte. Da quelle immagini irreali, emergono altre figure, eseguendo un operazione quasi infinita.
Questa procedura implica il controllo da parte delle forze consce, delle forze dell’immaginazione legate all’inconscio. Redon voleva che queste opere fossero un modo per liberare la mente di chi lo guarda, con lo scopo che quest’ultimo cominci ad indagare il proprio animo. Tali metodi anticipano in un certo senso, quei procedimenti utilizzati dal surrealista Max Ernst. Per cui Redon può essere considerato il vero precursore del Surrealismo.
Il carboncino diventa un metodo attraverso il quale riesce a padroneggiare le sue emozioni, diventa l’agente della mente.
Sulla carta annerita dal carboncino, Redon affronta il suo passato e l’infelicità, depressione che l’ha ossessionato sin dall’infanzia. Se da una parte la collezione dei Neri rappresenta un modo per esprimere il proprio dolore subito durante lunghi anni, da un'altra parte, rappresenta un modo per esorcizzare il passato in modo tale di far nascere nuove identità.
Redon, scorgendo le sue visioni, cancella, sfuma, raschia in modo tale che queste visioni emergano lentamente. Egli dice:
“Il nero è un agente dello spirito […] il nero è il colore più essenziale.”
Per l’artista il nero si muove, cambia, per cui è ambiguo e duplice, in quanto riprende il concetto della nascita ma anche della morte; nel suo interno c’è il nulla ma nello stesso tempo è il principio della metamorfosi; rappresenta il caos ma contemporaneamente rappresenta il divenire.
Per cui di fronte al nero, si sente isolato e spaesato, in quanto va a confrontarsi con una forza misteriosa, che va al di fuori dello spazio e del tempo, una forza che è piena di contraddizioni inconciliabili, difatti all’interno c’è molto da vedere anche se non rappresenta molto, e si possono eseguire forme complesse mediante l’uso di tecniche semplici.
Le opere in nero sono piene di gamme tonali, di sfumature e di strutture grafiche. Di fronte a questo, Degas dichiara che il nero di Redon è di un'unica bellezza. Oltre a Degas anche Picasso viene colpito dal nero di Redon, egli difatti afferma:
“Nella notte universale tutta l’illuminazione viene dalla luce interiore. Aveva compreso bene la litografia.”
Dal 1879 al 1899 l’artista dell’immaginario, realizza undici album, in cui ci sono 180 litografie tutte eseguite con carboncino e grafite, Redon li chiama i suoi “neri.”
Alcune di queste opere sono realizzate in omaggio ad autori con cui ha un forte legame, come Goya, Poe e Baudelaire, altre opere, al contrario, sono ispirate ai testi immaginari come i tre album realizzati all’opera di Flaubert La tentazione di Sant’Antonio e come l’ultimo, intitolato l’Apocalisse di Giovanni.
Ci sono altre raccolte in cui emergono delle ossessioni notturne come Nel sogno (1879), La notte (1886) e I sogni (1891) e altre in cui affronta il tema darwiniano, inserendolo in un contesto cosmico come Le origini (1883).
Queste opere, eseguite con le matite grasse, uniscono la precisione e l’indeterminazione, naturale e soprannaturale, facendo emergere dai neri abissi creature ambigue, spaventose come ciclopi, assassini, angeli dispersi, cavalli imprigionati, gnomi maligni e fiori antropomorfi e organismi primordiali. Per di più ogni opera, priva di citazione, è seguita da una sua frase o un suo titolo, dimostrando come Redon sia disinvolto in questo mondo, in quanto esso rappresenta il suo mondo, il suo sogno.
Le produzioni delle opere in bianco e nero, però sono state reputate da alcuni critici particolarmente favorevoli all’idea di satanismo, evocando anche idee di perversione, Huysmans in primis, il quale crede di aver trovato in lui un perfetto alleato.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Odilon Redon, il principe del sogno. Un viaggio nell'inconscio attraverso le analisi di ventuno opere

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandra Girolimini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Accademia di Belle Arti
  Facoltà: Accademia di belle arti
  Corso: scenografia
  Relatore: Robertomaria Siena
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 124

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