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Le Olimpiadi: una lunga storia di sport, passioni, rinunce e... di politica

Storie di atleti e di doping

Negli ultimi anni il doping è diventato per il mondo dello sport una triste realtà che coinvolge sempre più atleti ad ogni livello. Quello che sembrava essere un modo per vincere più facilmente, si è trasformato in una pratica dalle conseguenze disastrose.
Ci si trova di fronte ad atleti che non riescono più ad accettare i propri limiti e che sostituiscono all’impegno fisico e nervoso l’uso di sostanze sintetiche che possono far rendere di più in termini di risultati. A livello olimpico solo nel 1973 si venne per la prima volta a conoscenza del doping; prima, era qualcosa di sconosciuto ai più.
Grazie ad alcune testimonianze di atleti coinvolti in questa pratica si riuscì ad approfondire l’argomento, rendendosi da subito conto che non era di certo una cosa positiva. Scavando nella storia è possibile trovare come il doping abbia origini piuttosto lontane e quando sia iniziato il suo sviluppo verso la diffusione attuale.
Si pensa che la parola doping derivi dall’olandese “dop”, con la quale ci si riferiva ad una bevanda alcolica a base di scorza di uva, consumata dai guerrieri zulù per aumentare le loro capacità nel combattimento. Nella Grecia antica gli atleti consumavano delle pozioni fortificanti per avere maggiore potenza; nel 1300, sostanze come la cocaina, la caffeina e la stricnina era molto diffuse tra i ciclisti per aumentare le loro capacità di resistenza. Basti pensare che nel 1904 in occasione della maratona olimpica, l’atleta Thomas Hicks, riuscì ad arrivare primo grazie a delle iniezioni di stricnina, all’uovo crudo e al brandy che consumò durante lo svolgimento della gara. Forse all’epoca ci si fermava solamente a quello che era il beneficio di queste sostanze, senza rendersi conto che andavano comunque ad alterare le effettive capacità fisiche dell’atleta. Dal 1920 si sentì l’esigenza di iniziare a regolamentare il doping all’interno dello sport, con la prima Federazione ad impedire l’uso di sostanze stimolanti, che fu quella internazionale di atletica amatoriale. Anche altre Federazioni seguirono questo esempio, ma restava il fatto che mancavano dei controlli validi per capire quando si era in presenza di atleti dopati. Il sospetto derivava il più delle volte dalla prestazione, ma se ci si fermava solo a questo si poteva sospettare praticamente di chiunque.
Il problema del doping negli anni si aggravò sempre di più per lo sviluppo di nuove tecniche, tra cui l’apparizione di sostanze sintetiche, o meglio ormoni.
La preoccupazione verso queste novità aumentava specie quando si era in presenza di morti sospette, in cui, poi si scopriva tramite l’autopsia la presenza di sostanze come ad esempio le anfetamine.
I primi controlli contro l’uso di sostanze dopanti, vennero attuati dal 1966 nei campionati mondiali di calcio e di ciclismo, i due settori al tempo maggiormente interessati dall’argomento. Lo stesso CIO dovette prendersi carico del problema, ormai diffuso, creando una Commissione dei Medici e stilando una prima lista provvisoria di quelle che erano ufficialmente le sostanze dopanti. I controlli si diffusero perciò anche a livello olimpico. Di pari passo allo sviluppo dei controlli, vennero create nuove sostanze impossibili da riconoscere mediante i test praticati, gli steroidi anabolizzanti; diffusi specie nel caso di prove richiedenti una grande forza. Solo nel 1976 questi vennero inseriti tra le sostanze dopanti, sviluppando dei test completi in grado di riconoscerne la presenza e, da qui, iniziarono delle squalifiche a tappeto soprattutto in discipline come il lancio del peso. Si capì molto presto che il doping era un male troppo grande da sconfiggere, specie quando iniziò ad essere praticato dallo Stato stesso per avere degli atleti invincibili, come fu il caso degli stati comunisti, a partire dalla Germania Est.
Nonostante fossero ormai note le conseguenze negative e drastiche causate dal doping, sembrava che non se ne potesse fare a meno: l’importante era prevalere fisicamente nello sport a tutti i costi. Agli stimolanti e steroidi si aggiunsero nel tempo altre pratiche sempre più sofisticate, come il doping sanguigno, consistente nel prelevare dall’atleta del sangue per poi iniettarlo nuovamente avendone aumentato l’ossigenazione.
Anche tale pratica venne vietata dal CIO, ma solo a parecchi anni di distanza, nel 1986. Come si può comprendere, il CIO aveva un gran da fare per stare al passo con l’evoluzione dei tempi; si trovava di fronte a sostanze sempre nuove che sebbene all’inizio potessero sembrare innocue, non si rivelavano tali a distanza di anni.
Ogni volta che si scopriva una nuova sostanza o pratica dopante e se ne bloccava l’uso, ecco che ne appariva un’altra più sofisticata: difatti, bloccato il riciclo del sangue dal CIO apparve l’EPO, nuovo modo per aumentare il tasso di emoglobina negli atleti.
A volte accadeva che sebbene le sostanze venissero scovate, non erano poi riscontrabili in sede di gara: fu il caso dell’EPO, apparso nel 1990 nella lista delle sostanze proibite dal CIO, ma individuato solo nel 2000 in occasione dei Giochi di Sidney.

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Le Olimpiadi: una lunga storia di sport, passioni, rinunce e... di politica

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Informazioni tesi

  Autore: Hariette Zennaro
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: politica internazionale e diplomazia
  Relatore: Leonardo Asta
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 203

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