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Marketing Postmoderno: luoghi dello Shopping, Marketing Esperienziale e Neuromarketing

Il desiderio di appartenenza a una comunità: Il Community Marketing

Come previsto da Lyotard (1979), le comunità geografiche stanno lasciando il posto a nuove comunità d’interessi. Le nuove tecnologie mettono in contatto persone in ogni parte del mondo, che non necessariamente condividono gli stessi valori.

Il bisogno di comunicare e stabilire valori comuni, di sentirsi parte di una comunità, è oggi fondamentale. Emerge però un paradosso: accanto alla possibilità di parlare con gran parte del mondo facilmente e a basso costo, c'è un maggior timore nel parlare con i propri vicini.

Il mondo virtuale deve parte del proprio successo alla possibilità che offre di comunicare e condividere interessi senza mettere a rischio la propria identità. Grazie a questa forma peculiare di protezione dell’universo digitale, si è osservato negli ultimi anni lo sviluppo di comunità di interessi virtuali.

Le nuove comunità creano un maggior livello di coinvolgimento, anche se sono più difficili da mantenere a causa della percezione crescente di mancanza di tempo. L’idea di comunità e la creazione di fiducia si sviluppano nel tempo, ma sono persistenti. Questo rappresenta un’opportunità per il brand.

I club sportivi in parte rivestono questo ruolo. Utilizzando i meccanismi dei club come strumento che consente ai consumatori di entrare in contatto tra loro, si ottiene una fidelizzazione maggiore che con una semplice raccolta punti. Si possono creare delle comunità di interessi, ad esempio, tramite l’organizzazione di eventi o la costituzione di spazi particolari. Esistono esempi di wine club o travel club nati per raggruppare persone con le medesime passioni.

L’ultima invenzione giapponese nata a questo scopo è il LoveBeeper, che può essere programmato inserendo le caratteristiche personali e quelle dell’ideale compagno/a, e che suona all’incontro con la persona che rispecchia le caratteristiche desiderate.

La nascita di nuove forme di comunità comporta un’evoluzione nella strategia di marketing delle imprese, che devono creare un rapporto di comunicazione non gerarchica con i loro consumatori . Il Community Marketing prevede la possibilità per la marca di far parte delle nuove comunità, e diventarne l’emblema e la rappresentazione.

Quando l’individuo riveste il ruolo di consumatore è conscio di avere un potere maggiore, rivendica la poca voce concessa al cittadino e sa di poter ottenere ciò che vuole. Sa di poter fare la differenza e di essere ascoltato. A differenza del cittadino, che risente dell’individualismo che caratterizza la società moderna, il consumatore, aggregandosi ad altri consumatori, può notevolmente aumentare il suo potere (Klein, 2002 e Gobè, 2002).

Le imprese devono assecondare le trasformazioni dei comportamenti di consumo offrendo prodotti e servizi al contempo innovativi, così da soddisfare le nuove esigenze, e familiari. La familiarità genera, in modo naturale, una risposta emotiva positiva.

In questo contesto, il brand si pone come un nuovo punto di riferimento: riduce l'incertezza, trasmette fiducia, permette l’identificazione, diventa quasi un palliativo per l'anima e un rifugio da un mondo caotico. Non c'è quindi da stupirsi per il fatto che ogni giorno vengono utilizzati circa tre miliardi di prodotti Procter&Gamble nel mondo, e che il marchio Coca Cola vale qualcosa come 50 miliardi di dollari.

Intorno a una marca, un prodotto, un punto vendita o un luogo di incontro si costruiscono vere e proprie “tribù” del consumo (Fabris, 2003), che hanno come vero scopo il bisogno di stare insieme, di empatia, di appartenenza e di scambio. La marca diventa un pretesto per nuove forme di socialità, interclassiste e intergenerazionali. Il nuovo marketing tribale, o Linking Marketing, dialoga con le “tribù” e rafforza i legami che cementano il gruppo (in modo opposto quindi al marketing relazionale, che vede l’azienda instaurare una relazione diretta con il singolo consumatore).

Il consumo diventa un generatore di socialità, uno strumento di aggregazione. Questo può avvenire fisicamente, tramite la partecipazione ad eventi, ma anche virtualmente, tramite la costituzione di comunità virtuali che si formano spontaneamente fra gli utenti di un prodotto/marca o vengono indotte da un’azienda che le promuove sul proprio sito. Le comunità virtuali nascono con esigenze di informazione, scambio, suggerimenti e mantengono i rapporti tramite chat, mail, gruppi di discussione.

I membri si lasciano coinvolgere grazie all’assenza di interessi commerciali e di censure. Spesso l’influenza di tali comunità prosegue anche off-line, in quanto i membri diventano opinion leader sull’argomento. L’interesse delle aziende è quindi alto: le comunità possono fornire loro indicazioni anche progettuali e favorire la mass customization, oltre a svolgere un ruolo di promozione della marca anche al di fuori della comunità.

I rischi nel promuovere lo sviluppo di tali comunità sono però alti: spesso l’azienda produttrice viene criticata, boicottata, e si vede costretta a modificare le proprie strategie e condotte di conseguenza (Klein, 2002 e Gobè, 2002).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Marketing Postmoderno: luoghi dello Shopping, Marketing Esperienziale e Neuromarketing

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Informazioni tesi

  Autore: Giulia Chiari
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Comunicazione e Marketing
  Relatore: Marino Bonaiuto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 125

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