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La retorica del disprezzo

Come emerge da molte ricerche la paura per la criminalità e per gli immigrati che delinquono è perlopiù indotta dai mezzi di comunicazione. Le notizie che li riguardano nella veste di autori di reato trovano terreno fertile presso i fruitori delle notizie, già sensibilizzati
sulla base di un allarmismo riguardo a questo tema ormai non più sottoposto a operazione di riesame e di critica. L’esistenza di una legge che regola l’immigrazione basta a sostenere la validità di questa percezione: la pericolosità degli stranieri è dimostrata dal fatto che la loro semplice presenza sul nostro territorio provoca reazioni a livello governativo.
Gli ambiti elettivi della criminalità degli stranieri sono quelli della prostituzione e del traffico di stupefacenti, due ‘settori’ nei quali l’offerta però è sostenuta da una domanda prevalentemente italiana; i mass media si concentrano poi su attività criminali che risentono delle ‘mode’: le rapine in villa si alternano a casi di violenza sessuale immancabilmente esercitata da giovani uomini di chiara origine slava o
nord–africana. Quotidiani e testate giornalistiche televisive cavalcano con una sincronia perfetta queste notizie, le rincorrono, ne sviscerano i dettagli più crudi e le dipanano collocandole in una cronologia dalla quale sia facile ricavare una serie di regolarità che portino a tracciare l’identikit del capro espiatorio di turno. Questi tipi di reati contro la persona sono particolarmente propensia suscitare reazioni di sdegno, di orrore e di paura, perché vengono vissuti come un’invasione alla propria intimità, come atti barbari che un Paese civile come
il nostro si trova a dover subire da parte di stranieri senza scrupoli e per i quali vengono invocate pene esemplari.
Vale la pena notare che in questi casi non vengono citate le statistiche relative alle violenze sessuale, secondo le quali in più del 90% dei casi il perpetratore è un uomo conosciuto dalla vittima e l’eventualità di essere vittima di stupro da parte di un incontro casuale è piuttosto rara, tanto – verrebbe da concludere - da finire subito in prima pagina…
Da decenni si sottolinea come la paura per la criminalità non intrattenga
una relazione diretta con i tassi di commissione dei reati. Questa osservazione ha porta a due considerazioni: da un lato è necessario indagare sui meccanismi che alimentano questa sensazione di insicurezza, che lungi dall’essere funzionale a un’esistenza piena e soddisfacente comporta pesanti conseguenze sullo stile di vita
delle persone; dall’altra è forse il momento di assumere la paura per la criminalità come dato oggettivo (e non più legato a una percezione erronea della realtà) e pensare a interventi che favoriscano un ridimensionamento delle ansie legate al crimine e alla sovrastima delle probabilità di diventare vittima di reato.
L’idea alla base di questo lavoro è nata dalla lettura degli articoli che hanno trattato lo sgombero dello stabile di via Adda, e dall’osservazione che questo tipo di comunicazione fosse spesso viziata da una serie di elementi riconducibili al ‘nuovo razzismo’. L’analisi condotta ha messo in evidenza come queste pratiche siano diffuse, come vengano fruite senza che nessuno avanzi una critica che esca dalla cerchia degli addetti ai lavori e come, soprattutto, siano efficaci nel rafforzare una serie di pregiudizi e stereotipi già saldamente radicati nella nostra società, tra i quali il nesso tra criminalità e immigrazione è solo uno dei tanti.
I limiti che le istituzioni si trovano ad affrontare nel mettere in atto interventi a favore degli stranieri non attengono alla sola disponibilità
di risorse economiche, ma anche a una modalità di intervento che spesso affonda le sue radici nella riproduzione di schemi ormai non più applicabili alla luce di un’evoluzione nell’intervento sociale ricca di nuove consapevolezze e ormai irreversibile.
Un esempio di questi schemi è il cosiddetto ‘trattamento differenziale’ che le amministrazioni riservano ai gruppi rom.
Il trattamento differenziale riservato agli immigrati, ossia il mettere a loro disposizione soluzioni di fortuna che gli italiani non accetterebbero e contro le quali potrebbero ricorrere con successo ma che gli immigrati accettano senza quasi protestare, ha come conseguenza subdola quella di rovesciare la prospettiva, arrivando ad attribuire agli stranieri la volontà di vivere in quelle condizioni precarie. Questa
ricostruzione paradossale della realtà e le modalità con le quali i mezzi di comunicazione di massa parlano di loro contribuiscono ad alimentare la percezione degli immigrati come una massa di persone che difficilmente si potranno integrare a pieno titolo nella società italiana, principalmente perché troppo diverse da noi.

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Sabrina Ignazi La retorica del disprezzo 5 INTRODUZIONE “L’uccisione della personalità giuridica dell’uomo è una condizione indispensabile per dominarlo intera- mente”. H. Arendt 2 2 H. Arendt Le origini del totalitarismo, Einaudi, Torino, 2004.

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Informazioni tesi

  Autore: Sabrina Ignazi
  Tipo: Tesi di Specializzazione/Perfezionamento
Specializzazione in Criminologia clinica
Anno: 2006
Docente/Relatore: Isabella Merzagora Betsos
Istituito da: Università degli Studi di Milano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 222

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