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Il mancinismo ed il pianoforte rovesciato

Recenti ricerche scientifiche hanno dimostrato che alcuni dei meccanismi neuronali alla base della pratica musicale, subiscono delle modificazioni se è impartito un addestramento specifico fin dalla tenera età, con un aumento delle capacità cognitive, uditive e motorie. Questo processo è possibile perché il cervello umano è dotato della capacità di modellarsi secondo gli stimoli a cui è sottoposto (denominata plasticità neuronale).
L’importanza di queste scoperte che coinvolgono aree cerebrali distinte, comprendenti, tra le principali, i centri del linguaggio e le funzioni motorie e musicali, non ha permesso finora, di comprendere sufficientemente una particolare classe di soggetti, i mancini, che sono spesso stati ignorati dalla ricerca scientifica. Questi, infatti, sono portati fin dalla pratica quotidiana a confrontarsi/scontrarsi con molti oggetti progettati per essere usati con la mano destra (come coltelli, apriscatole, forbici, ecc.) oppure con attività frequenti, come aprire le finestre, svitare/avvitare con un cacciavite, anch’esse più agevolmente eseguibili con la stessa mano. La domanda che è alla base di questa tesi, è la seguente: l’essere mancino rappresenta un problema nell’atto di suonare uno strumento?
Suonare è un’attività umana complessa, e lo studio neurologico dei musicisti rende possibile una conoscenza più ampia del cervello in tutta la sua attività cognitiva generale. Dopo un’introduzione sul problema del mancinismo, tutto il primo capitolo si occupa dei legami tra l’intelligenza musicale e quella linguistica, e, attraverso lo studio delle malattie che limitano l’attività cognitiva (in particolare quelle legate alle due aree in questione, ovvero amusie ed afasie) mostra dei modelli di lateralizzazione e di dominanza cerebrale, in particolare determina le aree del cervello coinvolte nelle funzioni musicali e linguistiche.
Le tesi che più si sono avvicinate alla comprensione del mancinismo, mostrano l’esistenza di differenze neurologiche strutturali e funzionali tra destri e mancini, il che suggerisce l’ipotesi che uno strumento musicale possa essere compreso da un mancino attraverso delle strategie ad hoc, come quella del ribaltamento speculare, come ad esempio nel caso di molti chitarristi e batteristi.
Fino ad ora sono rimasti stranamente esclusi dalla questione i pianisti ed il pianoforte; per questo motivo rivestono particolare interesse alcuni studi che recentemente si sono occupati di studiare uno strumento particolare, denominato “pianoforte rovesciato”, che presenta la tastiera ribaltata a 180° rispetto ad un pianoforte tradizionale (in altre parole con i tasti gravi a destra e gli acuti a sinistra). Assieme alle tesi sulle origini biologiche e genetiche sul mancinismo, il “pianoforte rovesciato” è l’oggetto di tutto il secondo capitolo; interessa in particolare verificare se questo è preferibile ad un pianoforte “normale”, in definitiva se è un oggetto “utile” per un musicista mancino. Completa il capitolo un breve excursus storico sui mancini nel campo dell’arte, della scienza e della musica, con particolare attenzione al musicista mancino più famoso, Carl Philipp Emanuel Bach.
Rimangono a margine nei lavori descritti sopra, le possibili implicazioni in campo didattico dello strumento. L’argomento del terzo capitolo è vedere se ci sono le possibilità per un ripensamento anche della lettura musicale in chiave “pianoforte rovesciato” che in qualche modo ne rappresenti il suo corrispettivo grafico. Gli studi sui mancini mostrano, infatti, che per una buona percentuale di loro, le sedi cerebrali per la comprensione del linguaggio sono collocate nell’altro emisfero rispetto ai destri, il che sembrerebbe preludere ad un modello tout-court di scrittura sinistrorsa (da destra verso sinistra). In più la scrittura destrorsa può essere considerata anche un fatto storico-culturale, poiché è noto che importanti culture hanno da tempo sviluppato e mantenuto un tipo di scrittura da destra verso sinistra (come gli arabi o i cinesi), il che non esclude che questa possa essere oggetto di sperimentazione per chi usa la mano sinistra come preferenziale. Pertanto ho individuato alcune modalità per un ribaltamento della scrittura musicale, e le eventuali implicazioni nella didattica musicale, sempre nell’ipotesi che il suo possibile successivo utilizzo rappresenti la risoluzione più idonea di un problema, oggettivo e non eludibile, denominato appunto “mancinismo”.

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1 Premessa Sarebbe un’arte ben piccola se risuonasse soltanto e non avesse un linguaggio né dei segni per gli stati d’animo. Robert Schumann Praeludium… Il mio primo “incontro” con la musica di Johann Sebastian Bach è ancora oggi, nonostante siano passati più di trent’anni, un ricordo ancora molto vivido. Ero poco più di un bambino, non avevo ancora intrapreso lo studio del pianoforte, ma l’ascolto dei “Concerti Brandeburghesi” fu come una folgorazione, o forse no, è meglio dire come un “viaggio” all’interno di un complesso gioco sonoro (che ancora non sapevo si chiamasse “contrappunto”) dove varie voci si intrecciavano a formare come un’enorme ghirlanda di suoni. Mi apparve perciò quasi inevitabile che quel primo ricordo infantile riaffiorasse alcuni anni dopo, quando ascoltai per la prima volta Glenn Gould interpretare Bach, prepotentemente, ed ebbi la sensazione che il modo in cui il pianista canadese interpretava quel tipo di musica era “il giusto modo”, addirittura “l’unico” possibile. All’ascolto mi parve che le due mani di Gould contribuissero in maniera uguale al buon funzionamento di preludi, fughe, invenzioni a due, a tre voci, canoni, insomma di tutto il repertorio bachiano, e quella sensazione non mi sollevò il dubbio che quel genio di tecnica e d’agilità potesse essere mancino, pur essendolo io stesso. Mi piacque inoltre pensare che quel“humming” continuo, quel canticchiamento che accompagnava l’esecuzione (e che alcuni trovano odioso o peggio), 1 non fosse altro che un vezzo di un artista un po’ 1 Ricordo ancora le parole di un’amica oboista che mi diceva di non poter ascoltare Gould in quanto quel suo “vociare” le dava la sensazione di sentire la voce di un morto!

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Bellini
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: DAMS - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Roberto Caterina
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 256

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Parole chiave

afasia
amusia
cervello
didattica musicale
dominanza cerebrale
intelligenza musicale
lateralità
mancini
mancini in musica
mancinismo
manualità
modularità cerebrale
musica e linguaggio
neuroimaging
organizzazione cerebrale
performance musicale
pianoforte rovesciato
plasticità neuronale
psicologia della musica
scrittura musicale
sinistro

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