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Il concetto di esilio nel primo Joyce

Nelle opere di Joyce l’intrecciarsi di vita ed arte, realtà e finzione appare continuo. Molti ricordi ed aspetti della vita dell’autore sono evocati nelle pagine delle sue opere, come a sancire l’integrazione e la coincidenza delle due dimensioni, arte e vita. A proposito di questo specialissimo rapporto fra vita ed opera R.G. Kelly afferma:

Egli [Joyce] non si limitò a vivere la sua vita e poi a scriverci sopra: la visse “per” scriverla. Ne fu il regista per approntare migliore materiale ai suoi libri. Pur essendo persuaso che fosse compito dell’arte regolare la vita, egli regolò la propria vita per facilitare la sua arte. Così molti simboli, molti temi dell’opera joyciana rappresentano reali ossessioni (esilio, persecuzioni, tradimenti) che egli coltivò almeno in parte, come un mendicante coltiva una minoranza fisica, per trarne profitto. (Kelly, 1973: 5)

Tra questi temi ho voluto soffermarmi su quello dell’esilio, particolarmente ricorrente nella letteratura del ventesimo secolo.
L’intento di questo studio, di tipo tematico, è di proporre una riflessione su tale tema, rilevante per Joyce, poiché egli visse in prima persona l’esperienza dell’esilio e di far emergere come questo incida nella sua vita e percorra profondamente le prime opere, nello specifico, A Portrait of the Artist as a Young Man, Dubliners e Exiles.
Il primo capitolo sarà, diviso in tre parti. Nella prima darò una definizione del concetto di esilio, in particolare di quello volontario che, scelto da molti scrittori moderni, influenza profondamente il processo creativo. Nella seconda proporrò un’esposizione dei tratti principali della vita di Joyce fino alla partenza per l’esilio volontario: l’anticlericalismo ed il nazionalismo del padre, il cattolicesimo fervente della madre e della governante, la formazione scolastica presso i Gesuiti, continui traslochi dovuti al declino economico della famiglia e l’incontro con Nora Barnacle, la donna con cui lascerà l’Irlanda. Nella terza parte, seguirà un quadro dell’Irlanda di Joyce, il contesto politico e sociale, da cui l’autore deciderà di allontanarsi, ma farà da sfondo e non solo alle sue opere.
Nel secondo capitolo farò riferimento al romanzo A Portrait of the Artist as a Young Man e nella prima parte del capitolo mostrerò come, rifiutando le istituzioni, nello specifico la famiglia, la nazione e la Chiesa, porti il protagonista, Stephen Dedalus, a fuggire da queste e dal proprio paese ed a scegliere l’esilio, poter esprimersi e creare libero dai condizionamenti sociali, morali e religiosi. Nella seconda parte, invece rintraccerò nel medesimo testo gli elementi che sin dall’inizio mostrano la sensibilità artistica di Stephen, come per esempio il suo interesse per i suoni del linguaggio, gli elementi che presagiscono la sua vocazione letteraria ed infine l’“epiphany” rivelatrice del suo destino: votare la sua vita all’arte in esilio volontario, lontano dalla famiglia e dalla società in cui è nato e cresciuto.
Il terzo ed ultimo capitolo, il quale è diviso in due parti, tratterà l’opera dei Dubliners, in cui Joyce pone l’accento sull’impotenza della società, cui attribuisce il nome di “paralysis”, che coincide con la condizione di tutti gli irlandesi, incapaci di esercitare la loro volontà e di soddisfare se stessi. Impotenza e paralisi possono generare una reazione naturale di segno opposto: il desiderio di fuga e d’esilio.
Nella prima parte del capitolo analizzerò alcuni racconti, rintracciando l’aspirazione alla fuga, il desiderio dell’esilio dalla patria, che però non è realizzato e che quindi fa apparire l’evasione impossibile.
Nella seconda esporrò l’analisi di alcuni personaggi, che ho definito “esuli in patria”, perché anche se materialmente potrebbero, non lasciano il loro paese ma rimangono chiusi in loro stessi; sono abitanti di una città cui non si sentono legati e non hanno alcuno stretto rapporto con i loro concittadini, che sono considerano esseri intellettualmente inferiori.
I temi dell'esilio e dell'infedeltà, molto ricorrenti nella vita di Joyce, sono presenti in in Exiles, la sola opera teatrale dello scrittore, oggetto del quarto e ultimo capitolo di questo mio lavoro. Siamo ancora di fronte a un ritratto di un artista, ma non più di un giovane in formazione, bensì di un artista maturo artist, realizzato, che torna a Dublino dopo otto anni di esilio intellettuale a Roma.

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INTRODUZIONE Nelle opere di Joyce l’intrecciarsi di vita ed arte, realtà e finzione appare continuo. Molti ricordi ed aspetti della vita dell’autore sono evocati nelle pagine delle sue opere, come a sancire l’integrazione e la coincidenza delle due dimensioni, arte e vita. A proposito di questo specialissimo rapporto fra vita ed opera R.G. Kelly afferma: Egli [Joyce] non si limitò a vivere la sua vita e poi a scriverci sopra: la visse “per” scriverla. Ne fu il regista per approntare migliore materiale ai suoi libri. Pur essendo persuaso che fosse compito dell’arte regolare la vita, egli regolò la propria vita per facilitare la sua arte. Così molti simboli, molti temi dell’opera joyciana rappresentano reali ossessioni (esilio, persecuzioni, tradimenti) che egli coltivò almeno in parte, come un mendicante coltiva una minoranza fisica, per trarne profitto. (Kelly, 1973: 5) Tra questi temi ho voluto soffermarmi su quello dell’esilio, particolarmente ricorrente nella letteratura del ventesimo secolo. L’intento di questo studio, di tipo tematico, è di proporre una riflessione su tale tema, rilevante per Joyce, poiché egli visse in prima persona l’esperienza dell’esilio e di far emergere come questo incida nella sua vita e percorra profondamente le prime opere, nello specifico, A Portrait of the Artist as a Young Man e Dubliners. Il primo capitolo sarà, diviso in tre parti. Nella prima darò una definizione del concetto di esilio, in particolare di quello volontario che, scelto da molti scrittori moderni, influenza profondamente il processo creativo. Nella seconda proporrò un’esposizione dei tratti principali della vita di Joyce fino alla partenza per l’esilio volontario: l’anticlericalismo ed il nazionalismo del padre, il cattolicesimo fervente della madre e della governante, la formazione scolastica presso i Gesuiti, continui traslochi dovuti al declino economico della famiglia e l’incontro con Nora Barnacle, la donna con cui lascerà l’Irlanda. Nella terza parte, seguirà un quadro dell’Irlanda di Joyce, il contesto politico e sociale, da cui l’autore deciderà di allontanarsi, ma farà da sfondo e non solo alle sue opere. Nel secondo capitolo farò riferimento al romanzo A Portrait of the Artist as a Young Man e nella prima parte del capitolo mostrerò come, rifiutando le istituzioni, nello specifico la famiglia, la nazione e la Chiesa, porti il protagonista, Stephen Dedalus, a fuggire da queste e dal proprio paese ed a scegliere l’esilio, poter esprimersi e creare libero dai condizionamenti sociali, morali e religiosi. Nella seconda parte, invece rintraccerò nel medesimo testo gli elementi che sin dall’inizio mostrano la sensibilità artistica di Stephen, come per esempio il suo interesse per i suoni del linguaggio, gli elementi che presagiscono la sua vocazione 4

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Informazioni tesi

  Autore: Valeria Mazzocut
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Alessandro Vescovi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 62

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Parole chiave

20° secolo
a portrait of the artist
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