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Rilevazione di Ocratossina A mediante QCM e SPR

Oggigiorno si fa un largo uso di sensori, strumenti con un ampio campo d’applicazione, utilizzati nell’ambito della ricerca, nell’ambito clinico, in quello ricreativo ed in molti altri settori. I campi di applicazione toccati in questa tesi sono due: (1) quello clinico, avendo condotto esperimenti per la realizzazione di un biosensore ottico LSPR da utilizzare in ambito diagnostico per la rilevazione dell’antigene prostatico specifico (PSA) in siero umano; e (2) quello igienico/sanitario, attraverso la sperimentazione di diversi tipi di aptameri in qualità di sonde per la rilevazione della Ocratossina A (OTA). L’OTA, classificata come sospetta cancerogena per l’uomo dall’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), è infatti prodotta da molti tipi di funghi come Penicillum e Aspergillus e si riscontra facilmente nelle derrate alimentari.
Questo lavoro di tesi è articolato in quattro capitoli principali, dove partendo dalla teoria e passando per la parte sperimentale, si arriva alla conclusione del lavoro mostrando i risultati ottenuti in questo internato, una parte del quale è stata svolta all’estero, presso l’Université de Tecnologie de Troyes. Nel primo capitolo vengono forniti cenni storici sulla scoperta dei biosensori, per poi passare alla descrizione del loro processo di evoluzione, con l’utilizzo di materiali sempre più performanti ed una progressiva miniaturizzazione, fino ad arrivare alla descrizione dei diversi sistemi di trasduzione del segnale esistenti.
Nel secondo capitolo vengono introdotti i materiali e i metodi utilizzati durante questa tesi: metodi di rilevazione ottici quali la risonanza plasmonica di superficie (SPR) e sue varianti (LSPR), e metodi meccanici, quali le microbilance a cristallo di quarzo (QCM), che sfruttano la capacità di alcuni materiali di variare la propria frequenza di vibrazione in funzione di modifiche che avvengono a livello della propria superficie (cristalli piezoelettrici).
Nel capitolo 3, vengono descritte le varie fasi di realizzazione e di ottimizzazione del dispositivo LSPR e suoi successivi tentativi di funzionalizzazione con anticorpi in grado di rilevare il PSA nel siero. Infine, nel capitolo 4, per applicazioni nel campo della rilevazione di OTA sono stati testati vari protocolli di funzionalizzazione e vari tipi di aptameri/sonde impiegando tecniche di trasduzione SPR e QCM.

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Biosensori 1.1 I biosensori Secondo la definizione dell‟Unione Internazionale di Chimica Pura e Applicata (IUPAC), per biosensore si intende un dispositivo in grado di utilizzare una specifica reazione biochimica mediata da componenti biologiche quali biomolecole, tessuti, organelli o cellule intere, per la rilevazione di composti chimici attraverso la conversione in un determinato segnale analitico, che può essere ottico, elettrico, termico o acustico. Rispetto alle tecniche analitiche tradizionali, un biosensore ha la capacità di non richiedere lunghe fasi di purificazione dei campioni o l‟aggiunta di reagenti; inoltre può permettere l‟esecuzione in tempo reale, in loco, di analisi mediche o ambientali. La principale caratteristica di un biosensore è la specificità, ovvero la capacità di reagire prevalentemente con un solo tipo di analita e non con altri che possono essere presenti nell‟ambiente di misura. Questi ultimi quindi non contribuiscono a determinarne il segnale di risposta. Altre caratteristiche che rendono ideale un biosensore sono l‟alta sensibilità, i bassi tempi di risposta, l‟economicità e la robustezza. Il termine biosensore fu coniato da Leland Clark che nel 1953 aveva già messo a punto il polarografo, un elettrodo per la misura dell‟ossigeno. Tale elettrodo possiede sia il catodo che l‟anodo all‟interno di una membrana isolante di polietilene che copre uno strato di un elettrolita. L‟ossigeno diffonde attraverso la membrana e viene ridotto al catodo. Tutto ciò risulta in un flusso di corrente proporzionale alla quantità di ossigeno presente nel campione (Clark et al., 1953). Agli inizi degli anni '60 Clark e Lyons (Clark et al., 1962) pensarono di unire la selettività dell‟elettrodo con la specificità caratteristica di un enzima costruendo di fatto il primo biosensore: un elettrodo ad enzima per la misura del glucosio in soluzioni biologiche, che utilizza la glucosio ossidasi (GOD) come elemento di riconoscimento. 1

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Informazioni tesi

  Autore: Carmine Marco D'Eredità
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi del Salento
  Facoltà: Scienze Biotecnologiche
  Corso: Biotecnologie industriali
  Relatore: Rosaria Rinaldi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 66

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