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La comunicazione non-verbale nello spot. Il caso delle directories telefoniche. Pagine Gialle contro Pagine Utili: tre anni di confronto

La pubblicità, per garantire il passaggio dall’attenzione iniziale alla decisione finale, deve strutturare in maniera coerente il comportamento del telespettatore.
Siamo partiti di qui, dall’importanza della coerenza tra i codici, fondamentale perché il messaggio risulti chiaro e sia efficace. E abbiamo ipotizzato che il responsabile di tale coerenza fosse la comunicazione non verbale, per la pregnanza insita negli strumenti significanti di cui si serve nelle due “vesti” che le abbiamo cucito addosso per l’occasione pubblicitaria: quella psicologica e quella cinematografica.
Alcune ricerche hanno illuminato il nostro percorso accidentato. Abbiamo rilevato che l’utente, nel nostro caso il telespettatore, se posto di fronte alla parola e all’immagine reagisce in modo diverso, perchè la struttura naturale che lega i due insiemi è sostanzialmente differente. Tra le parole, infatti, esiste una rete di interrelazioni relativamente stabile, nella quale un elemento determina facilmente la comparsa di altri elementi. L’immagine, invece, mette in moto nella mente del soggetto processi extrasimbolici che non presentano quel grado di stabilità e di regolarità che riscontriamo nel linguaggio verbale. La mancanza di una strutturazione stabile genera nel telespettatore un’esitazione maggiore di fronte alle immagini. Tuttavia, la “a-strutturalità” della parte iconica, se da un lato determina la non perfetta sovrapponibilità “temporale” delle due serie associative generate da parola e immagine, dall’altro garantisce un arricchimento del potenziale significante del messaggio, perchè la sua instabilità determina un maggior numero di associazioni. Nel contesto pubblicitario, il rischio però rimane ed è elevato: proprio perché il doppio stimolo, verbale e non verbale, determina due tipi di serie associative che non sono esattamente sovrapponibili, nè per quanto riguarda il tempo di reazione nè per il numero delle risposte, un messaggio composto di immagini e parole potrebbe generare nel soggetto una condizione di conflitto psichico, uno stato di incertezza e indecisione tale da generare risposte più o meno equivoche e confuse. Un tale stato di cose richiede, di necessità, l’intervento di un elemento del messaggio che aiuti il soggetto a ristrutturare il campo percettivo, eliminando la tensione iniziale e il rischio dell’oblio. Dal momento che è l’immagine ad assumere il ruolo di semiosi-guida, l’elemento chiave non potrà che essere quello non verbale. Che cos’è, infatti, l’immagine se non un gesto, un’espressione, una posizione degli attori e un tipo particolare di luce, un assetto specifico della scenografia, un’inquadratura piuttosto che un’altra e un ritmo di montaggio particolare? In quest’ottica, la parte verbale potrà presenziare correttamente in un unico modo. Se i segni iconici implicano una maggiore latenza, i segni verbali, caratterizzati da una latenza minore, dovranno essere studiati in modo particolare, al fine di evitare eventuali contrasti troppo rigidi tra le due parti del messaggio. Se la coerenza è il primo ingrediente del successo di uno spot e l’immagine guida il significato del messaggio pubblicitario, e se i segni iconici implicano una latenza maggiore dei segni verbali, è compito di questi ultimi, in qualità di co-protagonisti di “secondaria” importanza, inserirsi nel messaggio al momento e nel modo più opportuno, onde evitare i possibili contrasti (tra la due parti del messaggio) derivanti dal conflitto tra i due diversi tempi di latenza e dalla conseguente produzione di due serie associative non esattamente sovrapponibili. Quanto meglio i segnali non verbali saranno orchestrati e “amalgamati” con quelli verbali, all’interno di quei 30”, e quanto più questi li asseconderanno, ponendosi a lato, tanto più il messaggio risulterà coerente in sè, chiaro e piacevole per il telespettatore, nonché, come diretta conseguenza (e obiettivo di ogni spot!), agevolmente assimilabile e memorizzabile. (...)
“Durante una campagna militare ogni mossa deve essere analizzata e preparata in stretta connessione con ogni altra mossa, fatta o da farsi. Tutte insieme devono puntare ad un comune obiettivo. Agire a tentoni significa sicuramente perdere”. (Napoleone Bonaparte)

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3 PREMESSA Fino a pochi decenni fa la comunicazione verbale calamitava l’interesse maggiore se non addirittura esclusivo dei ricercatori. Tuttavia, essa è soltanto una delle tante forme di comunicazione e non sempre la più completa. Nell’era di Internet e della rapida e inesorabile avanzata delle telecomunicazioni, che permettono di comunicare a grandi distanze, parlare di comunicazione non verbale può sembrare uno sterile ritorno al passato. Tuttavia, nell’ambito della mia ricerca, questo è allo stesso tempo vero e falso. È vero perché la comunicazione non verbale coincide con l’essenza più primitiva dell’uomo, che è anche, a mio modo di vedere, la più autenticamente e direttamente comunicativa. Ed è falso, perché l’oggetto della mia indagine non è la comunicazione non verbale in sé, ma la comunicazione non verbale nello spot, l’osservazione di questa “primordialità”, del suo utilizzo e soprattutto della sua efficacia all’interno di un contesto che è, nella sua essenza, contemporaneo. In senso lato, è osservazione del ruolo del passato nel presente, del primitivo nell’evoluto. È questa sorta di ossimoro, solo apparente, ad aver fatto nascere in me l’interesse per la comunicazione non verbale, perché credo che, nell’epoca del “rumore”, le parole che arrivano dallo schermo televisivo siano troppe e troppo spesso rischino di confondersi e di passare inosservate e credo che i segnali non verbali, e visivi in genere, siano più immediati perché più “umani”. Se il significante verbale, per comunicare allo spettatore il suo significato deve servirsi, come interprete, della mente, deve passare attraverso la razionalità, il significante non verbale è in grado di trasmettere il suo significato senza filtri, senza interpreti. In altre parole, colpisce direttamente il livello irrazionale e più primitivo dello spettatore, senza passare per la razionalità. Scortata da queste convinzioni, mi sono incamminata per una strada poco battuta (e solo di recente) dai ricercatori, quella della comunicazione non verbale, ed ho imboccato una via laterale, buia e sconosciuta che, da quella strada, portava allo spot e che qualcuno, all’inizio della mia ricerca, osservando

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Informazioni tesi

  Autore: Veronica Fogliato
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1999-00
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere
  Relatore: Alberto Sinigaglia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 201

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