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Io all'Ikea. Un caso di studio etnografico

La tesi consiste di un case study, il cui campo d'indagine è costituito dalla catena multinazionale di negozi di arredamenti Ikea. Il motivo di interesse è dato dalla forte attrazione che questi negozi esercitano sulla clientela, con il relativo riscontro in termini di vendite, ma soprattutto dall'impatto che producono nell'ambiente in cui operano. La storia di Ikea è quella di un'azienda che si è posta grandi obiettivi e li ha sempre raggiunti con enormi successi, e poiché si sostiene che la fortuna di un'organizzazione dipende dalle persone che ne fanno parte, scopo di questa indagine è quello di analizzare come la risorsa umana contribuisce al vantaggio competitivo di questa azienda. Il metodo d'indagine utilizzato è l'etnografia organizzativa che ha lo scopo di ricostruire le caratteristiche di una cultura organizzativa e che si avvale di strumenti di tipo qualitativo, come l'osservazione partecipante, l'analisi dei documenti e le interviste semistrutturate in profondità. L'analisi, svolta in un approccio culturale e con gli strumenti tipici del simbolismo organizzativo, analizzerà la creazione ed il persistere di una cultura organizzativa, gli strumenti "di ingegnerizzazione" della stessa, ed in particolar modo si soffermerò sulla gestione delle risorse umane. Gli argomenti trattati sono quindi l'organizzazione aziendale, selezione, formazione, valutazione e potenziamento delle risorse umane in base al modello per competenze. In maniera più approfondita viene trattato l'aspetto relativo alla formazione come momento di apprendimento organizzativo e di inserimento del novizio nella Comunità di Pratiche: Ikea si differenzia da altre aziende perché ha un suo modo di fare le cose, la cosiddetta "IKEA Way", ed il personale fa riferimento ad alcuni valori fondamentali nello svolgimento della sua attività. L'ipotesi di base è che Ikea sia un contesto organizzativo caratterizzato da una forte cultura, un mondo simbolico in cui l'apprendimento avviene mediante la socializzazione progressiva ad una comunità di pratiche con lo scopo di imparare come si fanno le cose in Ikea, riprodurre un orientamento culturale e divenire membri di questa comunità. Condurre un'analisi individuando nella cultura l'unica variabile in grado di spiegare tutto sarebbe tuttavia rimasto abbastanza sterile, essendo ormai affermato nella letteratura organizzativa, che nelle organizzazioni non tutti perseguono i medesimo obiettivi, e che gli attori nei limiti dei vincoli e delle opportunità offerte, decidono di partecipare perseguendo una propria strategia. A tal fine l'indagine pone in evidenza fenomeni di integrazione ed omologazione strumentale, ma anche il conflitto, la dissonanza, l'ambiguità che sono rinvenibili nelle pratiche di questa organizzazione, specie in relazione alla gestione delle risorse umane. Attraverso un viaggio in questo universo simbolico, ho inteso quindi verificare il gap esistente tra espoused e action theory, come operano i meccanismi dell'appartenenza, le strategie messe in atto dagli attori, e come questi fattori contribuiscono al vantaggio competitivo di questa azienda. L'aspetto più interessante che emerge da questa indagine, e che potrebbe essere ulteriormente approfondito anche in altri contesti aziendali, è la difficile convivenza tra il modello per competenze utilizzato nella gestione delle risorse umane ed una cultura forte di tipo familiare: la preminenza data agli aspetti individuali, non solo entra in conflitto con una cultura forte di tipo partecipativo, ma rischia di divenire un elemento di legittimazione delle regole di esclusione/inclusione all'interno dell'organizzazione stessa.

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1 INTRODUZIONE La ricerca che intendo effettuare riguarda la catena multinazionale di negozi IKEA, e precisamente la realtà del negozio di Roma dove attualmente lavoro. Il motivo di interesse è dato dalla forte attrazione che questi negozi esercitano con il relativo grande riscontro in termini di fatturato e di vendita, ma soprattutto dall’impatto che producono nell’ambiente sociale in cui operano: IKEA non è semplicemente un negozio di arredamenti, ma un’azienda che arriva quasi a proporre uno stile di vita, che “con la sua gestione sempre politicamente corretta, è capace di far sentire meno consumista, e magari più evoluto, chi ci va, sia per comprare l’arredo completo che solo per mangiare le polpette svedesi” (Il Sole 24 Ore 18/01/99). Da sempre la mission aziendale è “Creare una vita quotidiana migliore per la maggioranza della gente” attraverso un’idea commerciale che consiste in “Offrire un vasto assortimento d’articoli d’arredamento funzionali e di buon design a prezzi così vantaggiosi da permettere al maggior numero possibile di persone di acquistarli”. Le due formule funzionano a tal punto da fare di questa azienda un vero e proprio fenomeno sociale, al punto che ad ogni nuova apertura scoppia nella città “l’Ikeamania”; come scrive Elena Molinari (Il Sole 24 Ore 18/01/99) ci si trova di fronte a “clienti alla ricerca di spazi in cui aggirarsi non solo per fare acquisti ma anche per soddisfare bisogni sempre più immateriali, in punti vendita che dispongono di aree in cui poter all’occorrenza creare eventi e organizzare intrattenimento; da queste nuove esigenze nasce un nuovo modo di fare retail che carica di forti significati il momento dell’acquisto…...Ciò richiede la diffusione di una nuova mentalità della distribuzione….Una scoperta non recente per IKEA, dove l’identificazione del punto vendita come luogo di ritrovo e di soddisfazione del desiderio del “viver meglio”è da sempre al centro della formazione del personale…...Tali

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Informazioni tesi

  Autore: Gioia Pompili
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2000-01
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Sociologia
  Relatore: Luciano Benadusi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 237

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