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La comunicazione nelle comunità virtuali. Il chattista alla ricerca di Sè.

L’obiettivo principale del nostro lavoro è stato quello di esplorare un fenomeno che si sta imponendo nella realtà quotidiana di milioni di persone in tutto il mondo.
La nostra ricerca è stata ispirata da una domanda fondamentale:
“Che cos’è che spinge milioni di persone ad interagire con altri individui attraverso una tastiera ed un monitor, senza poterne osservare l’aspetto fisico, ascoltarne la voce o guardarli negli occhi?”.
Per quanto apparentemente semplice questa domanda ci ha posto nelle condizioni di analizzare un processo di sviluppo dei mezzi comunicativi che è evoluto sempre più verso un modello di comunicazione mediata (CMC), che annulla tanto il tempo quanto lo spazio.
In particolare, il modello di comunicazione che abbiamo analizzato (IRC) è di tipo interattivo e sincronico: annulla, quindi, le distanze di spazio ma non quelle di tempo.
Ciò significherà che per comunicare tra loro le persone dovranno essere presenti contemporaneamente nella stessa “dimensione temporale”, indipendentemente dal luogo in cui si trovano o dal fuso orario; ma, paradossalmente, annullare le distanze spaziali tramite Irc significa anche porre fra i due interlocutori uno “spazio intermedio” (lo spazio virtuale) che anzichè avvicinarli può arrivare a proteggerli l’uno dall’Altro.
Una delle critiche che molto spesso vengono fatte a questo tipo di comunicazione è che questa permetta di avvicinarsi all’Altro, di conoscerlo, ma non tanto da doverlo accettare ed incontrare nella sua diversità e nella sua interezza.
Partendo da questo presupposto abbiamo ipotizzato che la motivazione principale alla base delle interazioni virtuali in Irc potesse essere proprio la paura dell’Altro e la ricerca di un meccanismo protettivo che permettesse di avvicinarglisi e contemporaneamente di proteggersene tramite lo schermo del computer.
Ci siamo poi chiesti se la paura dell’incontro con l’Altro potesse essere una spiegazione sufficiente per motivare il comportamento di così tante persone e siamo andati alla ricerca di ulteriori cause.
Vari lavori pubblicati, in particolare quelli della psicologa clinica Sherry Turkle, hanno considerato le modificazioni a cui va incontro il Sè dell’individuo quando incontra un ambiente protettivo come quello virtuale; ambiente che può stimolare a sperimentare e osare là dove nella vita reale tutto questo viene ad essere impedito, per le richieste di ruolo imposte dalla società e per il bisogno di un’identità stabile.
Partendo da teorie psicodinamiche, che considerano il Sè come un’entità fluida, mutevole, decentrata, la cui stessa possibilità di esistere dipende dalla presenza di un ambiente relazionale che ne permetta non soltanto l’espressione ma che sia anche facilitante e convalidante di parti inesplorate o sconosciute, abbiamo provato a considerare la possibilità che il contesto virtuale possa rappresentare una condizione di incontro ideale di fattori che permettono la sperimentazione, l’espressione e l’esplorazione del Sè; oltre a ciò abbiamo considerato l’ambiente virtuale come un mezzo di espressione di bisogni e desideri dell’individuo.
La ricerca bibliografica sulla comunicazione virtuale ci ha portati a notare come vi fosse un’abbondanza, soprattutto della scuola americana, di speculazioni teoriche sul tema e per contro una scarsità di dati o di ricerche che dessero testimonianza di queste teorizzazioni.
Per questo motivo si è ritenuto importante che parte del nostro lavoro fosse orientato a una ricerca sul campo (in questo caso sul campo “virtuale”) in modo da poter dar “voce” a questo fenomeno, riportando testimonianze di persone che quotidianamente vivono a contatto con questa “realtà”.
La ricerca che abbiamo effettuato non ha avuto quindi lo scopo di verificare delle ipotesi ma piuttosto di “scoprire” delle ipotesi eventualmente verificabili.

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INTRODUZIONE L’obiettivo principale del nostro lavoro è stato quello di esplorare un fenomeno che si sta imponendo nella realtà quotidiana di milioni di persone in tutto il mondo. La nostra ricerca è stata ispirata da una domanda fondamentale: “Che cos’è che spinge milioni di persone ad interagire con altri individui attraverso una tastiera ed un monitor, senza poterne osservare l’aspetto fisico, ascoltarne la voce o guardarli negli occhi?”. Per quanto apparentemente semplice questa domanda ci ha posto nelle condizioni di analizzare un processo di sviluppo dei mezzi comunicativi che è evoluto sempre più verso un modello di comunicazione mediata (CMC), che annulla tanto il tempo quanto lo spazio. In particolare, il modello di comunicazione che abbiamo analizzato (IRC) è di tipo interattivo e sincronico: annulla, quindi, le distanze di spazio ma non quelle di tempo. Ciò significherà che per comunicare tra loro le persone dovranno essere presenti contemporaneamente nella stessa “dimensione temporale”, indipendentemente dal luogo in cui si trovano o dal fuso orario; ma, paradossalmente, annullare le distanze spaziali

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Informazioni tesi

  Autore: Cristina Spanò
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1997-98
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Elio Tesio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 429

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