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Lo scoppio della prima Guerra Mondiale


Il motivo scatenante della guerra è l’assassinio dell’arciduca austriaco Francesco Ferdinando, avvenuto a Sarajevo il 28 giugno 1914 per mano di un nazionalista serbo. Un mese più tardi l’Austria - Ungheria attacca la Serbia, ritenuta corresponsabile dell’attacco e che aveva rifiutato le condizioni del loro ultimatum. 
A questo punto si mette in moto il sistema di alleanze internazionali. Infatti, la Germania si schiera a fianco dell’Austria - Ungheria (Triplice Alleanza), mentre Russia, Francia e Inghilterra (Triplice Intesa) entrano in guerra al fianco della Serbia. Nel novembre del 1914 l’Impero Ottomano (dominio dei Turchi nei territori balcanici, vicino-orientali e nordafricani) entra in guerra come alleato di Austria - Ungheria e Germania, soprattutto per attaccare la Russia e riconquistare le terre dell’area caucasica. Tra il 1915 e il 1917, entreranno in guerra anche Italia, Portogallo, Romania, Grecia e USA, tutti a fianco dell’Intesa, mentre la Bulgaria a fianco degli Imperi Centrali nel 1915.
Ciò che stupisce è che quando scoppia la guerra nell’estate del 1914, tutti i paesi ne sono entusiasti. In molte città la gente scende per strada per festeggiare e alcuni intellettuali, come il poeta Rilke, Marinetti, il giovane Gandhi e Freud, inneggiano alla guerra e al patriottismo. Solo il Partito socialista serbo e il Partito socialdemocratico russo si dichiarano a sfavore.
Col passare dei mesi, però, appare chiara la brutalità della guerra con i suoi milioni di morti e feriti. Vengono meno sia l’ideale cavalleresco che l’idea di una guerra lampo e di movimento con rapidi spostamenti di truppe e veloci attacchi di sfondamento.
Infatti, gli eserciti contrapposti si equivalgono e nessuno riesce a sfondare le linee avversarie. I combattenti si fronteggiano scavando trincee nel terreno, fosse lunghe per decine e decine di chilometri, articolate e fortificate, attrezzate con gli ultimi ritrovati della tecnica, come il filo spinato, e protette da armi sofisticate come i fucili a ripetizione, le mitragliatrici, le granate e le bombe a mano. Oltre a queste, bisogna aggiungere gli aerei da combattimento e i gas asfissianti. Quest’ultimi furono sperimentati per la prima volta dai tedeschi in Belgio nel 1915. Rapidamente vengono messe a punto le maschere antigas.
Provare ad attraversare e sfondare le trincee nemiche porta alla morte sicura. Restare nella propria trincea, invece, significa sfidare topi, pulci, polvere, fango, l’odore della carne in putrefazione e stare in condizioni igieniche impossibili.
Per questo, fu necessaria una propaganda ufficiale che motivasse a combattere per la difesa delle proprie famiglie, delle proprie case e della propria nazione. Per stimolare maggiormente i soldati, fu attuata anche la tecnica della degradazione dell’immagine del nemico, come colui che è capace di compiere ogni genere di atrocità e che va disprezzato e annullato. Non si sa, però, se tutte le atrocità denunciate siano state commesse davvero oppure dichiarate per rendere più agitati gli animi, anche se è accertato che i soldati che occupavano i territori stranieri compirono aggressioni e maltrattamenti contro i civili.
Tra le conseguenze immediate della guerra, fu stabilito che le donne fossero reclutate come forza lavoro, anche per impieghi che fin ad allora erano riservati agli uomini. Inoltre, i governi assunsero il coordinamento del sistema economico dei loro paesi, dirigendo le ordinazioni, controllando gli afflussi di materie prime e di fonti energetiche e regolando il mercato dei beni alimentari. Dal canto loro, le industrie belliche sono in rapida crescita, portando grandi profitti agli imprenditori.

Tratto da L'ETÀ CONTEMPORANEA di Gabriella Galbiati
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