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Sibilla Aleramo e la scoperta di Ellen Key

Sibilla Aleramo ricevette in dono da Ellen Key, il Secolo dei fanciulli, un libro che riscontrò subito molto successo anche nel nostro paese. La scrittrice italiana aveva recensito il volume nel giugno del 1906, su “Nuova antologia”. Lo considerava un libro di grande valore che consigliava alle future madri e alle giovani donne. Sottolineava la portata innovativa del femminismo anticonformista della Key, che intendeva risvegliare la coscienza di quella generazione che avrebbe fatto dei figli, della loro nascita, cura e educazione il perno di ogni dovere sociale.
L’amicizia tra la Aleramo e la Key iniziò nel 1907, ma già nel 1905 la Aleramo aveva presentato Ellen Key al mondo intellettuale italiano, con l’auspicio che i suoi scritti fossero tradotti anche da noi. La Aleramo si soffermava sul percorso formativo di questa figura atipica di femminista, che aveva ricevuto un’educazione paterna per certi versi simile alla sua.
La Key nasce nel 1849 in Svezia; trascorse la sua gioventù in campagna e il culto della natura in lei si radicò prestissimo. Si mostrava disadatta  ai lavori domestici, quindi la madre la spinse verso gli studi. A 20 anni accompagnò a Stoccolma suo padre,membro della Dieta. Come segretario di suo padre ella fece le prime armi nella letteratura e nel giornalismo. Studiò le lingue, viaggiò e lesse molto. Esordì come professoressa nella prima scuola libera di Stoccolma, ma insegnando storia e letteratura non era felice; in lei era andata svolgendosi una nobile passione, quella che consiste nel voler rendere le anime dei diseredati suscettibili di maggiori godimenti spirituali.
La Aleramo sottolineava quegli aspetti della personalità della Key da cui emergevano le due polarità su cui si stava giocando la grande sfida del femminismo dell’inizio novecento: da un lato la conquista dell’emancipazione si rivelava inscindibile dall’uguaglianza, dal raggiungimento della parità dei diritti, fruendo delle possibilità offerte dal mondo culturale esistente, inevitabilmente declinato al maschile, dall’altro lato si nutriva una profonda insoddisfazione nei confronti di una realizzazione personale incapace di interrogarsi sul significato dell’essere donna, spingendo perciò la ricerca di quella cifra del femminile che trova una sua esplicazione nella “maternità sociale”, attraverso cui leggere la propria singolarità.
Sibilla Aleramo, giornalista affermata, esplorava le paludi dell’Agro Pontino, dove si riversavano i “guitti”, analfabeti e malarici, emigrati da Lazio, Abruzzo e Campania e ridotta ad un sostanziale stato di schiavitù. Nel 1904, sotto l’egida dell’Unione Femminile, aveva dato vita alle prime scuole per contadini, prestando pure opera di assistenza alle madri e ai bambini in un ambulatorio. L’azione in campo sociale le appariva la caratterizzazione più forte del femminismo italiano, di cui condivideva sorti e battaglie dal 1899, quando era entrata a far parte del circuito delle emancipazioniste milanesi.
Ellen Key aveva abbandonato una carriera facile e fortunata nel giornalismo politico, per dedicarsi allo studio dei problemi intimi della vita, la famiglia legale o naturale, il fanciullo e l’amore.

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