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Orientamento al sapere dello psicologo clinico


La pratica implica che ci siano dei saperi che l’operatore ottiene in varie maniere: da quello che ha studiato, dall’esperienza, dalla sua pratica di vita,che in qualche modo convergono nel momento in cui incontra qualcuno che gli va a chiedere qualche cosa.
Il momento della consultazione è un momento nel quale non c’è una applicazione del sapere che abbiamo immagazzinato ma è un momento nel quale c’è l’imprevedibile, una relativa sospensione del suo sapere: ci accorgiamo che l’atto che vado a compiere (l’ascolto in realtà è un atto) è relativamente proporzionato rispetto al sapere che abb imparato.
1 step Dimensione sociale-politica del nostro intervento
Il mio insegnamento si situa esattamente in questo paradosso noi come professionisti siamo tenuti ad avere un sapere così codificato e socialmente stabilito (tanto che andiamo a fare l’esame di stato e un albo che non controlla in relazione alla bontà degli strumenti ma in relazione a una certa congruenza tra quegli strumenti e un corretto funzionamento della società.)
Noi dipendiamo in qualche modo dal contesto in cui operiamo,  non passivamente e meccanicamente ma non possiamo non tenere conto dell’influenza forte,complessa dl mondo culturale che ci circonda.
Tuttavia abbiamo la sensazione precisa che la pratica clinica in senso lato è qualche cosa che implica una non adeguatezza strutturale.
La nostra professione suggerisce all’operatore che c’è qualche cosa che deve continuamente rigiocare di sé .
Come operatori sappiamo che quell’incontro, quel paziente non sta scritto da nessuna parte.
Qst insegnamento si situa nella dialettica tra il cosa dovete andare a fare e il fatto che il come andate a farlo è una cosa che dipende esclusivamente da voi.

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