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Medici e “pazienti-pediatrici”: una relazione a due o a tre?


Il pediatra deve sempre fare i conti anche con i genitori dei piccoli pazienti. Il rapporto medico-paziente, qualora si tratti di bambini, non è mai un rapporto a due ma sempre un rapporto a più voci. In questo modo il medico ha l’impressione di trovarsi di fronte a un insieme formato di due persone che si rimette alla sua competenza. Egli non sa più a chi rivolgersi, quale tono usare, se quello scherzoso adatto al bambino o quello più serio rivolto alla madre.
Un elemento che incide nel rapporto fra medico e paziente pediatrico è costituito dall’idea che la madre si fa del figlio come sano o malato e, quindi di come interpreta i segnali del bambino. Per cui ci si può trovare di fronte a madri che portano il figlio dal medico ogni nonnulla, e a madri che non lo portano se non in casi estremi avendo sottovalutato i sintomi e i lamenti del bambino stesso.
Chi conduce il ballo è comunque sempre il medico che deciderà cosa dire o cosa non dire, e, soprattutto, quanto dire a seconda dell’idea che si sarà fatto delle capacità dei genitori di reggere la situazione. La scelta di informare il bambino della diagnosi viene presa di comune accordo fra genitori e medici.
I momenti fra medici e genitori sono sempre delicati, sempre aperti alla possibilità di un incontro, ma anche di uno scontro tra personalità diverse e punti di vista differenti rispetto alla medesima situazione di riferimento. Un esempio può essere costituito dalle differenze linguistiche fra medici e genitori: molti genitori spesso non capiscono le spiegazioni dei medici e questo non solo perché non hanno gli strumenti culturali che permettono di capire, ma anche perché l’angoscia per la malattia del figlio li sovrasta al punto da non permettere loro di recepire ciò che viene detto. Il medico deve calibrare il linguaggio sugli umori, sulle reazioni, sulla sensibilità dei genitori.
Nella relazione con il genitore il medico è in posizione di superiorità, i genitori spesso vengono ritenuti incapaci e soffrono sia del fatto che il loro figlio sia malato, sia della poca considerazione di chi lo cura.
Del resto è molto innervosente per i medici la fastidiosa abitudine che hanno quasi tutti i genitori di rendersi conto solo molto lentamente della gravità del male del loro figlio, per cui essi devono ripetere le cose, mentre desidererebbero ottenere immediatamente consensi per interventi drastici. In effetti, spesso per i genitori la malattia del figlio è un evento insopportabile e cercano di proteggersi negando la cosa.

Tratto da LA PAURA DEL LUPO CATTIVO di Anna Bosetti
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