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"Senso" di Luchino Visconti



Il 1954 è l’anno di Senso. Ispiratosi a una novella di Camillo Boito, Visconti ne allarga le implicazione, ne porta in primo piano le linee storiche e offre il primo quadro cinematografico di un Risorgimento non scolasticamente rappresentato, anzi visto come una rivoluzione mancata o tradita.  
Attraverso la storia di una nobildonna veneziana del 1866, Livia Serpieri, che, pur non aliena da simpatie risorgimentali, si lascia trascinare al tradimento da una fosca passione per amorale ufficiale austriaco, Franz Mahler.
Senso è un’opera di grande rilievo non solo nella filmografia viscontiana. Tanto che, nella dovizia dei suoi risultati complessivi, essa è rimasta esemplare nell’ambito del filone storico del cinema italiano precedente e susseguente. Visconti carica i protagonisti di istinti, rabbie e passioni cui conferisce un’esasperazione, ma soprattutto un’esplicitezza, tipicamente melodrammatiche, dividendo e ponendo a contrasto, in modo assai pronunciato, i ruoli: per esempio quello diabolicamente negativo di Franz, bello e dannato, o quello angelicamente generoso di Ussoni, bello e sacrificale, mentre anche tra i personaggi minori abbondano le figure tipiche, scolpite e immediatamente riconoscibili, da cast melodrammatico.
Quanto al contesto visivo, il regista colloca i personaggi e il loro agire su sfondi scenografici e paesaggistici sempre estremamente calcolati e squisitamente equilibrati, facendo sfoggio di rimandi e citazioni pittoriche di evidenti modelli come Hayez, Goya e Fattori.
Fondamentale ruolo riveste anche la musica, usata come vero e proprio mezzo espressivo degli stati d’animo dei personaggi e dei diversi temi narrativi della vicenda, come dimostra l’uso molto libero e raffinato di temi e motivi dei primi due movimenti della settima sinfonia di Brucker.

Tratto da LUCHINO VISCONTI di Marco Vincenzo Valerio
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