Skip to content

I teorici del realismo cinematografico


Approdiamo così alla organica corrente del realismo cinematografico, i cui apostoli saranno Andrè Bazin e Siegrifed Kracauer. Bazin inaugura il realismo di tipo ontologico, il realismo di chi vede il cinema come la rivelazione del centro delle cose, che fa cogliere i personaggi non più tra gli oggetti ma in trasparenza. Per Bazin non c’è più lo splendore del vero di cui parlava Godard, ma lo splendore del divino, la rivelazione del vero, del segno del reale, della impronta della realtà, di cui il cinema è replica fedelissima e suo stesso proseguimento.
Bazin, infatti, rifiuta gli stacchi del montaggio e predilige il piano sequenza, l’occhio che procede per investigazioni successive e continue nel tempo e nello spazio.
Kracauer parla di realismo di tipo descrittivo, che si attiene ad una tematica di basso profilo. Parte dall’idea che il cinema sia essenzialmente uno sviluppo della fotografia e che quindi, come questo mezzo, abbia una notevole inclinazione naturale per il mondo visibile che ci circonda. Kracauer contrappone la tendenza creativa alla tendenza realistica, concede che sia essenziale l’atteggiamento creativo del regista in tutti i campi, purché questo atteggiamento corrisponda all’interesse essenziale del mezzo per il mondo visibile. Registra ed esplora la realtà fisica perché il cinema rivela un mondo mai visto prima, invisibile perché, come la lettera rubata di Poe, alla portata di tutti. L’intrusione dell’arte nel cinema ne deforma le intrinseche possibilità. Se per ragioni di purezza estetica i film trascurano la vera realtà fisica, rinunciano anche alle possibilità riservate al mezzo cinematografico. Il cinema parte dal basso per arrivare in alto, mette in mostra fenomeni che ci costringono ad affrontare faccia a faccia le cose di cui abbiamo paura.
Posizioni più nette e ingenue sul tema del realismo, in questo periodo, sono quelle di Cesare Zavattini e, agli antipodi, Umberto Barbaro. Zavattini è autore di inclinazione surrealista e si fa promotore della ingenua estetica del pedinamento. Una idea di elementare semplicità, secondo la quale il cinema, ma innanzitutto gli
uomini del dopoguerra, non hanno bisogno di storie, né di messa in scena, né di artifici spettacolari. Hanno solo bisogno di lasciar parlare la realtà, ad esempio attraverso la ripresa diretta, senza interventi esterni di alcun genere, di ventiquattrore della vita di un uomo. È chiaro quanto ci sia, in questa poetica, di poesia e di utopia, e di quanto poco realismo.
Barbaro ammette addirittura, sulla scia dell’ideologia totalizzante di Lukàcs, che non si possa concepire un’arte che non sia di per sé realistica.

Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo riassunto in versione integrale.