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Ma la "customer satisfaction" e' un concetto valido?

Ma la "customer satisfaction" è un concetto valido?


Gli studi relativi a ciò che è stata definita come customer/consumer/patient satisfaction in sanità hanno origine negli anni '50 negli Usa sulla scia dei modelli di analisi dell'interazione medico-paziente prodotti dai lavori di Parsons.
La successiva scoperta della correlazione soddisfazione-compilance fa crescere l'importanza del concetto di soddisfazione, sino a farlo diventare obiettivo necessario dei servizi sanitari insieme ad altri più classici quali l'efficacia, l'efficienza e l'appropriatezza dei trattamenti.
Dopo essere passata in Europa negli anni '60, la ricerca di customer satisfaction conosce nel mondo dei servizi sanitari un suo momento d'oro tra gli inizi degli anni '80 e la metà degli anni '90.
Alle radici del problema è proprio il concetto stesso di “soddisfazione” a costituire un elemento scarsamente tematizzato in modo adeguato.
Si arriva così, a metà circa degli anni '90, a rimettere in questione la validità stessa del concetto, a cominciare dall'assunzione dominante che considera la patient satisfaction come qualcosa che già esiste nella realtà in una data popolazione. In realtà si tratta di un costrutto sociale attraverso cui il ricercatore interpreta l'esperienza dei soggetti con i servizi sanitari ed il significato ad essa attribuito sulla base di una serie di assunzioni esplicite o implicite che portano a considerare la “soddisfazione” come una forma di valutazione basata sul soddisfacimento delle aspettative. Ma è proprio questa relazione fra soddisfazione e aspettativa quale meccanismo che produrrebbe valutazione dal punto di vista del cliente a costituire l'elemento più problematico.
Il modello di patient satisfaction come “corrispondenza alle aspettative” risale a Linder-Pelz, la quale fonda la propria teoria sulle ricerche psicologiche relative alla soddisfazione sul lavoro e sulle teorie di psicologia sociale che considerano la soddisfazione/insoddisfazione come l'espressione di un atteggiamento, la cui natura essenzialmente valutativa sarebbe possibile misurare secondo una procedura bipolare positiva/negativa.
Dopo aver definito la soddisfazione del paziente come un insieme di “valutazioni positive di diverse dimensioni dell'assistenza sanitaria”, la studiosa considera tale atteggiamento come la risultante di 2 diversi aspetti: le credenze (area cognitiva) e le valutazioni (area affettiva).
Linder-Pelz propone di considerare 5 variabili socio-psicologiche per determinare il grado di soddisfazione dell'individuo con i servizi sanitari:
1.    le aspettative sui risultati percepiti come probabili;
2.    il valore attribuito a determinati aspetti dell'assistenza sanitaria;
3.    il ritenere di aver diritto a determinate prestazioni;
4.    la percezione degli eventi che hanno effettivamente luogo;
5.    la valutazione individuale di ciò che ha luogo in relazione con altri o con precedenti esperienze.
L'autrice arriva quindi a formulare 5 ipotesi specifiche che dovrebbero spiegare come tali variabili antecedenti giungano a determinare il conseguente giudizio di soddisfazione:
1.    i punteggi di soddisfazione saranno direttamente correlati alla somma dei prodotti delle aspettative e dei valori riguardanti i diversi aspetti dell'assistenza ricevuta;
2.    i punteggi di soddisfazione varieranno positivamente in relazione al grado in cui la percezione degli eventi coincide con le aspettative precedenti;
3.    i punteggi di soddisfazione saranno direttamente correlati al punteggio dell'evento percepito diminuito il punteggio delle aspettative, il tutto diviso per il punteggio delle aspettative;
4.    una combinazione di aspettative positive e percezione positiva dell'evento produrrà i più alti giudizi di soddisfazione, mentre aspettative positive e percezione negativa dell'evento i più bassi;
5.    la soddisfazione sarà maggiore quando l'assistenza ricevuta viene percepita come altrettanto buona o migliore di quella ricevuta da altri.
Dire che la valutazione dell'assistenza ricevuta può avere poco o nulla a che fare con il processo stesso di erogazione dell'assistenza mina alla radice il senso e l'utilità stessa dei giudizi di soddisfazione.
Tali fattori evidenziano come ciò che definiamo “soddisfazione” sia il risultato di una costruzione sociale culturalmente determinata la cui natura complessa ha probabilmente poco a che vedere con una reale valutazione dei servizi sanitari dal punto di vista del soggetto.
Alcune ricerche hanno dimostrato che ciò che conta per l'espressione della soddisfazione del paziente non è tanto la congruenza tra aspettative ed esperienza, quanto il fatto che l'esperienza sia stata migliore o peggiore di quanto ci si aspettava.

Tratto da VALUTARE LA QUALITÀ IN SANITÀ di Angela Tiano
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