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Recesso legale che il legislatore introduce come correttivo al potere di modificare a maggioranza l’atto costitutivo


L’atto costituivo, lo statuto  contiene le regole del gioco, e secondo un certo detto le regole dovrebbero restare inalterate fino alla fine del gioco … e in effetti per un certo periodo dell’evoluzione storica delle società è valsa questa regola (formula lativa patta sum servanda, i patti vanno rispettati). Una volta stipulato il contratto sociale, fissate le regole di consolidamento, i diritti dei cosi nel contratto societario,  questi dovrebbero restare invariati per tutta la durata della società  salvo una modificazione con consenso unanime dei soci. Questa è la regola che vale per le società  di persone. È possibile modificare il contratto sociale ma occorre il consenso di tutti  i soci. Nelle società di persone questa è  una regola derogabile, i soci stessi potrebbero stabilire che il contratto sociale modificato a maggioranza o stabilire che certe modiche possono essere introdotte a maggioranza. Poi è intervenuto il legislatore (quando si parla di riforma delle soc di capitali e delle cooperative si pensa alle soc di capitali e alle cooperative. Quindi la Riforma del 2004 ha avuto per oggetto queste (spa, srl, cooperative). Bene, questo è esatto ma fino ad un certo punto. La riforma ha avuto per oggetto anche i gruppi e le operazioni straordinarie, che sono realtà che riguardano tutti i tipi sociali in ambito privato, e i singoli enti sociali, quindi gruppi settori della riforma riguardano realtà che vanno al di la  delle società di capitali e cooperative, ma riguardano tutte le società. Poi c’è una norma dettata in tema di soc per azioni, formalmente di competenza tra assemblee e amministratori delle spa, che ha creato un vero e proprio sconquasso nell’ ambito delle società d persone, mettendo in dubbio principi fondamentali delle società di persone.
La riforma non può non aver avuto delle conseguenze indirette sulle soc di persone, proprio perché  tutta una serie di regole in tema di spa ma ancora di più in tema di srl, possono rappresentare elementi di giudizio importanti per risolvere problemi delle soc di persone. Personalmente sono convinto che oggi nonostante il fatto che le società di persone non siano state formalmente modificate riformate, oggi si può parare di una nuova disciplina delle società di persone. E più si va avanti nella ricerca in questo settore e più si scoprono diciamo contraccolpi della disciplina delle società di persone per effetto della lettura delle società di capitali.
 Ora nell’ambito del settore di carattere generale, quelle sulle operazioni straordinarie, quindi norme che valgono per tutte le società è stata introdotta una regola che in qualche misura sconvolge il sistema delle società  di persone perché il   legislatore ha previsto la possibilità a maggioranza per le società di persone di adottare una delle operazioni straordinarie. In sostanza oggi le società di persone possono deliberare di trasformasi,  di fondersi,  di scindersi con una decisione a maggioranza. E’ veramente  un capovolgimento rispetto alla regola generale per cui le modificazioni del contratto sociale sono adottabili all’unanimità. Il legislatore prevede capovolgendo il sistema che deliberazioni importantissime che cambiano la vita della società, come trasformazioni, fusione e scissione, possano essere adottate a maggioranza dei soci. La regola  è derogabile, quindi come è possibile introdurre la regola della maggioranza al posto di quella dell’unanimità così è possibile prevedere  trasformazioni fusioni e scissioni all’unanimità invece che a maggioranza come il legislatore propone. Io personalmente inviterei  coloro che prediligono atti contratti sociali di società di persone a pensarci 10 volte prima di lasciare le cose così come le ha impostate il legislatore, mi sembrerebbe molto incompiuto prevedere che trasformazioni scissioni fusioni continuino a essere decisi all’unanimità. Tuttavia il legislatore ha previsto che laddove i soci non dispongano diversamente valga la regola della maggioranza, attenzione,  con il correttivo del recesso. Il recesso diventa una sorta di correttivo della regola della maggioranza. In sostanza il legislatore ha tre scelte con riferimento al cambiamento del contratto sociale, dello statuto, dell’ atto costituto, delle regole del gioco:
- non si cambia nulla salvo l’ unanimità dei consensi, la vecchia regola
- oppure rendersi conto che la vita della società è un qualcosa che si innesta in un contesto sociale economico e che deve andare la passo con quel contesto sociale economico,è qualcosa legato alle dimensioni, al tipo di attività, alle compagine sociale,  le regole del gioco non possono restare invariate ma devono adattarsi. Potrebbe scegliere l’opzione opposta e dire sacrifico la posizione della minoranza e la maggioranza può modificare le regole del gioco, perché pazienza, è più importante  tutelare l’ interesse a che le regole siano coerenti con l’evoluzione della società e del contesto in cui opera piuttosto che tutelare la minoranza. Sacrifico l’interesse della minoranza e do alla maggioranza il potere di modificare le regole del gioco.
-oppure potrebbe scegliere una posizione intermedia, do alla maggioranza il potere di modificare le regole del gioco, ma attenzione i soci si minoranze che non siano favorevoli a questa decisione possono recedere. Questa è una soluzione interessante, ed è abbastanza equilibrata. Vediamo  in concreto cosa vuol dire, che  la maggioranza intende modificare le regole del gioco può farlo, può costringere la minoranza a chinare la testa ed accettare la modifica,ma la minoranza ha un arma, che può essere molto forte, di andarsene, e creare due grossi problemi alla maggioranza: prima di tutto non ci sono più certi soci , che potrebbero essere molto utili, ma soprattutto  la società deve liquidare a questi soci la quota , il controvalore della loro partecipazione parametrato al valore effettivo del patrimonio sociale compreso l’avviamento. Voi capite in termini concreti che una maggioranza sparuta che imponga certi cambiamenti di fronte a una minoranza molto ampia, che se ne va e prosciuga le casse della società, perché potrebbe in sostanza aver diritto, se fosse una minoranza vicino al 50% ad avere diritto a metà del valore della società, del patrimonio sociale, questa può  essere un’arma molto forte tale da indurre la maggioranza a più miti consigli . In effetti  il diritto di recesso è uno spauracchio forte e può essere utilizzato come un arma per indurre la maggioranza a non modificare o modificare in modo meno radicale le regole del gioco, un arma che può indurre la maggioranza a trovare un accordo con la minoranza o a rinunciare  a certe modificazioni se queste modificazioni possono avere un costo eccessivo per la società. Questa è la soluzione che il legislatore ha adottato per srl e spa. In sostanza il legislatore ha previsto che tutta una serie di modificazioni del contratto sociale, dell’ atto costitutivo possono essere adottate a maggioranza e in questo caso la maggioranza è arbitra di imporre alla minoranza la sua volontà e ha previsto una serie di modificazioni che possono essere si adottate a maggioranza ma con il correttivo  del diritto di recesso a valore dei soci, che non sono consenzienti, quinti  dei soci dissenzienti, assenti, astenuti.

L’elencazione che il legislatore ha fatto per le srl vi dicevo è un’elencazione di tutte  ipotesi di modificazione del contrato sociale, dell’ atto costitutivo, tutte ipotesi di deliberazioni dell’ assemblea, come vi dicevo  nella srl non c’è l’assemblea straordinaria, però sono deliberazioni dell’assemblea con particolari poteri , che vanno a modificare l’atto costitutivo. Un pò strano il fatto che questa elencazione abbia dei punti di contatto e dei punti di  differenza  con la disciplina della società per azioni, laddove non è sempre evidente  il perché di un diverso trattamento. Bene cominciamo ad esaminarne alcune:
L’art 2473 dopo aver esordito “l’atto costitutivo determina quando il socio può recedere dalla società“ quindi l’ ipotesi di recesso convenzionale, prevede in ogni caso “il diritto di recesso compete ai soci che non   hanno consentito …” vedete come sono individuati i soci che possono recedere, i soci che non hanno consentito , che non hanno votato a favore. In che cosa :
- del cambiamento dell’oggetto sociale. La prima deliberazione presa in considerazione è il cambiamento dell’oggetto sociale, dell’attività della società. Se la società cambia la propria attività può modificarsi il rischio economico, lasciare un mercato e affacciarsi ad un altro mercato,può significare una possibilità di successo differente, e il legislatore considera questa modificazione particolarmente rilevante, tale da giustificare il recesso in capo ai soci non consenzienti.
- Il cambiamento del tipo di società, la sua fusione o scissione. Sono tre operazioni straordinarie, il cambiamento del tipo, la trasformazioni (passaggio quindi  da tipo srl a altro tipo societario) , la fusione la scissione, altre due operazioni straordinarie. Quando la srl in assemblea delibera una delle tre operazioni straordinarie i soci non consenzienti, che non hanno votato a favore possono recedere. La giustificazione è del tutto evidente trattandosi di operazioni che incidono profondamente sia sulla vita della società sia sulla stessa posizione dei soci.
- Altra ipotesi che legittima il recesso è la revoca dello stato di liquidazione: la società può essere messa in liquidazione, si scioglie in presenza di determinate circostanze,  è possibile anche la revoca dello stato di liquidazione, e quindi il passaggio dalla fase di liquidazione alla fase operativa. Il legislatore considera questa ipotesi  particolarmente rilevante per la vita della società  e del socio e concede il recesso.
- il trasferimento della sede sociale all’estero, ipotesi  di modificazione del contratto sociale che può avere un grandissimo impatto. Perché potrebbe essere il presupposto per l’ applicazione di una disciplina  di un altro ordinamento, altra hp di recesso.
- alla eliminazione di una o più cause di recesso previste dall‘atto costitutivo. Questa è un ipotesi un pò curiosa, ma ha senso. L’ atto costitutivo  può prevedere delle ipotesi di recesso ulteriori. Se si modificano queste ipotesi, si può sconvolgere il panorama e quindi l’ eliminazione  delle ipotesi di recesso convenzionale è sua volta causa di recesso. Se io posso recedere in presenza di determinate circostanze, se queste circostanze mi vengono cancellate e io non posso più recedere, questa modifica dell’atto costitutivo è un ipotesi che giustifica il recesso. Potevo recedere, oggi la maggioranza mi dice che non posso più recedere, allora in presenza di queste circostanze che mi tolgono la possibilità di recedere, posso recedere
altre due ipotesi di recesso, che si collegano a quelle due pò misteriose competenze dell’assemblea di srl che abbiamo visto,
- la Sostanziale modificazione dell’ oggetto sociale, non si capisce bene cosa sia, però deve essere deliberata dalla assemblea con particolari maggioranze è anche causa di recesso
- Modificazione, una operazione che modifichi sostanzialmente i diritti particolari dei soci.
Vi ricordate, qui si tratta di operazioni, scelte gestionali che sarebbero di competenza degli amministratori, che vengono attribuiti all’assemblea, con particolari maggioranze, operazioni che hanno come conseguenza o la sostanziale modificazione dell’oggetto sociale o una rilevante modificazione dei diritti particolari.
Queste deliberazioni dell’assemblea legittimano il recesso.
se vi ricordate cosa ho detto l’ultima volta, a questo elenco occorre aggiungere anche la diretta modificazione dei diritti particolari. Se le operazione che incidono indirettamente sui diritti particolari modificandoli sono causa di recesso, a maggior ragione è causa di recesso la diretta modificazione dei diritti particolari. Se tizio ha un diritto particolare può essere modificato solo all’ unanimità. Tuttavia il legislatore consente una modifica a maggioranza, ma se è consentita la modifica  a maggioranza si può ritenere, anche se il legislatore non lo dice, che i soci  non consenzienti abbiano diritto di recesso. Proprio perché hanno diritto di recesso  per le operazioni che incidono solo indirettamente sui diritti particolari, a maggior ragione hanno diritto di recesso laddove i diritti particolari vengano modificati.
Lascio per ultimo e ne parlo la prossima volta, uno scenari tutto diverso.  C’è un caso di recesso legale che invece è collegato alla disciplina dei gruppi, prospettiva totalmente diversa.
- Recesso legale che è collegato alla disciplina dei gruppi
Quindi abbiamo :
- Recesso convenzionale
- Recesso legale, tre scenari
In presenza di società a tempo  indeterminato
- Recesso legale in presenza di determinate modificazione dell’atto costitutivo (modificazione dell’oggetto, trasformazione,  fusione ec…)
- Recesso legale nell’ambito della disciplina dei gruppi.
Nel caso in cui una società controlli un’altra società, possono verificarsi due situazioni molto diverse: innanzitutto ci si deve ricordare che il legislatore, nell’ambito delle SpA, disciplina la nozione di controllo, prevedendo che una società controlla un’altra società quando la controllante ha la maggioranza dei voti (non la maggioranza delle azioni, o la partecipazione di maggioranza; ciò che rileva è la maggioranza dei voti, che potrebbe sussistere anche nel caso in cui non si abbia la maggioranza delle azioni o la partecipazione di maggioranza, così come queste due ipotesi potrebbero non garantire la maggioranza dei voti) nell’assemblea della società controllata. Si pensi al caso del pegno di azioni o del pegno di partecipazioni di SRL: il diritto di voto spetta normalmente al creditore pignoratizio, e quindi se il socio di maggioranza dà in pegno ad una banca una parte delle proprie azioni, potrebbe perdere la maggioranza dei voti, perché a quel punto è la banca che vota in assemblea; viceversa, se un socio di minoranza acquista in pegno azioni così da avere la maggioranza, avrà una partecipazione di minoranza, ma la maggioranza dei voti. Quindi la situazione si verifica in primo luogo nel caso in cui socio o più soci abbiano la maggioranza dei voti nell’assemblea. Si parla di controllo di diritto. L’altro caso è l’ipotesi in cui, in presenza di un’azionariato diffuso, un socio, pur non avendo la maggioranza dei voti, abbia fatto la maggioranza in assemblea per l’assenteismo dei piccoli azionisti. Si parla di controllo di fatto.
Tutto ciò vale per le SpA, e per le SRL.
Tornando ad un punto di partenza, se una SpA o una SRL controllano di diritto o di fatto un’altra SpA o un’altra SRL, possono verificarsi due situazioni differenti, cioè la società controllante può comportarsi in due modi differenti: può limitarsi ad essere presenti con i suoi legali rappresentanti in assemblea, esercitano il diritto di informazione, esercitando il diritto di voto in assemblea, nominando i sindaci, gli amministratori, i revisori, approvando il bilancio: in questo caso abbiamo quindi una società controllante che si limita ad esercitare il proprio ruolo di socio, quindi di un soggetto che ha certi diritti di tipo corporativo e di tipo patrimoniali.
Ma la società controllante potrebbe comportarsi in un modo molto diverso, potrebbe interferire con la gestione della società controllata, dando direttive agli amministratori. Questa era una realtà di fatto, poiché gli amministratori hanno una forma di dipendenza rispetto alla società controllante, sono dei fiduciari della controllante, con questa che può dare delle direttive agli amministratori, e se questi non le seguono, rischiano di essere revocati.
Questo aspetto è molto importante per il tema dei gruppi. Nel 2003 (con decorrenza 2004) il legislatore ha dato un nome a questo potere di fatto, l’ha riconosciuto, e quindi è diventato un potere di diritto, e l’ha disciplinato sotto vari profili: la formula utilizzata è quella della direzione e coordinamento. È l’Art 2497, intitolato “Direzione e coordinamento di società”, è il potere che la società controllante può esercitare nei confronti della controllata.
Quindi abbiamo due situazioni diversi: ci sono società controllanti che si limitano semplicemente a svolgere il loro ruolo di soci, e poi ci sono società controllanti che esercitano il potere di direzione e coordinamento (es. la controllante della FIAT è EXOR, che esercita solamente il ruolo di socio controllante, mentre FIAT svolge il ruolo di direzione e coordinamento verso le società controllate, come ad esempio verso FIAT Auto).
Il legislatore finalmente è così intervenuto nella disciplina dei gruppi (questa è la disciplina dei gruppi, si applica anche se la controllante e la controllata sono piccole) e, anche se non detta una disciplina organica, enuclea un profilo essenziale che è appunto l’esercizio del potere di direzione e coordinamento.
Attorno a questo nucleo, il legislatore introduce una disciplina che si muove sulla base di alcuni profili e obiettivi: il primo e il più importante è quello della responsabilità. Qui il legislatore recepisce e completa quello che era già l’orientamento della giurisprudenza: la controllante può imporre scelte gestionali nella controllata, ma ne è responsabile.  Devono esistere due cose, e deve mancarne una terza perché scatti la responsabilità:  i presupposti positivo sono:
- la violazione dei doveri: il potere di direzione e coordinamento deve essere esercitato in conformità dei corretti principi di gestione societaria e imprenditoriale (Art 2497); c’è un rinvio a principi extra-giuridici, che si possono ricavare principalmente dalla economia aziendale, non tanto dal diritto;
- la delegazione di un danno per effetto della violazione dei principi: danno per la società controllata che viene costretta a porre in essere certe scelte gestionali in violazione di corretti principi di gestione e che causano un danno.
Occorre anche l’elemento negativo, che manchi qualche cosa: il gruppo è sì una pluralità di soggetti, ma dal punto di vista economico è una unità nell’esercizio dell’impresa, e allora non si può valutare il danno provocato dalla controllante alla controllata nell’impartire ordini che siano pregiudizievoli per la controllata senza valutare quella che può essere la contropartita, cioè i vantaggi che la controllata ha dal fatto di appartenere ad un certo gruppo. È la cosiddetta teoria dei vantaggi compensativi: significa che l’eventuale danno provocato alla controllata per effetto del porre in essere scelte gestionali derivanti dalla controllante va parametrato con gli eventuali vantaggi che derivano alla controllata dalla partecipazione al gruppo (es. la controllata viene costretta dalla controllante ad acquistare determinati prodotti da un’altra società del gruppo ad un prezzo maggiore rispetto a quello di mercato, occorre valutare se per contro la controllata abbia dei benefici dalla partecipazione al gruppo, come per esempio dei finanziamenti a tasso agevolato). Se l’eventuale pregiudizio è compensato da certi vantaggi, non sussiste responsabilità. La responsabilità della controllante presuppone, da un lato, che ci sia la violazione dell’obbligo di porre in essere l’attività di direzione e coordinamento in conformità ai corretti principi di gestione, dell’esistenza di un danno e del fatto che quel danno non sia controbilanciato da eventuali vantaggi compensativi.
Se sussistono i due presupposti positivi, e manca il presupposto negativo, chi è responsabile? Prima di tutto è responsabile la controllante, ovvero la società che esercita il potere di direzione e coordinamento; sono inoltre responsabili gli amministratori della controllante, in quanto sono coloro che hanno operativamente esercitato questo potere, e sono anche responsabili i soci della controllata, in quanto avrebbero dovuto disattendere le direttive pregiudizievoli.
Chi può far valere l’azione di responsabilità? Non possono farla valere i soci in generale, ma possono farla valere i soci di minoranza, mentre quello di maggioranza è quello che esercita il potere di controllo e coordinamento. Nell’ottica del gruppo infatti i soggetti che possono uscirne pregiudicati sono proprio i soci di minoranza, in quanto la gestione del gruppo è fatta nell’interesse della società controllante, interesse che potrebbe essere in conflitto con quello dei soci di minoranza.
Quindi i soci di minoranza possono far valere il loro pregiudizio, che può consistere in minori utili o anche in un minor valore delle partecipazioni.
Altri possibili soggetti pregiudicabili sono i creditori della società controllata quando il pregiudizio è tale da rendere il patrimonio della società controllata insufficiente a soddisfare i creditori.
Nel caso di fallimento, questa azione di responsabilità può essere fatta valere dal curatore fallimentare, ed è il caso più frequente: quando la controllata fallisce, uno dei compiti del curatore è proprio di controllare se esista una controllante che eserciti il potere di direzione e coordinamento, se l’abbia esercitato in modo corretto, senza pregiudizi dal punto di vista economico, o comunque con pregiudizi che sono compensati da altri vantaggi, e se esistono gli estremi per far valere l’azione di responsabilità; allora il curatore potrà agire nei confronti della controllante, degli amministratori della controllante e della controllata.
Un altro profilo di rilievo è quello della trasparenza, cioè della possibilità per tutti di conoscere i gruppi, e la dinamica dei gruppi. Il profilo della trasparenza è quindi sotto due piani: prima di tutto il legislatore impone alla società controllata di dichiararlo che è soggetta al potere di direzione e coordinamento di dichiararlo; esiste difatti una sezione speciale del registro delle imprese in cui risultano le società soggette al potere di controllo e coordinamento e la società che le esercita.
Sotto l’altro punto di vista la regola della trasparenza impone che le motivazioni delle scelte gestionali adottate in esecuzione di decisioni della controllante vengano motivate: bisogna dichiarare che quella scelta  è effettuata per imposizione della controllante, quali sono le ragioni e quali sono le conseguenze.      
Un ulteriore profilo di rilievo è quello connesso  ai finanziamenti infragruppo, o meglio, i finanziamenti fra controllante e controllata o società soggette a comune controllo, e qui vale la stessa regola che abbiamo esaminato in tema di SRL: se la controllante finanzia la controllata o viceversa, o anche se c’è un finanziamento fra società soggette a comune controllo, che viene effettuato in una situazione di eccessivo squilibrio tra l’indebitamento e il capitale proprio, scattano le regole della postergazione, e quindi il finanziamento va restituito solo se la società finanziata è in grado di soddisfare tutti i creditori.
All’interno della disciplina dei gruppi è previsto il diritto di recesso (regola generale valida tanto per le SpA quanto per le SRL); si prevede il diritto di recesso a favore del socio di società soggetta ad attività di direzione e coordinamento: il socio della società controllata (Art 2497 quater) soggetta al potere di controllo e coordinamento può recedere in tre casi:
- in caso di profondo mutamento della società controllante: se la controllante cambia volto, con una trasformazione che comporta il mutamento del suo scopo sociale, ovvero ha deliberato una modifica del suo oggetto sociale, il socio della controllata può recedere;
- quando la controllante è stata condannata a risarcire il danno per cattivo esercizio del potere di controllo e coordinamento;
- nel momento in cui la società sia soggetta o cessi di essere soggetta all’attività di direzione e coordinamento.
Quindi i presupposti del recesso si collocano su piani completamente differenti: abbiamo un recesso convenzionale, per effetto di ipotesi costruite dai soci liberamente nell’atto costitutivo; abbiamo il recesso legale, imposto dal legislatore con riferimento ad alcune modificazioni di particolare peso dell’atto costitutivo; abbiamo la possibilità di recesso in società a tempo indeterminato, ovvero di recesso in qualunque momento, salvo preavviso; abbiamo infine questa fattispecie di recesso all’interno dei gruppi, del socio di società soggetta al potere di controllo e coordinamento in presenza di certi presupposti. Il panorama ante-riforma era completamente diverso, in quanto non era previsto il recesso convenzionale.
Chi ha diritto di recesso? Dobbiamo distinguere le quattro ipotesi, perché in caso di recesso convenzionale chi ha il diritto di recesso è colui che è titolare di questo diritto in base alle regole dell’atto costitutivo (potrebbe anche essere un diritto attribuito ad un singolo socio); nel caso di recesso legale dipendente da quelle modificazioni particolarmente rilevanti dell’atto costitutivo, il diritto di recesso è consentito a favore dei soci non assenzienti (cioè i soci che hanno votato a favore della modificazione, non avranno diritto di recesso, mentre avranno diritto di recesso i soci assenti, quelli dissenzienti e quelli astenuti); nel caso di società a tempo indeterminato, il diritto di recesso spetta a qualsiasi socio, in qualsiasi momento, salvo preavviso (si ha una situazione di mancanza di coesione, perché uno può andarsene quando vuole); nel caso invece dei gruppi, il recesso compete ai soci della società soggetta al potere di direzione  e coordinamento in presenza di vari presupposti previsti dal legislatore.
Nulla ci dice il legislatore sulle modalità di esercizio del diritto di recesso: è un atto unilaterale, una scelta del socio che deve esprimersi in questo senso e deve comunicarla alla società. Non vengono precisate le modalità dell’esercizio del diritto di recesso, come debba essere comunicato, ma il legislatore utilizza una formula “l’atto costitutivo determina le modalità di esercizio del recesso”, che indica una sorta di “delega in bianco” all’atto costitutivo, e quindi se i soci se ne dimenticano, non si sa che disciplina applicare.
Altro profilo importante ma non disciplinato è connesso all’efficacia del recesso: quando il recesso è efficace? Il recesso è una dichiarazione che sicuramente produce effetti non prima del momento in cui arriva in società, ma nel momento in cui perviene alla società, il recesso ha effetto, con il socio che cessa di essere tale, oppure ha effetto in un momento successivo, ad esempio quando viene pagata la quota di liquidazione? Il legislatore non risolve il problema, e non lo risolve neanche per la SpA.
Qual è il diritto del socio in caso di recesso? Il socio ha diritto ad avere una somma di denaro, la quota di liquidazione, che il legislatore prevede sia individuata tenendo conto del valore di mercato del patrimonio sociale pro-quota al momento in cui la dichiarazione di recesso è ricevuta dalla società. Deve essere quindi determinato a valori effettivi, e non a valori di bilancio.
Quando deve essere pagata la quota di liquidazione? Deve essere eseguito il pagamento da parte della società entro 180 giorni dalla data della comunicazione dell’esercizio del diritto di recesso.
In che modo può pagare la quota di liquidazione? Il legislatore prevede una serie di ipotesi, una serie di passaggi, con una loro gradazione:
- prima ipotesi: un pagamento della quota di liquidazione che non gravi sulla società; è l’ipotesi ritenuta preferibile dal legislatore, con il patrimonio della società che non subisce alcun aggravio, e la quota di liquidazione è pagata da altri: ad esempio uno o più soci possono essere interessati a rilevare la quota; quando questa strada non è percorribile, si deve verificare l’ulteriore possibilità che ci siano dei consoci, dei terzi interessati ad acquistare la partecipazione del socio receduto;
- seconda ipotesi: se non ci sono ne soci ne terzi interessati ad acquistare, allora si dovrà intaccare il patrimonio della società, ma anche qui con delle gradazioni: se ci sono utili e riserve disponibili, cioè somme che possono essere distribuite ai soci, si dovranno utilizzare queste per pagare la quota di liquidazione; se non ci sono utili o riserve disponibili, si dovrà intaccare il capitale sociale, riducendolo;
- terza ipotesi: nel caso in cui il capitale sociale non si riducibile, perché già pari al minimo; allora si dovrà sciogliere la società. In questo caso il socio receduto non ha più diritto alla quota di liquidazione, ma partecipa alla liquidazione della società (il socio receduto non ha più diritto ad una somma determinata a priori, ma ha diritto a partecipare alla liquidazione, e una volta pagati i debiti, avrà diritto alla parte che rimarrà pro-quota).
Si è introdotta con l’ultimo comma una fattispecie singolare, in cui potrebbe verificarsi una situazione che scappi un po’ di mano ai soci: ad esempio i soci deliberano una modificazione dell’oggetto sociale, pensando che in pochi saranno i soci che recedono, ma alla fine molti sono i soci che recedono, e quindi questa deliberazione ha delle conseguenze molto gravi per la società, ipotizzando che non ci siano soci o terzi interessati all’acquisto delle partecipazioni, e dovranno uscire ricchezze dal patrimonio sociale. Che cosa offre il legislatore ai soci di maggioranza che hanno deliberato in questo senso? Offre loro una sorta di “diritto di pentimento”: “il recesso non può essere esercitato e, se esercitato, è privo di efficacia, se la società revoca la delibera che lo legittima”.
Di fronte ad un esercizio del diritto di recesso,, che può comportare conseguenze sotto il profilo patrimoniale, i soci possono o tornare indietro e revocare la delibera, oppure possono “alzare bandiera bianca” e sciogliere la società.
Vediamo l’ipotesi rovesciata, anche questa non disciplinata dal legislatore, tratta dalle società di persone e che si può inserire nell’ambito delle SRL, ma non delle SpA: è l’ipotesi della esclusione, in cui è la società che caccia il socio. È prevista e disciplinata nell’ambito delle società di persone, e viene ammessa in presenza di una serie di presupposti (Art 2286) che sono sintetizzabili in due gruppi:
- ipotesi di socio inadempiente ai propri doveri: la società può decidere di escludere il socio con una decisione adottata a maggioranza per capi (non si guarda le percentuali), a maggioranza numerica, con esclusione che ha effetto decorsi 30 giorni, e in questi 30 giorni il socio escluso può decidere se accettare l’esclusione oppure opporsi con un’azione giudiziaria con cui contesta la sussistenza dei presupposti, e toccherà al giudice decidere. Il socio può richiedere un provvedimento immediato che lo riammetta in società: è un meccanismo dalle conseguenze molto gravi, alla base di numerosi contenziosi, iniquo e inefficiente, perché dà ad una strana maggioranza di soci, una maggioranza per capi, un potere di autotutela che normalmente nessuno ha: quando si vuol far valere un diritto, se non lo si ottiene con le buone, lo si fa valere davanti al giudice, ma qui invece, hai soci di questa strana maggioranza, è data la facoltà di far valere un diritto senza ricorrere al giudice, una facoltà di autotutela, perché i soci di maggioranza possono, con effetto immediato, decorsi i 30 giorni, troncare il rapporto con un socio, ed è questo socio che, se vuole rientrare in società, avrà l’onere di promuovere un’azione giudiziaria. In questo caso quindi si dà ai soci di una maggioranza numerica una facoltà che può essere utilizzata in modo opportunistico e ricattatorio verso un socio che non se lo merita, una facoltà che non comporta costi, mentre fa ricadere sul socio escluso i costi, i tempi e i dubbi di un’azione giudiziaria (nel caso di una società con due soci, non potendo un socio buttare fuori l’altro, è obbligatoria l’azione giudiziaria). Sarebbe stato meglio prevedere sempre la strada dell’azione giudiziaria. È anche uno strumento inefficiente perché il socio escluso può promuovere un’azione giudiziaria contro l’esclusione, e può chiedere al giudice di essere riammesso immediatamente: per il giudice la scelta non è semplice, perché se il socio escluso viene lasciato fuori dalla società, con il processo che va per le lunghe, può darsi che quando poi arriva la sentenza, non esista neanche più la società, o che il socio non sia più intenzionato a rientrarci; se invece il socio viene immediatamente riammesso, la situazione non sarebbe sicuramente serena, da un lato verso i soci che avevano assunto questa deliberazione di esclusione, e dall’altro con questo socio cacciato che ritorna ad essere socio a pieno titolo. Magari tocca convivere in questa situazione per anni, fino alla sentenza.

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Andrea Balla
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