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I contratti di promozione e conclusione degli affari: l’agenzia


All’estremo opposto del mediatore, nel sistema dei contratti per la promozione e conclusione degli affari, sta l’agente, cioè chi “assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra parte, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata”.
Si è dunque di fronte a un soggetto che, a proprio rischio e con propria organizzazione stabile, svolge l’indicata attività in favore dell’impresa c.d. preponente.
La figura dell’agente da sempre oscilla fra il formale carattere autonomo e imprenditoriale della sua definizione e l’assimilazione sostanziale al lavoratore dipendente in ragione della stabilità e continuità del rapporto e, spesso della subordinazione economica al preponente.

Tra i profili salienti della disciplina dell’agenzia si segnalano:
- il contratto richiede la forma scritta ad probationem;
- l’agente gode del diritto di esclusiva sulla zona nei confronti del preponente, che non può dunque servirsi di altri agenti; specularmente l’agente non può assumere incarichi di agenzia da altro preponente in concorrenza nella stessa zona e per lo stesso ramo di affari;
- l’agente deve comportarsi in buonafede e con lealtà nell’adempimento del proprio obbligo di promuovere la conclusione dei contratti; allo stesso modo anche il preponente è tenuto ad agire con lealtà e buonafede verso l’agente fornendogli tutte le informazioni e documentazioni sui beni e servizi oggetto dei contratti da promuovere;
- il diritto dell’agente alla provvigione, calcolata in percentuale sull’importo del contratto, sorge soltanto quando l’affare da lui promosso venga non soltanto concluso, ma anche regolarmente eseguito da ambo le parti, salvo che la mancata esecuzione sia imputabile al preponente.
L’agente, tuttavia, non può più, come in passato, esser tenuto al c.d. star del credere, cioè all’obbligo di tenere indenne il preponente nel caso di inadempimento del terzo contraente.
L’unica tutela adottabile è una garanzia a favore del preponente da parte dell’agente relativa ad uno specifico affare e comunque mai superiore all’ammontare massimo della provvigione;
- il contratto a tempo determinato che continui a essere eseguito dopo la scadenza si trasforma in contratto a tempo indeterminato.
Il contratto a tempo indeterminato prevede sì la possibilità di recesso delle parti, ma con termine di preavviso che non può essere inferiore a quello previsto nell’art. 17503 c.c. (1 mese), e che aumenta con il prolungarsi della durata del contratto sino al limite di 6 mesi;
- sempre in tema di cessazione del contratto, la vera tutela dell’agente è affidata alla tormentata normativa in tema di indennità di fine rapporto: essa evoca chiaramente le regole del lavoro dipendente, ma può anche spiegarsi come una sorta di “compenso” per l’avviamento che l’opera dell’agente ha procurato all’impresa.
La misura di tale indennità è fissata nel limite massimo di un’annualità di provvigioni calcolata sulla media di quelle percepite negli ultimi 5 anni o nel periodo inferiore di durata del contratto.
Tuttavia, tali norme sono inderogabili solo a svantaggio dell’agente e in concreto la misura dell’indennità è regolata da accordi collettivi.
L’indennità, infine, non è sostitutiva dell’eventuale risarcimento del danno dovuto all’agente.

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Stefano Civitelli
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