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La caduta di Babilonia

La caduta di Babilonia nel 1595 si chiude idealmente l’epoca dei sumeri, ossia di quel mondo limitato alla Mesopotamia, e fondato sulla lotta per l’egemonia combattuta dalle potenti città della fertile regione della Babilonia. Ciò che seguì il crollo dell’Impero babilonese fu senza alcun dubbio una nuova epoca storica, caratterizzata da un mondo più grande, da un estendersi degli orizzonti politico-militari: l’impero universale non fu più quello che domina sono su Babilonia ed Assira, ma quello che dominava sull’intera grande regione mediorientale, dall’Egitto ai monti Zagros, dal Golfo Persico al Mar Egeo. Il contesto internazionale si allargò e divenne più complesso: da un unico grande impero mesopotamico messo in crisi da popolazioni più o meno barbariche ai confini, si passò ad un vero e proprio sistema internazionale, con quattro superpotenze (Egitto, Babilonia cassita, Impero hittita e Mitanni) e diverse entità minori (Fenici, Ebrei, Assiri), sempre in lotta fra loro con le armi o con la diplomazia. Tale situazione conflittuale perdurò diversi secoli, fino a quando gli assiri non riuscirono a sottomettere tutti i popoli della vastissima regione, nel VI secolo.  
In questo nuovo contesto la Babilonia cassita fu sempre poco dinamica. Non partecipò con l’entusiasmo dell’Egitto o degli Hittiti al nuovo gioco internazionale: rinunciò del tutto ad una politica estera aggressiva. Del restò si trattava di una scelta obbligata, poiché pur restando indipendente fino al XII secolo, essa era in realtà uno stato ormai spento, privo di slancio militare; quasi a simboleggiare la sua appartenenza ad una tradizione, quella sumera, ormai conclusa dalla storia. 

Tratto da STORIA DEL VICINO ORIENTE ANTICO di Lorenzo Possamai
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