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Evoluzione dell’agricoltura e dell’agribusiness

VAagr/Cal = VAagr/PVA * PVA/PVAalim * PVAalim/Cal. Rapporto VAagr/Cal: guardiamo, tramite tale scomposizione, a cosa succede alla capacità del settore agricolo di dare una risposta ai bisogni alimentari delle persone, man mano che lo sviluppo economico procede, l’economia s’industrializza e i bisogni delle persone, per quanto riguarda l’alimentazione, si trasformano. Scomposizione di VAagr/Cal in tre rapporti; moltiplicando e dividendo per la produzione vendibile agricola (PVA), successivamente moltiplicando e dividendo PVAalim, dove alim è una quota di PVA che riguarda la produzione di materie prime, destinate all’alimentazione. Una differenza tra PVAalim e PVA è che, in PVAalim non c’è la produzione di fiori, piante destinate ai consumi non alimentari (es. tabacco, piante, fibre, ecc.). Sono produzioni agricole non destinate all’alimentazione, direttamente o indirettamente. Nella scomposizione iniziale, il rapporto VAagr/Cal si riduce all’aumentare del reddito pro capite. Il primo dei rapporti, in cui abbiamo scomposto il rapporto originario, VAagr/PVA, si riduce perché cresce il valore dei consumi intermedi dell’agricoltura. Così come, la produzione totale di un qualsiasi settore si distingue dal VA per il valore dei consumi intermedi, questo succede anche nel caso del settore agricolo. La differenza tra il VAagr e PVA è data dai consumi intermedi. Poiché il valore del consumi intermedi aumenta, col crescere del PIL pro capite, cresce tale differenza e il rapporto VAagr/PVA diminuisce perché aumenta la forbice che c’è tra le due grandezze. Per ogni €uro prodotto dall’agricoltura, crescono gli acquisti che il settore agricolo fa da altri settori, per l’acquisizione di mezzi tecnici. Cosa succede al secondo rapporto, PVA/PVAalim? Questo rapporto può variare, aumentare o diminuire, a seconda di fattori specifici che riguardano ciascun paese. Siccome i bisogni dei beni dell’agricoltura, non utilizzati per l’alimentazione, crescono con l’aumentare del reddito pro capite e dei bisogni non alimentari rivolti ad altri settori, la domanda di tali beni cresce di più della domanda di beni non agricoli; ma non è detto che, all’interno di ciascun paese, cresce la quota di produzione agricola destinata a queste produzioni.
Ciò dipende dalla vocazione produttiva del paese, dalle condizioni ambientali, possibilità di importare prodotti da altri paesi. Questo rapporto non varia in una direzione univoca, può variare in direzioni diverse a seconda dei diversi paesi. Questo rapporto è l’unico che non è detto che il valore si riduca col progredire dello sviluppo economico. Può sia ridurre che aumentare, poiché dipende da condizioni specifiche del singolo paese. Il rapporto PVAalim/Cal è l’indicatore che misura la capacità del settore agricolo di corrispondere direttamente ai bisogni alimentari. Capacità che si riduce, al crescere del reddito delle persone. I consumi alimentari si trasformano, diventano più sofisticati, ed includono una serie di servizi che le materie agricole non danno al consumatore. La forbice tra il valore dei consumi alimentari (denominatore) e il valore delle materie prime agricole (numeratore), è una forbice che tende a crescere progressivamente, perché una quota crescente di quel valore finale dei consumi alimentari va a remunerare trasformazioni del prodotto, servizi che via via s’aggiungono al prodotto, e che sono sempre più il frutto di operazioni svolte al di fuori del settore agricolo, svolte soprattutto dall’industria di trasformazione, dalle intermediazioni commerciali e distribuzione finale. L’indicatore si riduce notevolmente di valore, per effetto dello sviluppo di filiere di produzione complesse.

Il progresso tecnico e l'innovazione

Il progresso tecnico è una delle grandi forze che spingono i sistemi economici al cambiamento, alla trasformazione, è una delle forze che governano i singoli settore delle economie nel lungo periodo. Gli assetti del settore agricolo e dell’agribusiness, dell’intero settore agroalimentare sviluppato attorno all’agricoltura, dal secondo Dopoguerra ad oggi, è in gran parte determinato dal sentiero intrapreso dallo sviluppo tecnologico di questo periodo. Sviluppo che riguarda le tecnologie produttive, dei trasporti, del consumo ossia il modo di consumare i prodotti. L’economista che, per primo, ha capito l’importanza del progresso tecnico nel determinare i sentieri evolutivi dei sistemi economici e la competitività delle imprese, fu Joseph Schumpeter. L’innovazione è l’unità elementare del progresso tecnico. Progresso tecnico determinato dall’adozione, all’interno delle imprese, di nuove idee; l’innovazione è una nuova idea applicata a un processo produttivo.
Schumpeter è stato l’economista che ha inquadrato l’analisi del progresso tecnico, come la forza creativa dei sistemi economici. Il succo della competizione tra imprese sta proprio nell’innovare il processo produttivo e/o il prodotto. Un’economia statica è condannata alla stagnazione. L’innovazione gioca un ruolo fondamentale, le innovazioni sono cambiamenti del processo produttivo, o sono innovazioni radicali che generano veri e propri prodotti nuovi, che non esistevano sul mercato. Le ragioni per cui un’impresa decide di adottare un’innovazione, di cambiare il modo in cui produce qualcosa, sono riconducibili a due categorie di motivi: produrre una maggiore quantità di prodotto, a parità di risorse produttive utilizzate o, che è la stessa cosa, ridurre la quantità di risorse produttive per produrre una data quantità di prodotto, oppure modificare la qualità di ciò che si produce, produrre un bene di qualità migliore, meglio adatto a soddisfare il bisogno che sta dietro la domanda che i consumatori esprimono di quel bene.

La funzione di produzione

La funzione di produzione è la relazione tecnica tra output e input, tra un fattore della produzione variabile, le cui quantità sono misurate sull’ascisse, e la quantità dell’output misurata sull’ordinate.
La funzione di produzione disegnata in blu, nel grafico, è relativa a una certa tecnologia; la funzione rossa, più alta della blu in tutti i punti, è relativa a una tecnologia migliore di quella blu. Data una certa quantità di input, la prima tecnologia consente di ottenere una quantità di prodotto inferiore a quella che permette di ottenere la tecnologia rossa. Viceversa, una certa quantità di output richiede meno input con la tecnologia rossa, più input con quella blu. Relazione tra input e output definita produttività, il rapporto tra la quantità di output ottenuta in un dato processo produttivo, e l’input necessario; può essere misurata in quantità (se si tratta di una misura parziale di produttività, la relazione che esiste tra la quantità di output che s’ottiene in un certo processo produttivo, e una categoria di fattori, come lavoro, terra) o in valore (per avere una misura globale di produttività, mettere in relazione l’output con tutti gli input che occorrono per generare quel dato output, per poter aggregare tutti gli input fisicamente diversi tra loro, si ricorre a un’unità di misura comune, cioè al valore dei singoli input). La produzione è un valore assoluto, la produttività è un indicatore che relaziona una data produzione coi fattori produttivi necessari per ottenere quella produzione. Il progresso tecnico, l’introduzione di un’innovazione all’interno del processo produttivo, fa variare la produttività globale dei fattori; la produttività parziale può variare anche in assenza di progresso tecnico, per effetto di una sostituzione tra un fattore e un altro. Funzione di produzione a più fattori variabili, rappresentata graficamente dalla mappa degli isoquanti. Prendendo due diverse categorie di fattori, ad esempio capitale e lavoro, l’isoquanto raccoglie le diverse combinazioni di capitale e lavoro, che consentono di ottenere una data quantità di prodotto. L’isoquanto, graficamente, è quella curva dove tutti i punti, lungo la curva, godono della proprietà di corrispondere a una stessa quantità invariata di prodotto. La differenza tra il punto A e il punto B, entrambi corrispondenti ad esempio a 100 quintali di grano, è che in A si sta ottenendo un certo prodotto, utilizzano più capitale e meno lavoro, in B si sostituisce parte del capitale col lavoro e si utilizza più lavoro e meno capitale. A e B rappresentano due tecniche produttive, leggermente diverse l’una dall’altro, che se esiste l’isoquanto, esistono entrambe le due tecniche in un certo momento di tempo.

Si può scegliere l’una o l’altra, ma il passaggio dall’una all’altra non rappresenta l’introduzione di un’innovazione, bensì sono due alternative disponibili per i produttori. In un dato momento, una delle due sarà quella economicamente efficiente. Si ha progresso tecnico, non se si passa da A a B, ma se si salta su un isoquanto diverso, cioè se i 100 quintali di grano si possono produrre, utilizzando, ad esempio, la stessa quantità di lavoro e una minore quantità di capitale, o minore quantità di entrambi, o stessa quantità di capitale e minore quantità di lavoro. Solo se aumenta la misura della produttività globale. Progresso tecnico: aumenta la produttività globale dei fattori.

In termini di costo di produzione, ciò che interessa a imprese e consumatori, lo spostamento verso l’alto della funzione di produzione implica che, la funzione del costo marginale si sposta verso il basso. La funzione di costo totale di un’impresa è la funzione di produzione, dove per ogni unità di input utilizzata, per ottenere un certo livello di output, s’aggiunge informazione di quanto costa quell’input in termini unitari, aggiungere informazione sul prezzo. Quello che interessa alle imprese, nel momento in cui introducono un’innovazione, non è tanto aumentare la produttività, quanto ridurre i costi. Se si può ottenere una quantità di prodotto come prima, utilizzando meno fattori della produzione, si spenderà meno di prima e i costi di produzione s’abbasseranno. Per ogni livello produttivo, che misuriamo sull’asse dell’ascisse, il costo marginale di produzione si riduce dopo l’introduzione dell’innovazione tecnica.

Siccome la funzione del costo marginale, nel tratto crescente che si trova al di sopra del punto minimo della funzione del costo medio, altro non è che la funzione di offerta dell’impresa, e la funzione di offerta del mercato deriva dall’aggregazione delle singole funzioni di offerta delle imprese presenti sul mercato, il progresso tecnico, facendo abbassare la funzione del costo marginale, fa abbassare la funzione di offerta, la fa espandere verso il basso e verso destra. Questa è la conseguenza dell’introduzione di un’innovazione, all’interno di un processo produttivo, in termini di funzione d’offerta del mercato di quel bene.

Esempi di innovazioni in agricoltura

Agronomiche: sono innovazioni come la messa a punto di una rotazione, che aumenta la fertilità del terreno; la rotazione agronomica è la successione di diverse culture su uno stesso appezzamento di terreno; oppure un nuovo modo di potare (albero di frutto o vite); sistemazione terreni, che determina un modo migliore per le macchine di entrare nel campo.
Meccaniche: riguardano le macchine utilizzate nei processi produttivi agricoli; possono essere macchine per la mungitura delle vacche/pecore, caratteristiche macchine motrici che portano in campo le macchine operatrici (es. l’aratro) per fare semina o raccolta, possono riguardare materiali, motore, forma attrezzi, ecc.
Biologiche: riguardano soprattutto componente genetica e includono le biotecnologie.
Chimiche: scoperta e costruzione di nuove molecole, e diversi dosaggi, miscelazioni di molecole esistenti.
Organizzative: contoterzismo e agricoltura per telefono; nuovo modo di mettere insieme fattori della produzione che, nella loro natura, non sono cambiati.
Una caratteristica consolidata, da molti decenni, è la forma che assume il progresso tecnico che va avanti per pacchetti; un’innovazione esplica i suoi vantaggi, in termini di efficienza di progresso tecnico, solo se viene adottata insieme a tutta una serie di innovazioni complementari a questa. Il caso delle biotecnologie è emblematico. Le varietà geneticamente modificate esplicano il loro enorme potenziale produttivo, solo se sono utilizzate in associazione con alcuni antiparassitari o concimi, con innovazioni di tipo chimico. Un’innovazione biologica richiede un’innovazione agronomico o meccanica, o entrambe le cose, perché una nuova varietà richiede accorgimenti in campo diversi da varietà di tipo differente. Il progresso tecnico, col procedere di questo processo chiamato industrializzazione dell’agricoltura, tende a procedere per pacchetti, e questo spiega la ragione per cui i consumi intermedi crescono con l’industrializzarsi dell’agricoltura, perché c’è necessità di acquisire diverse categorie di mezzi tecnici assieme, affinchè si estrinsechi il massimo vantaggio in termini di produttività delle innovazioni tecnologiche. Questa classificazione delle innovazioni aiuta a mettere in risalto alcune caratteristiche generali delle innovazioni, in particolare la brevettabilità o meno delle innovazioni. La conoscenza è il più tipico dei beni pubblici, dando luogo ad un fallimento del mercato.
I benefici della generazione di nuova conoscenza non sono privatizzabili, ma sono benefici che restano a disposizione di chiunque. Non c’è incentivo affinchè il mercato, spontaneamente affidato alle sole dinamiche, generi innovazione, nuova conoscenza in quantità ottimale. Non tutti i beni pubblici sono privatizzabili, non tutta la nuova conoscenza è brevettabile. La brevettabilità di un’innovazione dipende da condizioni operative, relative alla natura intrinseca della innovazione e di come funziona il passaggio dell’informazione, affinchè gli utilizzatori dell’innovazione abbiano libero accesso all’innovazione stessa.
Le innovazioni agronomiche non sono brevettabili, poiché sarebbe difficile e costoso rendere rivali ed escludibili le caratteristiche di quelle innovazioni. Come si rende escludibile l’innovazione che si concretizza nella messa a punto di una nuova rotazione agronomica? Avrebbe dei costi di controllo che supererebbero di gran lunga i benefici. Le innovazioni meccaniche, invece, sono più facili da brevettare. Brevetti soggetti a forme di controllo praticabili, anche se non c’è una brevettabilità completa, perfetta. Un materiale si può brevettare, difficile da brevettare la forma di un aratro. Innovazioni biologiche possono essere brevettate, ma c’è dibattito su profili etici, su quanto sia giusto o meno farlo. Innovazioni chimiche sono ben brevettabili, per le molecole; meno brevettabili in caso di dosaggi o miscelazioni di sostanze precedentemente esistenti. Non sono brevettabili le innovazioni organizzative.

Tratto da ECONOMIA DEL SETTORE AGROALIMENTARE di Valerio Morelli
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