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Boom del cinema di Resistenza dal 1945 al 1950


Tra il 1942 e il 1964 non ci sono interruzioni significative nella produzione inglese, mentre il continente ha alternato periodi d’intensa curiosità a momenti di silenzio. Francia e Italia seguono più o meno uno stesso percorso, mentre la Germania fa parte a se. La Francia ha prodotto, tra il 1944 e il 1955, una ventina tra film di finzione e documentari. La produzione italiana è iniziata tardi, e fino al 1951 ha prodotto lo stesso numero di film. Segue poi un’interruzione: fino al 1957 in Francia e fino al 1960 in Italia. In Germania la produzione si condensa in quattro anni, nella metà degli anni 50. L’inizio degli anni 60 testimonia un revival in Francia e in Italia. Dopo il 1966 sono stati realizzati film isolati, e L’Italia è stato l’unico paese in cui i produttori hanno ancora investito nel cinema della Resistenza. La Resistenza è stata rappresentata più dalla televisione, attraverso l’intervento di testimoni, documentazioni fotografiche, cinegiornali e persino film di finzione realizzati negli anni Quaranta. Per le nuove generazioni la Resistenza è stata spesso un lato poco noto di una storia dimenticata, è stato un oggetto d’interesse essenzialmente per i primi tre quarti di secolo.
I primi tre anni, dal 1945 al 1950, sono stati il tempo delle testimonianze. I tre film più caratteristici sono: “Roma città aperta”, “The battle of the rails”, “Odette”, essi trattano storie “vere”, o piuttosto storie ispirate da fatti reali. I film sono essenzialmente narrativi e raccontano, a un pubblico distante e non direttamente partecipe, storie dall’happy end.
Perché negli anni 50 ci fu un’interruzione nella produzione dei film sulla Resistenza in Italia e in Francia? Nel 1944 i membri della Resistenza divennero eroi nazionali ma, con l’inizio della guerra fredda, nel 1947, i comunisti ruppero le coalizioni democratiche che erano composte anche da conservatori e persino da ex collaborazionisti. Pare quindi che i produttori non abbiano voluto più investire in soggetti potenzialmente pericolosi. Il tema della Resistenza fu in auge per soli due anni (1945-46) e scomparve prima dell’inizio della Guerra fredda. Non è difficile spiegare l’incapacità di girare un altro "Roma città aperta": dopo il 1944 c’erano poche possibilità di realizzare un film tanto coinvolgente e così poco profondamente radicato nell’atmosfera del momento. Nessun attore avrebbe potuto sentirsi immerso nel dolore, nella paura e nella disperazione come in quell’anno. Se "Roma città aperta" è il film più toccante sulla Resistenza, “Un condamne a mort s’est echappe” è il film definitivo del genere, un lavoro che non descrive azioni emozionanti, ma che tenta di esprimere, attraverso le immagini lo spirito di Resistenza.

Tratto da CINEMA DEL NOVECENTO IN EUROPA di Laura Righi
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