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Breve evoluzione storica del sistema pensionistico


I primi schemi pensionistici pubblici vennero istituiti in Germania (modello bismarckiano) e Danimarca (modello beveridgeano).
1. Modello bismarckiano: la protezione della vecchiaia assunse la forma di uno schema di assicurazione sociale obbligatoria per la categoria di lavoratori più esposta al rischio di incidenza nell’età anziana. L’obiettivo è quello del mantenimento del tenore di vita dei lavoratori nella fase di inattività: le prestazioni, pertanto, sono collegate al precedente reddito da lavoro e sono finanziate dal versamento dei contributi da parte della popolazione occupata. La copertura è detta di tipo occupazionale: sono i lavoratori e non i cittadini ad essere assicurati attraverso l’inclusione in schemi che solitamente ricalcano le professioni. È il modello attuato dai Paesi dell’Europa continentale e mediterranea: Austria, Francia, Italia, Spagna, Belgio, Grecia, Portogallo, Olanda. Sono Paesi definiti  mono – pilastro in quanto incentrati sul ruolo pubblico.

2. Modello beveridgeano: La protezione è diretta a tutti i cittadini oltre una certa soglia d’età e in condizioni di bisogno accertate tramite la prova dei mezzi. L’obiettivo è la prevenzione della povertà tra le persone in età avanzata attraverso l’erogazione di prestazioni a somma fissa, indipendentemente dalla partecipazione al mercato del lavoro e dalla contribuzione fiscale. È esercitato nelle aree scandinave e anglosassoni: Gran Bretagna, Norvegia, Finlandia. Questi Paesi sono detti multi – pilastro perché basati sul secondo e sul terzo pilastro, il pubblico influisce solo in minima parte.

Italia: l’estensione del sistema pensionistico italiano iniziò nel dopoguerra. Lo sviluppo della previdenza si è articolando seguendo tre linee principali: estensione della copertura, creazione di una rete di protezione di base, aumento della generosità del sistema.
Nel 1956 vennero introdotte le cosiddette “baby pensioni”, ovvero le pensioni di anzianità dopo 20 anni di contribuzione. Nel 1969 il sistema divenne a ripartizione, abbinato ad un calcolo delle pensioni di tipo retributivo. L’espansione del sistema pensionistico italiano si chiuse negli anni ’80. Negli anni ’90 si avviò una riconfigurazione del sistema previdenziale agendo sulla riduzione del ruolo del sistema pensionistico pubblico a ripartizione nel mantenimento del reddito durante la pensione e lo sviluppo di forme pensionistiche complementari fondate sul principio della capitalizzazione e che si affidano ai meccanismi del mercato. Si intraprese quindi una transizione dal sistema mono – pilastro ad un sistema multi – pilastro. Dopo gli anni ’90 il nostro era ancora un sistema in transizione. Oggi si hanno regole più omogenee, ma le sfide da affrontare nei prossimi anni saranno ancora due: una riguarda i diritti degli assicurati, la seconda gli equilibri della finanza pubblica.

Tratto da LE POLITICHE SOCIALI di Adriana Morganti
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