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Lo spopolamento delle campagne negli anni del boom

Lo spopolamento delle campagne negli anni del boom


MONDI RURALI. Nelle campagne, come si è detto, vi sono 3 milioni di occupati in meno tra il 1954 e il 1964, destinati a diventare quattro se si considera il periodo tra il 1951 e il 1965. iniziando dalle aree più povere della collina e della montagna i flussi coinvolgono rapidamente anche le aree dell'agricoltura avanzata, segnando la fine dei diversi mondi rurali che compongono il paese. Non si tratta di una formula riassumibile in campagne senza agricoltura ma in agricoltura senza campagne.
Una diminuzione così rapida del peso dell'agricoltura avvicina semplicemente l'Italia ad altri paesi europei ma l'inserzione progressiva della nostra agricoltura in un processo di modernizzazione sostanzialmente comune a tutta l'Europa ha comunque conseguenze di rilievo.
Va anzitutto segnalata l'impossibilità di continuare a vedere l'agricoltura italiana come mossa esclusivamente da caratteri tradizionali e originari. C'è un mutato rapporto fra intervento statale e produzione agricola. Fra il 1951 e il 1960 gli investimenti in agricoltura raddoppiano e l'intervento dello stato, diretto o indiretto, riguarda nel 1963 ormai il 73%; dunque già nel 1960 quasi tutte le decisioni in campo agricolo devono misurarsi con scelte e orientamenti stabiliti dalle politiche pubbliche, con una intrusione dello Stato nella società rurale che amplifica enormemente i meccanismi avviati negli anni Trenta. Sulle distorsioni indotte da questi processi molto è stato detto, e ci limiteremo qui a sottolineare gli aspetti essenziali. Si vedano gli organigrammi degli enti di riforma agraria, che complessivamente operarono su circa 700.000 ettari: su 22 persone che al 1961 avevano ricoperto la carica di presidente o commissario, 20 appartenevano alla DC. Si ricordino poi i loro caratteri di enti pletorici, con a volte 10.000 dipendenti in più del necessario e tenuti in vita anche dopo lo spopolamento delle campagne. Si scorrano i fascicoli dell'Archivio centrale dello stato riguardanti gli enti di riforma: responsabilità e colpe dei dirigenti sono accertate e denunciate quasi ovunque, come in Sicilia, dove una indagine amministrativa del 1959 conclude che l'ERAS (Ente Riforma Agraria Siciliana) non ha una organizzazione razionale dei vari servizi e conferma le numerose e gravi denunce ricevute.
Erano i normali meccanismo di funzionamento che costituivano un problema, inzuppati di clientelismo, di relazioni e di dipendenze tra gruppi di contadini, funzionari ed enti pubblici, apparati organizzativi ed esponenti del partito cattolico e delle sue organizzazioni collaterali, quali la Coldiretti e la Acli.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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