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Composizione stragiudiziale delle controversie di lavoro: conciliazione ed arbitrato

Composizione stragiudiziale delle controversie di lavoro: conciliazione ed arbitrato 

Per garantire strumentalmente i diritti del prestatore di lavoro, è previsto che la composizione delle controversie individuali possa avvenire sia informa giudiziale che stragiudiziale. 
Partiamo dalla “conciliazione”. Essa può essere sia: 
Giudiziale, ed in tal caso può essere tentata in ogni momento del processo dal giudice, il quale deve tentarla sin dall'inizio. Qualora venga raggiunta va redatto il processo verbale, che è considerato titolo esecutivo; 
Stragiudiziale, esperibile in sede sindacale, prevista dagli accordi collettivi, o in sede amministrativa, sempre per mezzo dei sindacati, dinanzi ad apposite commissione della Direzione provinciale del lavoro. 

Inizialmente non era prevista l'obbligatorietà del tentativo di conciliazione. La legge 108/1990 introdusse tale obbligatorietà per le sole ipotesi di tutela obbligatoria, imponendo il tentativo di conciliazione come presupposto necessario di procedibilità in giudizio della domanda di riassunzione del lavoratore ingiustamente licenziato. La privatizzazione del pubblico impiego portò all'applicazione della suddetta obbligatorietà anche nei confronti di coloro alle dipendenze delle pubbliche amministrazione. Infine nel 1998 venne introdotta per tutte le controversie di lavoro quale condizione necessaria di procedibilità della domanda giudiziale. 
Il D.Lgs. 276/2003 ha, inoltre, previsto che in caso di ricorso contro certificazione, debba essere esperito il tentativo di conciliazione obbligatorio dinanzi alla commissione che ha emesso l'atto di certificazione. 
Ulteriore strumento di tutela giurisdizionale del lavoratore è “l'arbitrato”, istituto tramite il quale le parti deferiscono la decisione di una controversia ad un terzo. Tale deferimento può essere contenuto tanto in un compromesso, vero e proprio negozio di deferimento del potere decisorio, tanto in una clausola compromissoria appositamente apposta al contratto. 
Possiamo da subito attuare una distinzione tra arbitrato rituale ed irrituale. 
L'arbitrato rituale, la cui disciplina codicistica è stata modificata nel 2006, ha i medesimi effetti di una decisione giurisdizionale, non potendo, però, inerire a diritti indisponibili. In materia di controversie di lavoro, tra l'altro, il ricorso all'arbitrato rituale è possibile solo qualora sia previsto dalla legge o dai contratti collettivi, quindi anche il compromesso o la clausola compromissoria che lo prevedano devono essere inclini alle previsioni normative. 
qualora le parti abbiano previsto quest'ultima ipotesi: in materia di lavoro, però, è prevista la sola pronuncia secondo diritto. La decisione è incorporata nel “lodo”, il quale diviene equiparabile ad una sentenza tramite un'omologazione del giudice, il quale si attiene semplicemente ad un controllo di regolarità formale. Dinanzi alla Corte d'Appello è possibile impugnare il lodo per nullità, revocazione o per opposizione di un terzo ed è sempre ammessa, per le controversie di lavoro, l'impugnazione per violazione delle regole di diritto. 
L'arbitrato irrituale (libero) quando le parti, sempre per mezzo di compromesso o clausola compromissoria, prevedano che un terzo (l'arbitro) si pronunci sulla controversia in via negoziale e non giurisdizionale, ossia per ciò che è attinente la natura e gli effetti del contratto. Anche l'arbitrato irrituale è possibile solo in caso di previsione legislativa (arbitrato irrituale legalmente nominato) o dei contratti collettivi, che devono, però, prevedere anche le norme procedurali per giungere al lodo, il quale è impugnabile dinanzi al giudice del lavoro, la cui decisione non sarà a sua volta impugnabile se non in Cassazione. Dopo 30 giorni dal lodo, salva accettazione preventiva delle parti per iscritto o rigetto del ricorso del tribunale, il lodo viene depositato presso la cancelleria del Tribunale e viene dichiarato esecutivo con decreto. 
La sostanziale differenza tra arbitrato rituale ed irrituale la ritroviamo nel fatto che quello rituale può essere alternativo alla giurisdizione secondo una previsione vincolante in via preventiva delle parti. 

Tratto da DIRITTO DEL LAVORO di Alessandra Infante
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