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La Favola delle Api - Orgoglio e vergogna


(M) e l’odioso orgoglio, ad un altro milione

L’orgoglio è la facoltà per cui ogni uomo che ha qualche qualità si sopravvaluta, e immagina riguardo a se stesso cose migliori di quelle che gli concederebbe un giudice imparziale. Nessuna altra qualità è più vantaggiosa per rendere ricca e fiorente la società, e tuttavia nessuna è più detestata. Inoltre, coloro che ne sono più ricchi sono i meno disposti a sopportarla negli altri.
Nessuno è tanto offeso dall’orgoglio del suo prossimo, quanto chi è più orgoglioso; e se qualcuno può perdonarlo, è proprio il più umile. Da ciò si può concludere che, poiché è odioso a tutti, tutti ne sono affetti. Tutti gli uomini di buon senso sono disposti ad ammetterlo, ma se si scende ai particolari pochi ammetteranno che una determinata azione derivi da tale principio.

Essi diranno che un uomo può avere un numero di vestiti maggiore di quella che può usare, con lo scopo però di dare lavoro ai poveri e incoraggiare il commercio. Inoltre, avere un aspetto decente è una cortesia e spesso un dovere. Queste sono le obiezioni di moralisti superbi, che non vogliono si dubiti della dignità della loro specie. Ma se si osservano da più vicino, è possibile rispondere.
Se non avessimo vizi, non vediamo perché un uomo, pur volendo promuovere il bene della nazio-ne, dovrebbe avere più vestiti del necessario. Per quanto voglia promuoverlo, egli considererebbe ciò come chi ama il proprio paese considera le tasse: paga volentieri, ma non più di quanto deve.

Gli abiti furono fatti in origine per due scopi: nascondere la nostra nudità e difendere i nostri corpi dalle intemperie. A questi il nostro orgoglio sconfinato ha aggiunto un terzo scopo: l’ornamento. E’ stupefacente che una creatura ragionevole come l’uomo, che pretende di avere tante belle qualità proprie, finisca con il valutarsi per quello che ha rubato ad un animale innocente.
Per la società, un bell’aspetto è importante. Dalla ricchezza dei vestiti giudichiamo la ricchezza, dalla loro eleganza, la loro intelligenza. Chi osserva scene di vita umile, può nelle feste incontrare persone di ceti più bassi con abiti belli e alla moda. Se parliamo con loro, trattenendoli con rispetto maggiore di quello che sanno di meritare, proveranno vergogna di ammettere ciò che sono.

Essi ritengono che tali gentilezze siano dovute solo ai loro superiori. Tutti guardiamo al di sopra di noi, e cerchiamo di imitare chi ci è superiore. Le donne di rango sono spaventate dal vedere le mogli di mercanti che vestono come loro: la creazione di nuove mode diventa l’unica occupazione.
D’altra parte, non è sempre così facile scoprire la vanità dell’uomo. Quando avvertiamo un’aria di gentilezza, siamo portati a considerare quelle persone prive di orgoglio, mentre invece sono forse solo stanche di soddisfare la loro vanità. Come in esse l’orgoglio è inavvertibile perché ben nascosto, così di altri si dice che sono privi di esso, quando lo mostrano nel modo più aperto.

Il ricco parroco che è privato di molti dei divertimenti dei laici, si preoccupa di trovare la più bella stoffa nera che il denaro possa procurare, e si distingue per la ricchezza del suo abito. Tuttavia la normale cortesia ci impedisce di pensare che le sue azioni siano conseguenza dell’orgoglio.
Se si obietta che gentiluomini davvero virtuosi possono esistere, Mandeville risponde che è possi-bile anche che i gatti, invece di uccidere i topi, li nutrano; che un avvoltoio inviti le galline al pasto. Ma se tutti facessero così, non sarebbero più gatti e avvoltoi: è incompatibile con la loro natura.

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