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La liceità dell'attività imprenditoriale


La qualificazione di una data attività come impresa prescinde dalla sua liceità.
E’ imprenditore, pertanto, chi esercita un’impresa anche se in violazione di un obbligo.
Le conseguenze dell’illiceità non si producono sul piano della qualificazione dell’attività: se così fosse, venendo meno la qualità di imprenditore, sarebbe preclusa l’applicazione della relativa disciplina con pregiudizio dei terzi che incolpevolmente siano con lui entrati in contatto.
Questioni controverse in dottrina e giurisprudenza sono se la stessa soluzione valga anche per il caso in cui l’illiceità consista nello svolgimento di un’attività in mancanza dell’autorizzazione eventualmente richiesta dalla legge (c.d. impresa illegale) e addirittura, ma qui i dubbi aumentano, ove si tratti di un’attività in assoluto vietata o inserita nello svolgimento di una più vasta attività criminosa (c.d. impresa immorale).
Alla base di questo assunto vi è il principio generale che nessuno può avvantaggiarsi del proprio illecito: deve ammettersi che l’imprenditore (illegale o immorale) non possa giovarsi dei diritti e dei poteri connessi alla qualità di imprenditore, ma si limiti a doverne subire le connesse responsabilità e sanzioni.

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Stefano Civitelli
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