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Le comparazioni fra Enti Locali


Per comparare le performance tra gli enti locali occorre classificarli dal punto di vista della struttura demografica e poi vedere come si comportano secondo le spese. Occorre ponderare le spese (non posso usare le cifre assolute), quindi l'indicatore da usare sempre è la spesa pubblica pro capite per ogni tipologia di comune (quindi se ho due comuni con pari entità di popolazione, in condizioni socio-economiche uguali, dovrei aspettarmi una spesa totale simile). Se dovessimo fare un'analisi meticolosa dovremmo basarci su un bilancio non di tipo finanziario ma di tipo economico (dovrei identificare il costo economico per servizi). Possiamo assumere che tra spesa pro capite e costo economico pro capite ci sia una diretta proporzionalità. La curva ad U della finanza locale ci porterebbe ad identificare a livello medio italiano il punto minimo tra 5.000 e 10.000 abitanti. Il calcolo è fatto attraverso un numero indice e si parte da un valore di spesa pro capite dei comuni con popolazione inferiore a 500 abitanti pari a 100 e gli altri sono numeri indice di questo. Tutti questi dati sono però riferiti alle spese delle amministrazioni comunali e non tengono conto di tutto il sistema delle aziende, delle imprese collegate alle amministrazioni comunali, quindi per fare un'analisi completa noi dovremmo consolidare questi dati con quelli di aziende e altri soggetti che le amministrazioni locali adoperano per lo svolgimento dei propri servizi. Questo è un grosso problema proprio adesso, nella fase attuativa della legge 42, tant'è vero che proprio in questi giorni si stanno sviluppando i decreti delegati della legge 42 – quelli sull'omogenizzazione contabile dei documenti d bilancio degli enti locali e sui criteri per il consolidamento dei conti con tutte le aziende degli enti locali (si pensi che il comune di Milano sembrava spendere più di quello di Torino per la depurazione dell'acqua solo perché non si affidava ad aziende esterne e quindi risultava una maggiore onerosità nel bilancio).
In numeri indice c'è il dato in spesa corrente pro capite. Fino a 20.000 abitanti si vede come la spesa corrente passi da 1575 € a 1161 € per poi arrivare a 1141 €. E' interessante vedere la dinamica di diminuzione della spesa, dove c'è il dettaglio della quota delle spese di amministrazione generale rispetto alle spese correnti totali. È interessante vedere che la grossa diminuzione si concentra da un lato nelle spese di amministrazione generale perché è li che abbiamo le economie di scala, dall'altro anche nelle spese in conto capitale perché gli investimenti pubblici hanno delle soglie di indivisibilità minima (cioè meno di un tot non si può mai spendere anche se c'è poca popolazione), quindi il problema è che nei comuni molto piccoli il valore pro capite esplode (mentre se i comuni fossero aggregati la spesa in conto capitale sarebbe molto più bassa).
Cos'è un area metropolitana? È un'entità territoriale caratterizzata da un'estesa aggregazione urbana attorno ad una città principale sulla quale gravitano diversi tipi di popolazione. È un'area molto urbanizzata i cui confini amministrativi non sono facilmente identificabili. In genere viene divisa in un'area/cuore centrale (in genere il comune più grande) e una serie di comuni limitrofi senza soluzione di continuità. C'è una grande mobilità di popolazione all'interno (spesso la popolazione risiede in un comune ma lavora in un altro, fa vita sociale in un altro ancora...) → ci saltano quei modelli fatti all'inizio, si pensi al modello. Salta perché succede che ci siano cittadini che NON votano o non risiedono in un comune (non pagano imposte in quel comune) ma usano i servizi di questo o di quel comune. Non c'è più quell'equivalenza fiscale che avevamo visto in principio per garantire un'ottima direzione dell'amministrazione territoriale. Diventa importante con queste combinazioni il problema della soluzione istituzionale speciale per l'area metropolitana per cercare di far combaciare la popolazione che usa i servizi dei comuni con quella che vota in quei comuni. Da qui tutte le varie soluzioni:
* creazione di una nuova autorità
* riforme e accordi tra i vari comuni
* riforme capaci di far contribuire il cittadino al fine dei servizi che usano (molto più facile con strumenti tariffari).
Area metropolitana torinese: ci sono distinzioni territoriali che permettono di identificare un cuore (Torino), una prima cintura fatta dai comuni ed una seconda cintura. La prima e la seconda cintura sono distribuzioni territoriali che sono venute fuori soprattutto nella fase di grande espansione della popolazione di Torino fino a metà degli anni '70, dopo la quale c'è stata una continua crescita della “terza cintura”. Sono analisi fatte secondo criteri demografici (verificando cioè dove la popolazione cresce). Cosa succede quindi nelle aree metropolitane? C'è una prima fase in cui cresce il comune centrale, poi via via si espandono le aree meno interne e la popolazione diminuisce nelle aree centrali(espandendosi verso le cinture). Poi (come è successo per esempio in USA) si assiste alla riurbanizzazione (ovvero la popolazione torna nei comuni centrali). Questi fenomeni sono studiati non da noi ma da geografi e urbanisti e fra queste discipline si dialoga molto poco.
Abbiamo visto che la soluzione al problema nella parte più teorica sull'ottimo funzionamento dei governi locali era che in teoria per ogni tipo di servizio ci voleva una distribuzione territoriale diversa dei governi locali; sarebbe stato necessario creare un numero n di enti mono funzionali pari al numero dei servizi. Avevamo visto svantaggi e costi amministrativi per cui in realtà la soluzione pratica che troviamo in tutti gli ordinamenti contemporanei è quella di avere tendenzialmente enti plurifunzionali salvo pochi casi di enti molto specializzati (vedi Usa). Ci sono però altre maniere per risolvere questi problemi del dimensionamento ottimale dei servizi (raggiungimento della soglia di massima economia di scala e di controllo complessivo delle esternalità) e un'altra soluzione può appunto essere quella di dividere i compiti all'interno della medesima funzione. Una seconda soluzione  può essere  quella di separare la fornitura dalla produzione di un servizio. Dividere i compiti all'interno della stessa funzione significa che se noi attribuiamo ad un ente sub-nazionale certe competenze su una materia (istruzione/sanità per esempio) questo vuol dire che quell'ente è sovrano in quella materia. In realtà in Italia abbiamo una possibilità di distribuzione dei compiti diversi tra i vari livelli di governo quindi possiamo dare un indirizzo generale, capire gli standard, fornire la copertura del servizio (es: programmi scolastici per l'istruzione) e dopodiché (dopo gli indirizzi generali) può essere incaricato l'ente che esegue e fornisce il servizio. Quali vantaggi abbiamo da questo punto di vista? Ad esempio l'ente di livello superiore può stabilire delle norme che ci garantiscano che non ci siano esternalità reciproche oppure può organizzare il servizio stabilendo determinate aggregazioni che ci consentano soglie massime di efficienza. Possiamo avere quindi una grossa distinzione tra le fasi di programmazione ed indirizzo, la gestione, la valutazione e il controllo. Programmazione, indirizzo, valutazione e controllo sono di solito in capo agli stessi enti. Questo è il primo metodo. La seconda soluzione può essere quella della separazione (considerando sempre possibile separare la produzione dalla fornitura di un servizio). Una cosa infatti è produrre fisicamente un servizio, un'altra è un settore pubblico che garantisce che quel servizio sia fornito alla popolazione. Quindi basta che un ente pubblico crei un servizio che un'azienda privata distribuisce (il comune non fa raccolta rifiuti ma si affida ad un'azienda privata). A questo punto quel problema di economie di scala viene risolto attraverso il mercato. Come avviene la divisione dei compiti tra livelli di governo all'interno della stessa funzione? Questo in realtà è uno degli aspetti più importanti nel dibattito sul decentramento. Il modello costituzionale basato su più livelli di governo nel nostro paese è proprio basato su un'idea di questo tipo e, parzialmente, Stato e Regione sono enti di programmazione, indirizzo e gestione mentre i servizi offerti dallo stato sono in realtà sono un servizio molto rilevante che però dovrebbe (in base all'art. 117 Cost.) essere trasferito alla regione (es: l'istruzione che è statale ma organizzata in maniera molto decentrata). C'è quindi un'articolazione di competenze che in genere segue la distribuzione di queste tre grandi responsabilità all'interno della materia. Questo criterio di distribuzione/divisione dei compiti tra livelli di governo all'interno della stessa funzione è sottesa sia alla riforma costituzionale sia alle famose leggi Bassanini che hanno garantito un grosso passaggi di funzioni amministrative soprattutto dal punto di vista della fornitura di servizi gestionali alle amministrazioni locali e che sono basati proprio su queste ipotesi, cioè di dividere queste responsabilità all'interno della stessa materia.
Il criterio per l'assegnazione delle funzioni (economie di scala...) serve proprio per aiutare nell'esplicitazione (se noi immaginiamo un sistema con tre livelli di governo – Stato, Regione, Ente locale – possiamo vedere che per la politica internazionale noi in teoria abbiamo la tendenza a ricondurre tutto allo Stato in quanto abbiamo la fornitura di un tipico bene pubblico). Se invece pensiamo a funzioni legate alla fornitura dei servizi a carattere locale (tipo la viabilità locale) vedrete che possiamo avere un'articolazione per funzioni tra i soli livelli regionale e locale. In questo caso la programmazione, la definizione di standard e la supervisione possono competere al solo livello regionale. Possiamo anche avere dei casi di attribuzione completa delle funzioni anche solo a livello locale. Vedrete quindi che le motivazioni sono legate alla diffusione soprattutto dei benefici/costi e alla ricaduta spaziale degli stessi. Questo è uno strumento, mentre il secondo è quello della scelta tra produzione e fornitura. Bisogna tenere presente la distinzione tra questi due concetti: la fornitura è la decisione di mettere a disposizione del pubblico un certo bene o un certo servizio indipendentemente dal modo con cui è stato prodotto → il servizio della distribuzione dell'acqua potabile lo può fare direttamente il comune con i suoi tecnici oppure può affidare ad un'impresa privata il compito di farlo. La produzione è la messa in opera di una organizzazione produttiva incaricata della realizzazione materiale del bene/servizio. Se distinguiamo questi concetti si aprono molte possibilità (anche per gli obiettivi che ci poniamo per ottenere la dimensione ottimale anche dal punto di vista economico del governo). Qui c'è l'esempio riportato sul testo della scelta produzione/fornitura per i servizi pubblici locali. C'è una scelta “solo pubblica” in cui un assessorato comunale decise di dare pasti ai poveri. C'è in questo caso un ufficio che identifica chi ne ha diritto. Le cucine comunali (con impiegati pagati dal comune) forniscono i pasti. C'è poi anche una soluzione “pubblico/privata” in cui c'è sempre la decisione politica di forniture ma possiamo incaricare chi scelga i materiali dei pasti e distribuisca loro le tessere/buoni pasto. I ristoranti privati preparano i pasti e li distribuiscono a chi ha i buoni (il modello è quello del ticket-restaurant). Questa è, anche se incompleta, una forma di privatizzazione.

La teoria economica ci da anche un flash per decidere se fornire pubblicamente un bene o se produrlo pubblicamente ricorrendo a determinati criteri:
* presenza del monopolio naturale
* esistenza di beni pubblici
* teoria: cioè in certi casi si giustifica l'intervento pubblico con una logica paternalistica (si pensi ai beni culturali – li si cura pubblicamente quando in realtà si potrebbero tranquillamente affidare a privati)

Presenza del monopolio naturale: siccome non siamo in concorrenza perfetta il punto di equilibrio tra costo e ricavo marginale del produttore monopolista si pone nell'incrocio (nell'ipotesi un po' semplificatrice che il costo medio sia uguale al costo marginale) della curva con il ricavo marginale mentre il punto di ottimo dal punto di vista del benessere sarebbe nell'incrocio tra curva di domanda  con il ricavo marginale e il costo marginale. Con l'intervento pubblico si garantisce il raggiungimento di questo punto coprendo la differenza con la spesa pubblica.
Capito che voglio produrre un bene, come scelgo se produrlo pubblicamente o privatamente? Ci soccorre la teoria dei costi di transazione, ovvero dei costi degli scambi tra chi decide di fornire il bene e chi lo produce. C'è però il problema dell'asimmetria informativa (quando in un contratto tra un produttore e un venditore le informazioni sono differenziate e quindi lo scambio è ineguale).
Fornitura pubblica: abbiamo detto che le tre ragioni sono monopolio naturale, esistenza dei beni pubblici e la necessità di garantire un consumo minimo dei beni, i cosiddetti beni meritori; in questo caso succede che quantità e prezzo sono decisi dal mercato. La fornitura pubblica si traduce in una produzione pubblica quando ci sono molti costi di transizione per produrre quel bene (tanti passaggi o molti interlocutori) e soprattutto quando la fornitura di quel bene è resa difficile da fatto che ha componenti qualitative molto rilevanti e la qualità non è facilmente accertabile. A quel punto si preferisce effettuare una produzione pubblica diretta  (si pensi in particolar modo alla difesa).
Il concetto di asimmetria informativa è riferito a due fenomeni. Il primo è riferito al discorso dell'informazione nascosta, cioè quando due soggetti fanno un contratto ma hanno informazioni differenti (es: assicurazione contro le malattie). Chi assicura non si fida di chi si assicura e quindi facendo controlli farà salire i costi e i clienti più sani saranno dissuasi dall'assicurarsi. Cercheranno di assicurarsi solo i malati. Questo può portare in casi estremi all'estinzione del mercato (caso tipico il mercato delle auto usate, dove il venditore ha delle informazioni che il compratore non ha). L'azione nascosta nasce invece dopo la conclusione di un contratto ed è dovuta al fatto che non sappiamo come si comporta una persona (se assicuro la casa contro l'incendio non si sa se dopo adopererò tutte le precauzioni necessarie). Si parla in questo caso di “rischio morale”. Tutto questo ci porta a capire quando è necessaria la fornitura pubblica e quando questo intervento pubblico comporta una produzione pubblica → importante quindi capire che esiste un percorso di produzione/fornitura pubblica che può avvenire quando c'è un fallimento del mercato e deve intervenire il settore pubblico. Il settore pubblico fornisce il servizio con una produzione diretta oppure con una delega al settore privato (cui è lasciata la scelta della combinazione dei fattori produttivi) → questo avviene se ci sono bassi costi di transizione e la qualità del servizio è facilmente controllabile; l'intervento del settore no-profit è possibile anche nel caso di produzione/fornitura dei beni e servizi che spetterebbero solo al settore pubblico (a differenza del privato si ha il vantaggio che non vi è l'obiettivo della massimizzazione del profitto).
Un fenomeno che è veramente cresciuto moltissimo è stato quello della “privatizzazione a metà”: quello che veniva prodotto e fornito dagli enti locali adesso viene solo più fornito ma non prodotto è questo è particolare perché è visibile con delle semplici analisi di bilancio. Il bilancio degli enti locali è suddiviso in categorie economiche e funzionali. Le prime ci indicano i contenuti economici della spesa (legate ai fattori produttivi utilizzati) mentre le classificazioni funzionali si riferiscono alle funzioni svolte (sanità, ambiente). Osservando i dati, emerge che gli enti locali hanno sempre meno personale e comprano sempre più servizi/beni. La spesa corrente aumenta, i servizi aumentano, quindi le modalità di fornitura di quei servizi sono basate principalmente sull'acquisizione dei servizi dall'esterno. Perché avviene tutto questo? Perché obiettivamente si ha avuto un calo delle risorse trasferite agli enti locali e a fronte di questo gli enti locali hanno visto che rivolgendosi al mercato si riusciva ad avere soluzioni più efficienti. Questa è una tendenza che si è molto accentuata ultimamente. Si noti che deve esistere un rapporto tra spesa per acquisto di beni e servizi e spese per il personale delle amministrazioni comunali tra 1 e 1,40.   

Riprendiamo un po’ alcuni concetti che avevamo sviluppato sulla Scelta tra il pubblico e il privato nella produzione perché è bene che teniamo sempre presente la distinzione tra il concetto di fornitura pubblica e di produzione pubblica. Avevamo visto quando è necessario avere una fornitura pubblica, cioè l’operatore pubblico che decide sostanzialmente la quantità e i prezzi di un bene da fornire, per tutta una serie di motivi, da parte dell’operatore pubblico, che sono prevalentemente questi tre motivi:
- caso del monopolio naturale;
- esistenza di beni pubblici;
- l’ esistenza del consumo minimo di beni (la meritorietà dei beni), cioè lo Stato impone un consumo minimo di un certo tipo di beni. Il caso tipico è quello dei beni culturali.
A questo si potrebbe aggiungere il discorso della redistribuzione che indirettamente quando non si opera attraverso una redistribuzione diretta di risorse, cioè una raccolta di prestazioni coattive attraverso le imposte a cui fa fronte una erogazione di trasferimenti verso soggetti privati in condizioni di bisogno, voi sapete che esiste anche un aspetto redistributivo attraverso la spesa pubblica per certi tipi di servizi.
Quindi abbiamo una fornitura pubblica a cui può far fronte una produzione pubblica o, anche, una produzione privata. Quando c’è produzione pubblica? quando c’è produzione privata? ecco a questo ci soccorre la Teoria dei Costi di Transazione, cioè la teoria che ci dice che per ogni scambio che viene operato nel mercato esistono dei costi. In teoria la produzione ottimale di un bene o di un servizio potrebbe essere fatto distinguendo le varie fasi dell’attività produttiva di questo bene con un operatore finale che acquista le varie componenti dei beni e del servizio e poi le assembla in un bene/servizio finale. Ovviamente gli scambi presentano dei costi, perché bisogna interagire sul mercato, bisogna verificare le caratteristiche dei beni che si comprano e quindi esiste sempre un’ alternativa tra un organizzazione molto frammentata, di cui se ne parlato molto negli ultimi 20-30 anni, in cui viene deverticalizzata la produzione, cioè viene spezzata nelle varie componenti e tanti fornitori contribuiscono ad un aggregatore finale. La Fiat, che qualcosa lo produceva all’interno, adesso compra da produttori finale sia in termini di servizi di progettazione, sia di componenti e così via. Questo ha dei costi e quindi esiste un limite al poter acquistare tutte le componenti da parte del mercato privato. Questo vale molto quando siamo nel caso di una produzione pubblica in cui effettivamente la produzione pubblica in un determinato servizio può essere soggetta a questi fenomeni di deverticalizzazione. Avevamo fatto l’esempio dei servizi sanitari in cui una mensa può essere gestita direttamente dall’ospedale, sia per i malati sia per i dipendenti, oppure il servizio può essere dato in appalto all’esterno. Perché si dà in appalto all’esterno? Perché, ovviamente, quando certi servizi possono essere forniti in condizioni concorrenziali, la situazione concorrenziale garantisce una situazione di maggiore efficienza e quindi  di minori costi anche per l’operatore pubblico. Quindi dal primo punto di vista possiamo fare riferimento ai costi di transazione. Quando è costi di transazione non sono elevati, invece della produzione pubblica, possiamo ricorrere alla produzione privata.
L’altro elemento, che può concorrere alla scelta della produzione privata, fa riferimento alla Teoria dell’Informazione. Questa teoria mette in luce alcune problematiche, alcune insufficienze dei mercati privati quando siamo in presenza di scambi in cui c’è un asimmetria di informazione tra gli operatori che intervengono nello scambio, tra sostanzialmente l’acquirente e il venditore. Questo in via estremamente intuitiva, posto che la teoria dell’informazione è molto complicata e ci sono corsi universitari dedicati solo a questo. A livello intuitivo potete capire che in questi beni e servizi, in cui esiste una forma di asimmetria informativa tra acquirente e venditore, sono tendenzialmente quei servizi in cui è abbastanza difficile valutare la qualità del servizio. Anche qui, a livello intuitivo, uno dei casi più usati per parlare dell’asimmetria informativa è quello riferito ad esempio al caso dei servizi sanitari. Se voi andate da un  medico è ovvio che dovete fidarvi di lui, non è che potere controllare il sevizio che comprate, la diagnosi o la terapia che ci dà. Potete solo controllare ex-post se ha funzionato, però se avete già pagato non potete più fare nulla. Viceversa, se andate a comprare una matita o un pezzo di pane o un pomodoro potete palpeggiare, potete controllare e fare una verifica immediata. Questo, tratto dalla teoria contemporanea, è uno dei punti dell’analisi del settore pubblico, e quindi anche indirettamente nelle analisi della scienza delle finanze, molto importante perché il fenomeno di privatizzazione dei servizi sono emersi non solo a livello nazionale ma sono emersi, anche, a livello locale. Ne parleremo tra un attimo, ma tutto il problema delle public utilities dei servizi pubblici locali, pensate al dibattito, anche,  politico che c’è a livello di privatizzazione dell’acqua, è riconducibile a questi aspetti. La teoria dell’informazione è quella che oggi giorno ha messo in luce alcuni ulteriori aspetti di quelli che vengono chiamati “fallimenti del mercato”. Questi problemi di informazione portano a rendere necessario un intervento pubblico. Questo in generale. Noi stiamo parlando di quando tra produzione pubblica e produzione privata, il bene che comunque deve essere fornito pubblicamente, noi possiamo scegliere l’una o l’altra a seconda dei problemi di asimmetria informativa che noi abbiamo rispetto a quei beni/servizi.

Cosa crea questa asimmetria dell’ informazione? Il fatto che io non so bene cosa compro, sia prima della conclusione del contratto, né so bene cosa succederà dopo la conclusione di un contratto, soprattutto per la prestazione di un servizio. Questa crea delle imperfezioni nel contratto che possono rischiare di fare scomparire quel mercato.
Cosa può succede prima della conclusione di un contratto? Può esserci il fenomeno della cosiddetta “Informazione Nascosta” che porta alla situazione che viene definita teoria di Selezione Avversa. Il caso tipico è quello del mercato di certe tipologie di beni usati, di cui non è facile conoscere bene  ex-ante la qualità o almeno non completamente si riesce a conoscere bene la qualità. Un tipico bene usato è il mercato della auto usate, per cui un consumatore tenderà a non fidarsi dei venditori di auto di buona qualità e quindi si basa sui valori medi delle auto presenti sul mercato che quindi  non tengono conto del valore di certe auto che effettivamente sono molto buone, cioè tutti i valori si schiacciano verso la parte bassa del mercato per questa carenza di informazione preventiva. Quindi, cosa succede? I venditori delle auto migliori, a questo punto, escono dal mercato perché non possono ottenere i prezzi che quelle auto meriterebbero. Il mercato via via si dequalifica e restano solo le auto peggiori. Quindi in assenza di un intervento esterno (intervento pubblico) che serve in questo caso a garantire l’esistenza del mercato, si può assistere all’ estinzione del mercato. Questo vale anche per le assicurazioni malattie perché non è possibile fin dall’inizio sapere bene le condizioni di salute di una persona che tende a nasconderle, quindi le compagnie devono spendere di più e comunque aumentare le tariffe. Le persone sane, aumentando le tariffe, sono disincentivate e quindi abbiamo questa selezione avversa di scrematura dei migliori del marcato.
L’Azione Nascosta è invece un fenomeno che nasce dopo la conclusione di un contratto ed è legato al fatto di non poter conoscere il comportamento che può avere uno dei contraenti dopo la conclusione del contratto, un comportamento che è legato alla prestazione connessa al contratto. Soprattutto nel caso dei servizi, il caso tipico è quello delle assicurazioni: l’assicurazione contro gli incendi, l’assicuratore non è in grado di conoscere il comportamenti preventivi rispetto all’incendio dell’assicurato e quindi questo ci può potare agli stessi fenomeni che abbiamo visto nella selezione avversa. A maggior ragione l’assicurazione contro la disoccupazione, perché l’assicuratore non è in grado di capire se una persona cerca attivamente il lavoro dopo aver firmato il contratto, quindi il marcato rischia di scomparire.
Tutto questo è legato al nostro punto di vista perché le soluzioni che vengono trovate rispetto a questa problematica sono tutte soluzioni di intervento pubblico e questo è interessante in termini di regolamentazione: - la legislazione obbligatoria per la garanzia dei prodotti è un esempio; - lo sviluppo di forme di contrattualistica adeguata, contratti con pagamento condizionato all’adeguatezza della prestazione;  - la costruzione di rapporti di fiducia tra le parti (es. non-profit): questo è un aspetto non facilmente codificabile però, ad esempio, po’ rientrare nell’aspetto che ci interessa a noi. Ad esempio nei concetti di produzione pubblica/produzione privata di un bene fornito pubblicamente. In certi casi si può pensare anche ad una produzione privata in presenza di difficoltà di asimmetrie informative quando siamo in presenza di istituzioni non-profit, cioè le istituzioni non-profit creano un rapporto di fiducia nel senso che essendo dei soggetti senza finalità di lucro per prestare un servizio sanitario-assistenziale si ipotizza che ci sia una motivazione non puramente economica e quindi il settore pubblico può avere un rapporto fiducia  e quindi in questo caso privatizzarlo perché probabilmente il settore non-profit garantisce un maggiore efficienza rispetto ad una produzione pubblica diretta e questa è un ulteriore soluzione. - c’è poi il discorso della reputazione che è un asset intangibile, cioè un po’ come l’avviamento, una cosa che si conquista per cui la fama di un grande medico, i risultati che ha avuto creano un certa forma di prestigio/reputazione che garantisce la qualità. Tant’è vero che la reputazione è un attivo intangibile anche in certi soggetti. Pensate alle stesse banche/istituti di credito che hanno un politica, soprattutto in questi ultimi anni, di investimento in reputazione, che non vuol dire solo fare pubblicità ma fare anche tante altre iniziative (promozioni di fondazioni per l’aiuto dei paesi del terzo mondo). Quindi tutte queste soluzioni richiedono comunque un intervento pubblico, ossia una regolamentazione anche per le professioni (sia sanitarie sia legali). Esiste una regolamentazione pubblica in cui bisogna fare degli esami per essere iscritti negli albi professionali. Questo, se ci pensate bene, è una soluzione pubblica per garantire l’esistenza di un mercato che se no sconterebbe questi grossi limiti di asimmetria informativa. Approfondimenti sulla Teoria Economica dell’Informazione sono contenuti nei testi di economia pubblica.
Dal nostro punto di vista cosa ci comporta la Teoria dell’Informazione?
Ci comporta che se il settore privato fallisce occorre un’ intervento pubblico o di fornitura di beni e servizi pubblici o di regolamentazione; e questo lo abbiamo visto in estrema sintesi: monopolio naturale, bene pubblico, bene meritorio, redistribuzione (redistribuzione attraverso la spesa). Il settore pubblico decide se attuare una produzione diretta oppure utilizzare il settore privato, perché il settore privato qualora ci siano adeguate situazioni concorrenziali, la teoria ci dice che produce ad un livello minimo di costo, cosa che può non fare il settore pubblico non sottoposto a concorrenza. E’ evidente che qui si va in tutta la teoria dei fallimenti dello stato, cioè sul perché le produzioni pubbliche senza competizione portano all’inefficienza e sulle ragioni della privatizzazione.
Quali sono i vincoli che ci servono per garantire una delega alla produzione al settore privato, che però non riproponga gli stessi problemi che avremo con una produzione diretta? Bisogna garantire una condizione di concorrenzialità del mercato, cioè evitare che quel servizio sia prodotto da un monopolista privato. Questo è il grosso problema che sta dietro a tutti i dibattiti attuali sulla privatizzazione delle public utilities (molto sviluppato soprattutto a livello locale). Queste privatizzazioni vanno fatte con determinati criteri che ci garantiscano (gare/ appalti) la vincita del migliore. Quando siamo in presenza di una forma di monopolio naturale la Teoria Economica ha sviluppato il concetto di continuità, cioè noi possiamo trovare una soluzione che ci avvicina a modelli  concorrenziali non dando una garanzia di una gestione complessiva senza limiti di tempo per il soggetto al quale è concesso il servizio. Quindi la soluzione è tendenzialmente quella di tenere la proprietà pubblica delle reti infrastrutturali – è il caso dei servizi pubblici a rete – e affidare in gestione il servizio per un periodo di anni anche secondo le caratteristiche contrattuali che incentivino il soggetto contraente a fare  adeguate politiche di manutenzione e di  investimento. Però tenendo sempre la spada di Damocle che il servizio può essere ritirato.
All’interno di questo schema abbiamo questo fenomeno che non è per fare la Teoria Economica della Privatizzazione ma per studiare bene uno degli strumenti che ha il settore pubblico locale per rispettare il principio di equivalenza. Cioè di dire “possiamo anche mantenere più comuni” perché quei comuni tutti insieme possono imporre un operatore privato che ha una dimensione ottimale.
Noi stiamo vedendo tutte le soluzioni che abbiamo rispetto al fatto che l’applicazione rigida del principio di equivalenza ci imporrebbe la creazione di un numero di soggetti pubblici locali con delle ripartizioni territoriali differenziati pari al numero di servizi che vengono forniti. Perché probabilmente tutti i servizi hanno una dimensione territoriale ottimale differenziale.
Quindi questo discorso dei bassi costi di transazione e la qualità facilmente controllabile è riferita a questi due profili di analisi della teoria economica contemporanea che sono legati alla teoria dell’informazione. Quindi una buona applicazione al settore pubblico locale.
Questo è un ulteriore sviluppo includendo il settore non-profit. Siccome il settore non-profit è caratterizzato nelle sue funzioni obiettivo, nei suoi modelli di comportamento, da una presenza di obiettivi di altruismo, di garanzia di mantenimento del prestigio individuale di quelli che promuovono e sviluppano il settore non-profit (esempio fondazioni caritative). In questo caso c’è un ulteriore alternativa alla produzione diretta, nel caso di servizi con livello qualitativo difficilmente controllabile, con il settore non-profit. Quindi il settore non-profit può intervenire sia nella delega alla fornitura che nel caso della delega alla produzione. Un caso tipico sono i servizi in convenzione dati alle cooperative sociali. Qui poi si potrebbe andare ad approfondire se effettivamente queste cooperative sono non-profit o se lo sono solo formalmente. Quello che è interessante e importante è avere un  quadro complessivo dell’alternativa fornitura/produzione, produzione diretta pubblica, produzione privata per conto del settore pubblico.
Tutto questo è un fenomeno reale che possiamo verificare e quantificare attraverso analisi di bilancio. Tutte le amministrazioni locali devono produrre tutti gli anni i cosiddetti certificati di bilancio sia di tipo preventivo che di tipo consultivo. Le entrate e le spese sono riclassificate in maniera omogenea sulla base di indicazione del Ministero dell’Economia e il Ministero degli Interni, che tra l’altro adesso sono in corso di rielaborazione per l’attuazione delle norme e delle deleghe sul federalismo fiscale che hanno stabilito che bisogna arrivare ad una omogeneità completa dei bilanci di tutti gli Enti Pubblici Subnazionali per controllare la loro controllabilità con il rispetto dei principi contabili, tipo quelli in uso nelle aziende private molto rigorosi. In questa maniera tutti gli indicatori e le variabili che vengono usate per ripartire i finanziamenti agli Enti Locali si basano su dati attendibili evitando dei veri e propri spazi in bilancio che possono ingiustamente privilegiare un Ente Locale rispetto ad un altro.
La classificazione per categorie economiche è una classificazione che ci consente di verificare l’andamento nel tempo del fenomeno della privatizzazione dei servizi pubblici locali, intendendo in questo caso una privatizzazione parziale perché è solo la produzione privata all’interno di una fornitura pubblica. Questo fenomeno lo vediamo da una riduzione delle spese per il personale a fronte di un aumento delle spese per l’acquisto di beni e servizi. Vuol dire che c’è meno personale, tutti i servizi sono ad alta intensità di lavoro a livello locale.          
Lo stesso indicatore ci porta ad avere dei parametri del rapporto tra spese per l’acquisto di beni e servizi e spese per il personale della amministrazioni comunali che dovrebbe oscillare, secondo dei benckmark internazionali tra 1 e 1,4. Queste sono indicazioni che arrivano da istituzioni internazionali, come la banca mondiale che ha favorito in molti paesi più sviluppati fenomeni di privatizzazione di questo tipo per evitare forme di inefficienze produttive molto in uso nei paesi sotto sviluppati a livello di settore pubblico locale.
Noi fino adesso cosa abbiamo visto? Abbiamo ragionato sul tema della distribuzione delle competenze tra i livelli di governo da un punto di vista normativo. Cioè abbiamo detto che bisogna tener conto dei principi, delle economie di scala, controllo delle esternalità, principio di equivalenza. Quindi abbiamo dato delle indicazioni di tipo normativo. Quello che è interessante nell’analisi dell’evoluzione dei sistemi decentralizzati (soprattutto i sistemi federali in senso stretto) è vedere in che misura i dettami della teoria normativa, da un punto di vista economico, vengono rispettati.
In realtà, se andiamo ad analizzare l’evoluzione storica di questi sistemi ci possiamo accorgere che l’evoluzione storica rispecchia solo parzialmente quello che ci ha detto la teoria normativa, anche se certamente degli elementi di conferma ci sono. Ancora una volta ritorniamo su uno dei punti più importanti che è quello che rispetto a quanto ci può dire la teoria normativa di esigenza di una ripartizione esatta delle competenze tra i vari livelli di governo, in realtà quello che noi abbiamo visto nell’evoluzione storica è stata la cresciuta della commistione delle competenze tra livelli di governo nelle diverse politiche. Abbiamo più volte parlato di questo aspetto, che è certamente uno degli aspetti caratteristici dei sistemi decentralizzati contemporanei e, anche, da un  certo punto di visto uno di quelli più difficili da trattare in maniera rigorosa, tant’ è vero che è un fenomeno che è stato studiato non solo dagli economisti ma anche dai politologi (branca della scienza della politica contemporanea che si chiama “relazioni intergovernative”, che studia appunto queste dinamiche e studia anche i modelli istituzionali decisionali che possono consentire un governo efficace di queste dinamiche). Da questo punto di vista uno dei temi più interessanti è il tema dei modelli di conferenza intergovernative. Questo problema della crescita della commistione delle competenze ha avuto come soluzione principale l’identificazione di strumenti istituzionali per governare questa commistione e questo è stato fatto con queste conferenze. Nel caso italiano avete sentito parlare della conferenza stato-regioni, la conferenza stato-città- autonomie locali. Sono organismi rappresentativi in cui quando vengono prese delle decisioni a livello governativo o a proposte di legge o decisioni di incrementazione amministrativa molto spesso queste decisioni devono trovare una mediazione in queste conferenze. Questo garantisce che la commistione delle politiche non vada a stridere, cioè che si trovano d’accordo su modelli, equilibri gestionali, finanziamenti. Questo è un aspetto molto importante che arriva proprio da questo fenomeno. 

Tratto da SCIENZE DELLE FINANZE di Andrea Balla
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