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Il cinema della trasparenza di Bazin

Il cinema della trasparenza di Bazin




La costruzione del concetto di montaggio allargato cui ci siamo dedicati, ci ha nascosto un fatto storico essenziale: se la nozione di montaggio è tanto importante per la teoria del cinema è anche perché essa è stata il luogo e la posta i gioco di dibattiti estremamente profondi e duraturi, tra due concezioni radicalmente opposte del cinema, due grandi tendenze che, sotto nomi di autori e scuole diversi e sotto forme variabili, non hanno mai cessato di contrapporsi in modo assai polemico.

Fondata su una svalutazione del montaggio in quanto tale, e sulla stretta subordinazione dei suoi effetti all’istanza narrativa o alla rappresentazione realistica del mondo, considerate come lo scopo essenziale del cinema; il film ha come funzione essenziale quella di dare a vedere gli eventi rappresentati e non di dare a vedere se stesso in quanto film.
Bazin e il cinema della trasparenza.
Il suo sistema poggia su un postulato ideologico di base, a sua volta articolato in due tesi complementari:
- nella realtà, nel mondo reale, nessun evento è mai dotato di un senso del tutto determinato a priori; è ciò che egli designa con l’idea di una ambiguità immanente al reale.
- il cinema ha come vocazione ontologica quella di riprodurre il reale, rispettando quanto il più possibile questa caratteristica essenziale, producendo dunque delle rappresentazioni dotate della stessa ambiguità, o almeno sforzarsi di farlo. Questa esigenza si traduce in Bazin nella necessità per il cinema di riprodurre il mondo reale nella sua continuità fisica e fattuale.
L’essenziale delle concezioni baziniane sta in quei pochi principi che lo conducono a ridurre considerevolmente lo spazio concesso al montaggio: il montaggio proibito, la trasparenza e il rifiuto del montaggio fuori raccordo.

Tratto da ESTETICA DEL FILM di Nicola Giuseppe Scelsi
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