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Materie prime dall'Europa in Italia nel 1800


L'Italia è povera di materie prime che deve importare.
L'Italia si indebita (la bilancia dei pagamenti è passiva) e ciò non è funzionale allo sviluppo industriale. Ma l'Italia resiste, bilanciando l'acquisto di materie prime con l'esportazione di lavoro: gli emigranti rimandano in Italia i loro salari (rimesse) di valuta pregiata.

Secondo Fenoaltea degli anni 1880-1890 si dice d'accordo con queste posizioni ma dice anche che da sole le rimesse non erano sufficienti. Si deve essere creata una congiuntura favorevole perché si sia verificato il processo di industrializzazione come capacità imprenditoriali, maggiore capacità finanziaria.

Dalla fine dell'1800 si rendono disponibili in tutta Europa molti capitali che non trovano applicazione (investimento) nei paesi stessi (che quindi hanno tassi più bassi) pertanto si spostano in Italia che dà tassi più alti. Ecco che tedeschi, Svizzeri, Francesi e Inglesi vengono a dirigere le nostre industrie.

Lo sviluppo industriale dell'Italia settentrionale è attraverso il modello di grande impresa. Non americana ma europea (siderurgia, meccanica) con oltre 500 operai.

Nel 1850-1860 take-off del centro dove l'industrializzazione avviene invece attraverso la media impresa. Tutte insieme creano dei distretti per settori produttivi. Ad esempio nelle Marche c'è il settore calzaturiero, dei mobili, degli strumenti musicali.

L'Italia meridionale resta indietro per assenza di iniziativa autoctona. Non c'erano cioè imprenditori sufficienti.

Anche i capitali stranieri sono poco presenti al sud rispetto al nord.

Caratteristiche: forte legame con le precedenti attività artigianali ad esempio le filande nelle abitazioni. Non c'è un passaggio netto ma si affiancano le fabbriche all'artigianato. Anche le persone: in famiglia alcuni sono operai mentre altri restavano nell'agricoltura, oppure il sabato e la domenica (ed anche il lunedì, con relativo assenteismo) oppure la sera si facevano i lavori dell'agricoltura.

A Terni negli anni 50 gli operai erano anche coltivatori. Questa iniziale sovrapposizione è tipica dei settori connessi all'agricoltura (es. tessili).

Tratto da STORIA ECONOMICA CONTEMPORANEA di Barbara Pavoni
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