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Il rifiuto del montaggio fuori raccordo

Il rifiuto del montaggio fuori raccordo


La manifestazione più spettacolare di questo rifiuto si legge senza dubbio nel modo in cui egli valorizza l’utilizzo della ripresa in profondità di campo e in piano-sequenza, che secondo Bazin produce un guadagno di realismo. Se infatti il montaggio non può, a suo dire, che ridurre l’ambiguità del reale costringendola ad assumere un senso, a farsi discorso; al contrario la ripresa in piani lunghi e profondi, che mostra più realtà in un medesimo spezzone di film, e che pone tutto ciò che mostra su un piano di eguaglianza di fronte allo spettatore, deve logicamente essere più rispettosa del reale: il découpage in profondità è insomma più carico di senso di quello analitico. Anche in questo caso possiamo notare tali considerazioni derivano comunque da una certa cecità nei confronti di ciò che, nel film da cui esse prendono spunto, verrebbe a contraddirle direttamente: in Quarto potere, ad esempio, la profondità di campo è utilizzata in misura quantomeno uguale per produrre effetti di montaggio e per presentare in eguaglianza tutti gli elementi della rappresentazione; allo stesso modo la lunghezza dei piani nel film è spesso l’occasione per produrre, proprio grazie a numerosissimi movimenti di macchina, delle trasformazioni, anzi delle fratture all’interno stesso dei piani, che somigliano molto da vicino a degli effetti di montaggio.

Tratto da ESTETICA DEL FILM di Nicola Giuseppe Scelsi
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