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La competenza sociale del bambino piccolo


Il bambino piccolo, pur essendo una prole inetta e in una condizione di prematuranza, sia un soggetto attivo, dotato di capacità cognitive specifiche e di meccanismi di autoregolazione, in grado di ricevere ed elaborare le informazioni provenienti dall’ambiente. In particolare, assieme alle capacità percettive, nel neonato risulta particolarmente consistente la competenza sociale.
a) Riconoscimento del volto materno e sorriso sociale. Il neonato manifesta una spiccata disposizione sociale, in quanto capace di porsi rapidamente in relazione con gli adulti di riferimento. Già nell’allattamento appare in grado di stabilire con la madre un’attività coordinata e armoniosa in base a una sincronizzazione reciproca di attività (suzione) e pause. Parimenti, nell’arco ditte o quattro giorni di vita, il neonato è capace di riconoscere e discriminare il volto della madre. Nel corso del terzo mese di vita compare il sorriso sociale come risposta elettiva alla presenza di altri umani. E soprattutto il contatto oculare ad attivare questa forma di sorriso.
b) La condivisione dell’attenzione. Verso i sei mesi di vita si pongono altre importanti premesse per la costruzione della mente culturale. Nel corso dei primi mesi il neonato si limita a interagire in modo esclusivo o con un oggetto o con l’adulto. Si tratta di relazioni diadiche reciprocamente esclusive. A partire dai sei mesi circa compare un nuovo processo: l’infante riesce a estendere e a distribuire le sue risorse di attenzione guardando in alternanza l’adulto e l’oggetto. Da un’interazione soltanto diadica, egli passa così a una interazione triadica e diventa capace d’incorporare il terzo oggetto entro la cornice della relazione con l’adulto.
Questo progresso psicologico è fondamentale poiché conduce alla condivisione congiunta dell’attenzione, grazie alla quale bambino e adulto orientano il loro interesse sul medesimo oggetto-evento. Tale processo comune di messa a fuoco attentiva su qualcosa di esterno alla coppia adulto- bambino consente loro di porre le premesse di ciò che costituirà in seguito la referenza di un discorso o di una conversazione. Ovvero di qualcosa d’altro esistente nel mondo o nella loro relazione in quanto fuoco del loro interesse e attenzione.
c) Il sistema adulto-bambino. La costruzione della mente culturale del bambino piccolo avviene quindi all’interno del sistema interattivo aperto fra lui e gli adulti di riferimento. Ben presto egli interagisce con l’adulto trattandolo come un soggetto animato, ossia capace di agire in modo autonomo, di produrre effetti sull’andamento degli eventi in funzione delle sue azioni, nonché di prendere iniziative.
Il sistema adulto-bambino è in grado di autoregolarsi e di autocorreggersi in funzione degli scopi da raggiungere, capace di costruire e di condividere significati, norme e modelli di comportamento. Adulto e bambino, sia pure con funzioni e in posizioni diverse, contribuiscono entrambi a costruire modelli d’interazione organizzati secondo flussi e sequenze prevedibili e regolari, a produrre situazioni di dialogo e di scambio in quanto gratificanti per se stesse, a elaborare i significati degli eventi cui partecipano. In questo processo si generano qualità emergenti dell’interazione che non sono né prevedibili né deducibili dalle condizioni di partenza.
In tal modo si costruiscono delle cornici consensuali d’interazione, che stabiliscono un accordo reciproco fra i partecipanti. Esse indicano come i partecipanti comunicano l’un l’altro in che modo vadano intese le loro azioni. In funzione di questi processi, il bambino, in qualità di novizio, si confronta e, nello stesso tempo, partecipa attivamente alle strutture di significato, ai sistemi di valori e di credenze, ai modelli di comunicazione e di azione messi in atto dall’adulto in qualità di esperto di una data cultura. Attraverso questi processi bambino e adulto «producono cultura» nel corso delle loro interazioni.
All’interno del sistema adulto-bambino, l’adulto assume la funzione di struttura di supporto, in quanto ha il compito di fornire semplici ed efficaci opportunità al bambino per cogliere il significato culturale di azioni e segni. Nella specie umana l’adulto svolge con continuità e impegno la funzione di scaffolding, ossia di «impalcatura», per favorire lo sviluppo complessivo del bambino e per renderlo un soggetto culturalmente attivo.
La costruzione della mente culturale del bambino avviene in modo in parte prevedibile e in parte casuale. Infatti, la relazione con l’adulto costituisce un processo interattivo continuo, sono parzialmente determinato dai vincoli del contesto e delle cornici consensuali. In parte resta un processo indeterminato, poiché è un sistema aperto e dinamico, in grado di assumere diversi percorsi di senso in funzione degli eventi contingenti e imprevisti.
L’appartenenza a una certa cultura non costituisce un fatto compiuto una volta per tutte. Piuttosto, tale appartenenza è un processo in continuo divenire e un’apertura verso nuove forme di cultura, proprie e altrui.

Tratto da LA MENTE MULTICULTURALE di Anna Bosetti
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