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Nuove virtù?


Il termine nuove sembrerebbe significare una ridefinizione. Mentre il termine virtù si riconduce immediatamente alla complessa pluralità dei soggetti, senza nulla escludere delle loro opere, giudizi e ragioni, comportamenti e atteggiamenti; ne indica la centralità, se pure nella consapevolezza che viviamo in un mondo le cui storie e le cui norme ci precedono e ci orientano.
La modernità cambia i significati, perché il discorso sulle virtù in Europa mantiene continuità per molti secoli e si rifà alle concezioni dell'antichità: all'idea greca di valore, aretè, che determina il significato della virtus romana; modelli che definiscono per l'educazione morale un canone stabile. Virtus, virtù hanno un riferimento a vir, che ne è la radice etimologica e di significato. E, in effetti, la storia che precede è una storia di culture e società che si rappresentano attraverso figure virili, fondanti un percorso di civiltà tutto maschile. Così il soggetto morale della modernità, virtuoso, è un uomo, maschio. Ma questo protagonismo univoco, maschile, è stato messo in discussione e sta ora mutando, nel momento in cui, dagli ultimi decenni del secolo scorso, si sono presentati sulla scena del mondo soggetti imprevisti, nuove donne, con una ricerca su di sé, su passato, presente e futuro del proprio genere, che ricostruisce nuove prospettive di profili morali, di soggetti virtuosi.
Il pensiero del 900, discute e critica la centralità del soggetto e ne frantuma l'unicità.
Ma le donne, da sempre rappresentazione stabile nella cultura occidentale dell'Alterità, svilita e resa innocua dal continuo riferimento alla centralità presunta del modello virile, che ha trasformato diversità in minorità, attraverso lo sviluppo di pensiero plurale dei diversi femminismi, hanno dato corpo e sesso a questa stessa critica, nominando come maschile la centralità del presunto soggetto universale, ridotto così a parzialità, e ponendosi volutamente rispetto ad esso in posizione eccentrica, nomade, marginale.
I soggetti eccentrici stanno dentro e fuori e possono così esercitare critica e autocritica, impegnati in una ricerca di sé continua, che disloca e consente di vivere fuori delle regole. Il soggetto nomade è l’asse portante per una critica di fondo del soggetto unitario, delle identità fisse e rappresenta la capacità di ricreare la proprio dimora ovunque. Il soggetto del margine rifiuta il discorso dell'alterità. Lo spazio del margine è un luogo di creatività e potere, spazio inclusivo e invita l'incontro in quello spazio. Le donne scelgono dunque, alla luce di un'antica esperienza e con il sapere dell'alterità ed eccentricità, uno spazio di critica mai stabilmente definito, sempre da rivedere, perpetuamente decostruttivo rispetto ai concetti di centro, periferia, margine.
La differenza della donna sono millenni di assenza dalla storia; questa assenza consente di ripensare la storia e riscriverla, o meglio scrivere nuove storie, continuamente in divenire. Mutano così le condizioni esistenziali, i pensieri di sé, si moltiplicano le concezioni dei soggetti, certamente non più nominabili come universali, ma neppure come neutri. Mutano le identità sessuate, le relazioni tra donne e uomini, anche i significati dei comportamenti, il valore di pensieri e azioni, le opere, le intenzioni. Muta anche il significato di virtù? Senz’altro va ridiscussa quella radice, vir, che esclude esperienze, vite e saperi femminili. Vi è una tendenza diffusa nelle culture attuali a parlare e rappresentare processi di femminilizzazione della realtà: si propongono valori nuovi come flessibilità, sensibilità, cura e attenzione, in contrapposizione ai valori duri della tradizione maschile, che peraltro continuano a prevalere e governano i luoghi del potere.
Nella loro storia le donne si sono visti attribuire uno spazio piccolo, minore. Escluse dal sapere, potevano divenire buone ascoltatrici e buone allieve. Le virtù femminili erano sapienze nascoste e forme minori dell'essere e del proporsi nella relazione con il mondo. Le donne trovano anche forme di espressione nel tempo, caute uscite allo scoperto: nei romanzi ad esempio, conquistando a poco a poco un genere di letteratura, in cui raccontare le proprie storie e in cui iniziare a elaborare anche i significati delle loro virtù, modeste, legate ai sentimenti, alla vita e agli eventi della quotidianità. Virtù che le hanno rese perdenti, nel teatro delle presenze maschili; ma negli ultimi decenni le virtù minori vengono rivalutate dalle donne come loro opere e sapienze e considerate valori nuovi nella pretesa del divenir donna del contemporaneo. Sono virtù femminili, dunque, ma possono divenire modi di essere anche per gli uomini e in loro trasformarsi in qualità specifiche, differenti, purché gli uomini sappiano riconoscerle e interpretarle anche per sé. Ma, mentre si fanno strada il pensiero, le tendenze e anche le mode del divenir donna, la crisi del maschile nega, perché teme per la propria identità, di riconoscersi in qualità femminili.
Le virtù, così, tra esperienza e conoscenza, segnano la possibilità e il divenire di ciascuno e ciascuna. E, a sua volta, l'educare assolve il compito etico nel momento in cui aiuta il divenire persona di ciascuno.

Tratto da NUOVE VIRTÙ di Anna Bosetti
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