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L'assenza del lieto fine

Nella distopia, il piacere del negativo è in primo luogo esorcistico: evochiamo ciò che ci atterrisce allo scopo di ridurlo alla nostra misura e superabile. La distopia ha però qualcosa di diverso: mentre il modello esorcistico si basa sulla vittoria del Bene, le distopie suonano come un atto di smascheramento.
 
In tal senso, l'assenza di lieto fine non è una perdita di energia, ma un acquisto, come ha spiegato Leopardi in una nota contro il lieto fine. Il lieto fine illude che la giustizia sia fatta; senza lieto fine, invece, il nostro rincrescimento per il cattivo esito non viene sanato, le tensioni rimangono attive e dunque l'effetto è pi˘ profondo. L'assenza di un lieto fine implica l'avvertimento di un esito che però può essere ancora impedito. Avremo, dunque, una sorta di catarsi nella prassi.

La distopia, dunque rifiuta la panacea benefica e punta a far coincidere con la fine del libro con la  la fine del mondo. Possiamo vedere allora nella distopia la forma contemporanea della tragedia: in essa l'uomo fallisce al pi˘ alto grado; l'eroe è un osservatore inutilmente consapevole e travolto.

D'altra parte, Muzzioli riconosce un brivido ironico nella distopia. Ciò perchè l'unica forma di reazione adatta alla catastrofe è l'umorismo. Solo esso è capace di decostruire la catastrofe e rappresentarla dialetticamente. Esemplare il Brecht dei Dialoghi di Profughi che stigmatizza il nazismo a suon di arguzie e paradossi. Il nostro stesso mondo, che si autodistrugge per eccesso di accumulazione, non è altro che un enorme paradosso di dimensione planetaria.

Tale analisi suggerirebbe un intrinseco carattere polemico della distopia. In realtà, per Umberto Eco, apocalittici e integrati sarebbero in realtà come due parti in commedia, complementari e coincidenti. L'apocalittico, alla fine, è anche lui un integrato, sia perchè continua a giovarsi dei meccanismi sociali che condanna, sia perchè consola il lettore, lasciandogli intravedere, sullo sfondo della catastrofe, l'esistenza di una comunità di superuomini al di sopra della media.

Se d'altra parte adottiamo i principi freudiani del contrasto tra principio del piacere e principio di realtà, la distopia sarebbe da mettere in conto al secondo. Il suo esito è talmente spiacevole che si potrebbe parlare di un realismo impressionante. La distopia tratta del non-esistente, ma ci riguarda da vicino. Come Solmi dice per la fantascienza, non è una profezia, una proiezione appassionata dell'oggi. Da questo punto di vista, la distopia è una forma radicalmente storica.

Tratto da "SCRITTURE DELLA CATASTROFE" DI MUZZIOLI di Domenico Valenza
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