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Definizione di piano nel cinema



Il “piano” è variamente definito, e si può individuare come lo spezzone minimo, l’unità di montaggio, o meglio ogni spezzone che scorre ininterrottamente tra la partenza e l’arresto del motore della macchina da presa; la nozione di “piano” è usata per l’ordine di grandezza dell’immagine, in una scala dal piccolo al grande di campo lunghissimo (CLL) – campo lungo (CL) (che costituiscono i “totali”) – campo medio (CM, con scala 1:1 per lo schermo cinematografico) – figura intera (FI) – piano americano (PA, figura umana da testa a ginocchio, inventato dal western) – mezza figura (MF, fino alla cintola) – primo piano (PP, volto) – primissimo piano (PPP, in cui il volto impedisce di percepire l’ambiente) (tutti piani antropocentrici, basati sulla figura umana) – particolari e dettagli (elementi del volto e primi piani di elementi non umani); “piano” è usato anche nel contesto della “mobilità” dell’immagine, con piani “fissi” o “mobili” a seconda dell’immobilità o movimento della macchina da presa, ed infine e soprattutto per quanto riguarda la “durata dei piani”, che per essere tali devono essere riconoscibili e dunque durare almeno 8 fotogrammi (1/3 di secondo), e possono essere molto brevi o molto lunghi, tra cui i “piani sequenza”, nozione che unifica elementi tecnici e narrativi e che indica la rappresentazione di un’azione narrativamente autonoma in un unico piano spazio-temporale (ma non necessariamente di grandezza, con possibili passaggi ad esempio dal campo lungo a quello medio); alcuni propongono di evitare l’uso del termine “piano”, per evitare di incorrere nel suo significato ampio, in quanto anche il “piano sequenza” implica un montaggio in macchina, e ogni passaggio tra piani di diversa grandezza implica un raccordo tra di essi. La segmentazione di un film si basa su criteri spazio-temporali o narrativi, con interpretazioni diverse a seconda del criterio scelto (“sequenze” spazio-temporali o “capitoli”).

Tratto da SEMIOLOGIA DEL CINEMA di Massimiliano Rubbi
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