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Marcello Walter Bruno, la morte del cinema



I FASTI CONCETTUALI DEL POSTMODERNO E LE IMPURITÀ DELLA CRITICA
Marcello Walter Bruno
Il cinema è morto, ed è costretto ad andare in autoanalisi.
Da opera d’arte totale, i film divengono generi televisivi.
Dal classico al moderno, e poi al post-moderno.
Dai film d’arte al cinema d’autore, e poi ad un cinema autoriflessivo ma in maniera più facile rispetto al cinema d’autore.
Quando il cinema collassa nella tv, i registi diventano artisti concettuali.
Il film non più discorso per mezzo della riprovisione, ma sulla riprovisione: prima lo specifico cinematografico era il montaggio, adesso è l’immagine.
Si passa dal film opera al film operazione. Il livello-opera è quello che si coglie sul piano più superficiale, mentre al livello operazione si arriva solo con lo strappo metacritico.
Il metacinema non è altro che un’elaborazione del lutto da parte del cinema stesso. Il metacinema non ha bisogno di interpretazioni perché si interpreta già da solo.
Il critico come stupratore testuale.
Il peccato originale del critico è di credere di essere più furbo e preparato del regista
Per comprendere il cinema postmoderno il critico deve avere un occhio di riguardo per tutta la produzione audiovisiva, altrimenti rischia di vedere opere là dove non esistono che operazioni. Alla critica impressionistica che perde tempo a giudicare l’opera, il metacritico oppone la descrizione del meccanismo messo in atto dall’autore.
I principali metodi del frame-work di Bruno:
1) permettere di spiegare una serie di fenomeni cinematografici molto diversi tra loro, ricorrendo alla rivisitazione del solo concetto della riflessività;
2) trovare spiegazione attraverso una retorica dell’argomentazione molto smaliziata che mescola il piacere dell’ambiguità espressiva con la forza dell’aforisma.
La critica della critica è un momento che segue necessariamente alla definizione del quadro cinematografico postmoderno; primariamente non si devono porre domande all’interpretazione, si devono porre domande sulla riprovisione.
Il cinema si spiega col cinema, e la critica non può che prenderne atto.
Bruno è convenzionalista come spettatore di cinema – il cinema è una convenzione che si spiega solo con il cinema – e anticonvenzionalista come teorico della critica – il cinema si spiega con il cinema, ma la critica non si spiega con la critica, perché si spiega anch’essa con il cinema.

Tratto da CRITICA CINEMATOGRAFICA di Nicola Giuseppe Scelsi
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