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L'indagine filosofica e teologica di Sant’Agostino


Aurelio Agostino nacque nel 354 a Tagaste, nell’Africa Romana, trascorrendo fanciullezza e adolescenza anche a Cartagine. Verso i 19 anni la lettura dell’Ortensio di Cicerone lo spinse alla filosofia e aderì poi alla setta di Manichei. Fu a Milano che, con l’esempio del vescovo Ambrogio, scelse di divenire catecumeno e ricevere poi, nel 387, il battesimo. Egli divenne allora certo che la sua missione era diffondere nella sua patria la sapienza cristiana.
Tra le sue opere maggiori abbiamo Sulla Trinità, Sulla dottrina cristiana, Sulla Genesi alla lettera e la sua opera più vasta, la Città di Dio. Intorno al 400 compose i 13 libri delle Confessioni, l’opera chiave della sua personalità di pensatore. Nei Soliloqui, Agostino dichiarava di voler conoscere Dio e l’anima. Ma Dio e l’anima non richiedono per Agostino due indagini parallele o diverse. Cercare l’anima significa cercare Dio.
La teoria agostiniana dei rapporti tra fede e ragione è sintetizzata nella duplice formula crede ut intelligas (credi per capire) e intellige ut credas (capisci per credere). Dunque, per far filosofia in modo corretto e trovare la verità, è indispensabile credere. Viceversa, per avere una salda fede è indispensabile comprendere ed esercitare l’intelletto, cioè filosofare.
Contro lo scetticismo, Agostino sostiene che non è possibile dubitare e ingannarsi su tutto, poiché se dubitiamo sull’esistenza, dobbiamo per forza esistere: se m’inganno vuol dire che sono. Il dubbio presuppone dunque, per sua stessa natura, un rapporto dell’uomo con la verità.

Tuttavia, pur essendo nella verità, l’uomo non è lui stesso la verità. Infatti l’uomo, semplice ricercatore della verità, è imperfetto e mutevole, mentre la vera Verità è immutabile e perfetta, ed è Dio. L’uomo non è la Verità, egli ne accoglie una parte come dono. La teoria dell’illuminazione di Agostino sostiene che l’uomo, non possedendo la verità, la riceve da Dio che illumina la nostra mente, permettendo di apprendere. Cristo è dator intelligentiae, artefice della capacità conoscitiva.
Come Platone, Agostino ritiene che nell’uomo esistano delle verità o criteri di giudizio (Bene, Giustizia, ecc.) che non derivano dall’esperienza. Tuttavia, mentre Platone con la teoria della reminiscenza le faceva derivare dal mondo delle idee, Agostino, con la teoria dell’illuminazione, li fa provenire da Dio. Non a caso, il suo famoso motto è: “Non uscire da te, ritorna in te stesso, nello interno dell’uomo abita la verità, e se troverai mutevole la tua natura, trascendi anche te stesso”.
Secondo Agostino, l’uomo presenta una struttura trinitaria: l’uomo è, conosce e ama, proprio come Dio è Essere (il Padre), Intelligenza (il Figlio) e Amore (lo Spirito Santo). L’uomo è così composto da tre facoltà, che riproducono altrettanti aspetti di Dio: memoria, intelligenza, volontà o amore.

Ogni individuo è per sua natura un uomo vecchio, che nasce, cresce, invecchia e muore, ma può diventare un uomo nuovo e rinascere alla vita spirituale. La vera scelta è quella con cui l’uomo decide di aderire all’essere. La causa del peccato è una rinunzia a quell’adesione. Il peccato dunque non ha una causa efficiente ma deficiente: non è realizzazione ma defezione.

Agostino affronta anche il tema della creazione. Dio, che ha nella mente le idee-paradigma, crea dal nulla le cose, immettendo nel creato le ragioni seminali da cui si sviluppano gli enti. Di fronte alla domanda “Cosa faceva Dio prima di creare il cielo e la terra?” Agostino risponderebbe che Dio è l’autore non solo di ciò che esiste nel tempo, ma del tempo stesso. Prima della creazione non c’era tempo: non c’era un prima e non ha senso domandarsi cosa Dio facesse allora.
Nonostante la fuggevolezza del tempo, noi però riusciamo a misurarlo e parliamo di un tempo breve o lungo. Agostino sostiene che noi effettuiamo questa misura nell’anima. Il tempo trova nell’anima la sua realtà: nel distendersi della vita interiore dell’uomo. Partito alla ricerca della realtà oggettiva del tempo, Agostino giunge invece a chiarirne la soggettività.

S. Agostino ha vissuto con tormento il problema del male. Dopo aver in un primo tempo abbraccia-to la soluzione del principe persiano Mani, che ammetteva nel mondo due Principi in lotta eterna tra loro (Bene e Male), egli la riterrà poi insostenibile poiché mette in forse l’incorruttibilità di Dio.
Poiché essere e bene coincidono, il male non può configurarsi che come privazione di bene. In virtù della teoria della non-sostanzialità del male, Agostino può sostenere che Dio non crea il male, ma solo il bene, di cui il male è carenza o privazione. In merito ai mali fisici, Agostino sosterrà che essi sono causa del peccato originale e nell’economia della salvezza hanno un significato positivo.

La seconda polemica di Agostino è contro il donatismo, secondo cui la Chiesa è una comunità di perfetti che non deve avere contatti con le autorità civili. Agostino, per contro, affermerà, che la comunità dei fedeli non può essere ristretta a una minoranza di persone che si isola dall’umanità.
La terza polemica è contro il pelagianesimo. Secondo Pelagio, l’uomo, sia prima che dopo il peccato di Adamo, è naturalmente capace di operare virtuosamente senza bisogno del soccorso straordinario della grazia. Agostino reagirà affermando che con e in Adamo ha peccato tutta l’umanità e quindi il genere umano è una massa dannata. Per giustificare la trasmissione del pec-cato, egli propose non il creazionismo (non si può ammettere che Dio crei un’anima dannata), ma il traducianismo, per cui l’anima viene trasmessa di padre in figlio con la generazione del corpo.

Il primo libero arbitrio, dato ad Adamo, consiste nel poter non peccare. Perduta questa libertà per la colpa originaria, che costringe l’uomo a non poter non peccare, l’individuo può vincere il peccato solo con l’aiuto della grazia divina. L’ultima libertà che Dio darà è quella di non poter peccare.
La dottrina agostiniana della grazia dà luogo ad una serie di complessi interrogativi. Posto che la grazia divina sia indispensabile ci si domanda se essa è concessa a tutti o solo ad alcuni. Agostino oscillerà tra due esigenze: da un lato quella che consiste nell’ammettere che Dio concede a tutti la grazia sufficiente alla salvezza, pur lasciando a tutti la possibilità di perdersi; dall’altro quella che consiste nell’esaltare la potenza della grazia quale dono gratuito concesso solo ad alcune anime.
Mentre il filone ortodosso del cattolicesimo insisterà sulla prima alternativa, il filone protestante preferirà insistere sulla seconda sino a giungere, con Calvino, alla teoria della predestinazione doppia, secondo cui Dio predestina alcuni alla salvezza ed altri alla perdizione.
Nella Citta di Dio, Agostino afferma che la vita dell’uomo singolo è dominata dall’alternativa fondamentale: vivere secondo la carne o secondo lo spirito. La stessa alternativa domina la storia dell’umanità, costituita dalla lotta di due città o regni: la città terrena o del diavolo, che è la società degli empi, e la città celeste o città di Dio che è la comunità dei giusti.

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