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Il cinema tedesco degli anni '30


In Germania è il teatro brechtiano a salvare il cinema. Il modo di fare teatro di Brecht aveva abituato gli attori a comportarsi naturalmente davanti alla cinepresa ed ai microfoni, esprimendo il massimo della verità. Tralasciando le operette  e le commedie musicali, la cui volgarità artificialmente pimpante fece la polarità dello stile UFA, nacquero in Germania moltissime opere capitali, in presa diretta sulla realtà, che lanciavano ripetute grida di allarme per il viscido, strisciante, dilagante instaurarsi legale della tirannia nazista.
In particolare ricordiamo L’angelo azzurro di Josef von Sternberg, nel 1930, con una conturbante Marlene Dietrich. Un severo professore di liceo che viene lentamente trascinato nella rovina dalla bella Lola – Lola. Un film indimenticabile per le cupe atmosfere del tabarin, e per il messaggio di fondo della pellicola: il disfacimento del vecchio decoro borghese della società tedesca sotto l’impulso di desideri e fantasie che non si lasciano imbrigliare nelle leggi e nelle convenzioni sociali.
Ci sono anche opere totalmente svincolate da concetti espressionisti, che testimoniano con forza l’ultimo sussulto delle energie creative dei registi tedeschi, come M – Il mostro di Dusseldorf, uscito nel 1931 con la regia di Fritz Lang.
Fu per lungo tempo il film più famoso di Lang, apprezzato sia per il tema, sia per la straordinaria interpretazione di Peter Lorre, sia per lo stile visuale del regista. L’assassino Hans Beckert è un criminale annegato nella folla ordinaria; un uomo la cui mediocrità lo rende ancora più insaziabile e terrificante. Un uomo talmente opaco che diventa impossibile da comprendere, e quindi da giudicare.
Il film, intelligentemente, non è basato sull’assassino, ma sul contesto e la reazione sociale. In breve quel che accade è una metafora antinazista scopertissima, dove il mondo della malavita appare molto più rassicurante ed efficiente di quello rappresentato dalla legge e dallo Stato.
La maggior parte degli artisti però emigra dalla Germania. Nel 1933 Hans Steinhoff firma il film Il giovane hitleriano Queux. Ormai l’UFA beneficia di un monopolio assoluto. Goebbels trasforma l’arte cinematografica tedesca in pura propaganda nazista; la produzione cinematografica raggiunge livelli qualitativi bassissimi. Nel 1946 produrrà solo cinque film all’anno.

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