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La globalità della politica nazista di sterminio


Per poter analizzare le motivazioni dei responsabili locali del genocidio e il tacito consenso di una probabile maggioranza di una popolazione spettatrice occorre prendere in esame i rapporti che intercorrevano tra le comunità alla vigilia della guerra contro l’URSS e il complesso ruolo giocato dalla memoria delle violenze subite in passato. L’antisemitismo si inserisse in una politica razzista globale che andava ben oltre, combinandosi con progetti igienisti, demografici, sociali. La continuità tra il primitivo programma eugenetico, la politica di normalizzazione sociale di cui gli zingari furono le vittime principali e l’utopia dell’unificazione etnica dell’Europa centrale e orientale la cui conditio sine qua non era la scomparsa degli ebrei. Il genocidio fu il prodotto di molteplici apporti sociali tra cui quello di una folta schiera di esperti, scienziati, medici, biologi, giuristi, urbanisti e geografi sensibili alle parole di Hitler: “non bisogna avere pietà di persone che il destino condanna a morire”.
Secondo la concezione nazionalsocialista l’uomo è solo un anello della catena della natura viva, e ciò comporta una conseguenza determinante: dato che l’uomo è parte integrante della natura, il concetto di umanità è un nonsenso. Il terzo Reich intende porre al centro delle proprie preoccupazioni la natura, la vera natura selvaggia che deve essere sottratta alle aggressioni della cultura artificiale, provocate dalla modernità, al liberismo economico e alla filosofia del progresso, responsabili di aver trasformato l’uomo nell’essere antinatura per eccellenza. Il Terzo Reich sottrarrà alla natura i suoi diritti in tutti i campi e dunque sopprimerà tutto ciò che ostacola la vita. La biopolitica nazista persegue 2 obiettivi: rafforzare la salute della popolazione nel suo complesso e eliminare le influenze che nuocciono allo sviluppo biologico della nazione. Era una politica sanitaria a 360 gradi: per attuarla il regime ha l’appoggio di una comunità medica e scientifica che condivide la stessa visione biologica della società. I nutrizionisti sconsigliarono l’uso dei coloranti e conservanti negli alimenti, lo stato condusse campagne contro il tabacco, tutte misure per fare una vera e propria guerra contro il cancro che diventava la metafora di tutti i mali della società. La biopolitica aveva due facce: quella positiva fatta di lotte sanitarie per la vita e quella negativa che insegue fattori di degenerazione e influenze nocive. Viene abolito il confine tra malattia, deviazione sociale e tara razziale e il successivo sterminio dei malati di mente, degli zingari e degli ebrei appare nella usa giusta luce. La legislazione autorizzava la sterilizzazione di persone affette da malattie ereditarie e vieta loro il matrimonio così come le leggi di Norimberga proibivano agli ebrei di sposarsi con i cittadini tedeschi. Viene ordinata la liquidazione fisica dei malati di mente come applicazione dell’eutanasia (il programma è chiamato Aktion t4). Poi si iniziano a selezionare individui in cattive condizioni di salute che sono rinchiusi nei campi di concentramento e poi trasferiti nei centri di eutanasia.

Tratto da IL SECOLO DEI GENOCIDI di Filippo Amelotti
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