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Transfert: fenomeno diffuso


Allora può valere un’analogia assolutamente nel merito tra transfert come fenomeno diffuso in qualunque tipo di legame e counselling,
Tutto ciò che avete imparato sul counselling va benissimo a patto che lo ricollochiate dentro la dimensione etica, chiarita la quale poi potete far quel che volete a seconda, mi viene da dire, della vostra inclinazione.
Voi non potrete mai ripulire integralmente una consultazione dal vostro stile come il lessico, perchè sono cose che ci appartengono, ci hanno tessuto profondamente non si possono cambiare.
Allora arriviamo a impostare la consultazione quando in qualche modo siamo formati al poter lavorare al positivo con quello che noi siamo,
In qualche modo dobbiamo forzarci ad assumere una dimensione critica, non è immediato noi volentieri ci riposiamo su quello che è più facile, perché la mente è abituata a classificare e quando classifica non va per il sottile.
Ci sono, in altri termini, degli inganni della percezione, su cui volentieri chiudiamo gli occhi, come uomini della strada , tutti gli studi sul pregiudizio sono lì a testimoniarlo.
Lewin è partito esattamente dalla questione del pregiudizio, quindi dalla facilità con cui i soggetti anche acculturati e critici quindi ben informati, cedevano a una percezione distorta, un pregiudizio.
Per poterci costruire una visione del mondo utilizziamo in fondo delle tecniche relativamente difensive, è che noi come clinici  invece andiamo a toccare non la genericità di una classificazione perché la percezione che un soggetto ha di sé, quello che reputa malessere o benessere non sono affatto modalità semplicemente classificatorie
Dunque se l’ambito cognitivo più generico è sicuramente, difensivamente io dico classificatorio l’ambito che ci riguarda come clinici quindi l’ambito per cui la persona che abbiamo davanti valuta e sente.
l’ambito clinico va a scoprire va a sollecitare che cosa? esattamente il punto sorgivo della percezione e della struttura cognitiva in quanto è direttamente implicata con quella libidica. Quando diciamo che il fantasma  è una rappresentazione che tiene conto dell’Altro, diciamo né più né meno che  è una struttura cognitiva.

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