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"Il piacere del testo" di Barthes. Terzo senso e travestimento


Barthes abbandona l’idea che nei sistemi di significazione tutte le parti siano riconducibili ad un tutto organico, e anche la concezione, formulata dai formalisti degli anni ’20, che le metafore visive siano comprensibili solo sulla base di una precedente verbalizzazione; ne "Il piacere del testo" Barthes propone l’idea che i significanti non siano correlabili fino in fondo a dei significati, e che oppongano una “resistenza” a tradursi in significato, rimanendo così parzialmente fuori dalla significazione, e Kristeva affronta il problema della “immagine speculare”, in cui c’è un eccesso di significante, non riducibile all’identità del proprietario dell’immagine, analizzandola in termini semiotici e psicanalitici; se nella significazione c’è ancora il rapporto significante / significato, nella significanza rimane solo un significante relativamente autonomo, e alcuni ritengono ciò un fondamento dell’arte contemporanea. L’autonomia del significante è presupposto di "Il piacere del testo", che si occupa della “texture” (tessitura), come in un tessuto la cui trama si percepisce solo da una certa distanza; il piacere del testo deriva dalla “discrezione”, da uno sguardo abbastanza da vicino per vederne la trama testuale, la sua compitura e i suoi nodi, ossia la “grana della scrittura”, tenendo conto che per Barthes tutto è testo; alla fine del saggio c’è un esplicito richiamo al cinema, con la descrizione di un primo piano e la sua esaltazione perché permette la visione ravvicinata del volto dell’attore e della sua voce (primo piano anche sonoro); in questo quadro di superamento dei canoni della prima semiologia, Barthes parla del “terzo senso”, un significato non riconducibile al codice, e l’angolo acuto, rinviando alla perpendicolare, è simbolo di chiusura, mentre quello ottuso, opposto ad ovvio, rimanda al tondeggiante ed è simbolo di apertura e fuggevolezza, che sfugge mentre l’ovvio viene incontro; analizzando il fotogramma di “Ivan il terribile”, Barthes applica anche il concetto di “travestimento”, tipico di Eisenstein e legato alle limitazioni impostegli dall’ambiente in cui lavora, ed il terzo senso ha a che fare con il “punctum” e non con lo “studium”, per rifarsi ad una categorizzazione barthesiana, ossia con un dettaglio che fa scattare dei collegamenti riferiti all’unicità del soggetto e non con la totalità dell’immagine che suggerisce un desiderio per qualcosa di cui l’immagine stessa è surrogato, in una forte valorizzazione della soggettività dell’analista; Barthes si interroga poi sul rapporto tra fotogramma e resto dell’opera (introducendo quasi per la prima volta il concetto di “palinsesto” nel discorso sulle comunicazioni di massa), ed il frammento consente di cogliere meglio la significanza.

Tratto da SEMIOLOGIA DEL CINEMA di Massimiliano Rubbi
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