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La dinastia Tang

La dinastia Tang 

Il fondatore dell’onorata dinastia Tang fu Li Yuan, un aristocratico settentrionale il cui casato -come del resto quello dei Sui- aveva probabilmente lontane origini barbare. Grande generale Liu Yuan servì fedelmente i sovrani Sui, ma durante il confuso periodo fra il 615 e il 617, durante il quale continue ribellioni e scorribande dei turchi nel Nord agitavano l’Impero, egli si convinse della necessità di fondare una nuova dinastia, che sapesse riportare l’ordine e la sicurezza in Cina. In questo progetto egli agì con grande pianificazione, assicurandosi dapprima l’alleanza con i turchi orientali, dichiarando che il suo obiettivo era di stabile relazioni amichevoli fra essi e l’Impero, e poi attaccando la capitale imperiale e insediando al trono un nipote di Yang Guang con il titolo di Imperatore Supremo in Ritiro, mentre Yang Guang veniva ucciso da suo figlio. Nel quarto mese del-l’anno successivo (618) si decise infine ad assumere personalmente il titolo imperiale, fondando la dinastia Tang.
Al momento della fondazione della nuova dinastia la situazione nei territori dell’Impero era tutt’altro che normalizzate, più di duecento organizzazioni piccole e grandi, operavano con forze militari proprie e proclamavano scissioni e nuovi imperatori. La riunificazione fu un’impresa assai difficile e richiese tutta l’abilità di Li Yuan (cui sarebbe stato attribuito il nome postumo di Gaozu). Egli seppe essere clemente e spietato al tempo stesso, uccidendo senza pietà i nemici più pericolosi e perdonando quelli minori che si fossero arresi spontaneamente; mantenne anche ai loro posti tutti i funzionari Sui. Nel 624 l’Impero poteva dirsi del tutto pacificato.
Nel 626 Li Yuan cedette il trono al figlio Li Shimin, passato alla storia con il nome di Taizong. Sebbene l’ascesa al trono di Taizong sia legata ad un fatto di sangue (probabilmente egli fece assassinare i suoi fratelli maggiori), il suo regno fu ricordato come un modello di saggezza e virtù dalle successive generazioni in Cina e anche nei regni confinati. In particolare si elogiava la perfetta fusione realizzata fra le virtù militari e quelle civili e i suoi rapporti con i ministri, che interpellava su tutte le questioni importanti, stimolandoli ad esprimere un pensiero critico. Egli sceglieva i suoi ministri in base alla loro rettitudine, preoccupandosi che essi intendessero agire solo nell’interesse generale e non per ambizioni personali o famigliari. Celebre è il caso del confuciano Wei Zheng, che prima di entrare al suo servizio era consigliere di suo fratello maggiore. 
Sotto il regno di Li Shimin l’Impero tornò ai fasti dell’epoca Han, affacciandosi sulla scena mondiale come la massima potenza del continente euroasiatico. Le linee fondamentali della politica estera non conobbero sostanziali mutamenti rispetto al regno di Yang Guang; la differenza stava nel fatto che ora la situazione interna era molto più stabile e il governo poteva disporre di risorse più ricche e di uomini più preparati. Una questione aperta rimase il regno di Koguryo che riuscì a sottrarsi ancora una volta alla conquista. 
Il problema dei turchi orientali venne invece risolto in maniera più radicale. Sotto il regno del padre i turchi erano stati tenuti a bada tramite l’invio di ricchi doni e attraverso larghe concessioni, spesso lesive dello stesso prestigio dell’Impero. La loro pressione ai confini non era però diminuita, ma si era anzi fatta sempre più minacciosa, arrivando a culminare nell’invasione del Nord da parte delle truppe dell’imperatore barbarico Xieli nel 626, quando solo il pagamento di un ingente riscatto aveva convinto i turchi a risparmiare la capitale cinese e a rientrare nei loro territori. Fra il 627 e il 628 il dominio dei turchi orientali fu però scosso dall’insurrezione di uno dei popoli a loro sottomessi e da una serie di lotte interne. Li Shimin ne approfittò inviando contro i turchi dell’imperatore Xieli un esercito di centomila uomini: nel 628 fu riconquistato l’Ordos e nel 629 lo stesso Xieli veniva catturato e condotto come ostaggio in Cina. Nel 630 Li Shimin veniva addirittura proclamato imperatore dei turchi orientali. Molti capi tribali che gli erano stati alleati furono ricompensati con gradi e ruoli nell’esercito imperiale mentre un gran numero di contadini turchi venivano trasferiti nella capitale o nelle province di confine. 
Vinta la partita con i turchi orientali Li Shimin volse il suo sguardo ad Ovest, alle antiche province cinesi del Gansu e del Bacino del Tarim, ormai da secoli sotto l’influenza dei turchi occidentali. Essi avevano costituito una potente confederazione, estesa dalla Persia fino all’Ordos, ma nel 630 la loro posizione si era indebolita a causa dello scoppio di una faida che ne aveva diviso le forze in due fazioni rivali. Li Shimin volle cogliere l’occasione favorevole e nel 640 l’intero Bacino del Tarim fino alla catena montuosa del Tian Scan ritornò ad essere Protettorato Generale cinese. 
Come già accennato sotto il regno di Li Shimin la Cina tornò ad essere la maggior potenza mondiale. Nella capitale imperiale, Chang’an, giungevano doni ed ambascerie non solo dai regni confinati, ma da ogni parte dell’Asia. Abbiamo notizia di ambascerie arrivate dai Guligan della Siberia centrale, Kirghisi degli Urali, dalla Persia sasanide nel 638 e dalla Siria bizantina nel 643. A questo periodo risale anche l’instaurazione di contatti diplomatici stabili l’Impero e il Regno tibetano del re Srong-btsan, che proprio in quegli anni era riuscito a riunire le bellicose tribù tibetane in una potente confederazione che si estendeva negli immensi territori dell’odierna provincia del Tibet. 
L’unico insuccesso di rilievo fu, come già accennato, il fallimento della conquista della Corea, che resistette all’assalto di ben due grandi corpi di spedizione, nel 645 e nel 647; solo la morte di Li Shimin nel 649 impedì l’invio di un terzo corpo di spedizione, questa volta previsto nella misura di 300'000 uomini. 

L’IMPERATRICE WU

Nel 649 a Li Shimin succedette il figlio Li Zhi, noto alla storia col nome di Gaozong. Il suo regno non vide mutamenti di rilievo rispetto a quello paterno, anche il governo fu dominato dagli stessi personaggi. La situazione cambiò però in maniera drastica a partire dal 655, quando fu proclamata imperatrice Wu Zhao (Wu Zetian). Questa era la figlia di una potente famiglia dello Shanxi ed era stata concubina di Li Shimin, poi, alla morte di questo, si era ritirata in un tempio buddista come era costume a quei tempi; ne era però quasi subito uscita su ordine di Li Zhi, il quale aveva sempre nutrito per lei una segreta passione. Le fonti storiografiche, tutte ostili a Wu Zetian, descrivono accuratamente gli intrighi che le avrebbero consentito di ascendere da semplice concubina a imperatrice. E certo in ogni caso che il governo e la corte si divisero in fazioni avverse sulla questione della sua nomina e che nel giro di pochi anni tutti coloro che le si erano opposti persero la vita o furono costretti ad uscire dalla scena politica.
Nel 660 l’imperatore Li Zhi fu colpito da una grave paralisi e perse quasi completamente la vista; Wu Zetian lo sostituì in tutte le mansioni di governo, svolgendo un ruolo dominate a corte. Li Zhi sarebbe infine morto nel 683 e il trono sarebbe andato al figlio Zhongzong, il quel tuttavia aveva l’obbligo -espresso nel testamento dal padre- di consultarsi con Wu Zetian in merito a tutte le faccende che non fosse stato in grado di risolvere da solo. Non molto dopo, quando il nuovo imperatore elesse a primo ministro il padre della sua consorte (dimostrando quindi di subirne l’influenza), l’imperatrice vedova -con l’appoggio di un autorevole membro del governo- ritenne che Zhongzong avesse disobbedito agli obblighi testamentari e lo fece destituire insediando al trono il fratello di questi, Ruizong. Con questo atto di estrema gravità -considerato illegittimo dalla storiografia ortodossa successiva- l’imperatrice diventava anche ufficialmente la suprema autorità dell’Impero. 
Una rivolata fallita circa un anno dopo fu usata a pretesto dall’imperatrice per istaurare un vero e proprio regime del terrore, grazie al quale riuscì a ridurre, sia corte che nell’amministrazione, il peso dei suoi molti avversari politici: gran parte dell’aristocrazia la riteneva infatti un’usurpatrice. Io clima di terrore travolse anche chi l’aveva aiutata a salire al potere; nel complesso salirono al governo una serie di uomini nuovi e la sua autorità fu difesa come indiscussa: nel 688 un ministro che si era rifiutato di applicare un provvedimento sprovvisto della necessaria ratifica venne costretto al suicidio. Nel 690, dopo una campagna propagandistica preparatoria, Wu Zetian si accinse al passo decisivo ed istaurò una nuova dinastia per la quale scelse il prestigioso nome di dinastia Zhao. Era la prima volta -e sarebbe stata anche l’ultima- che una donna saliva al trono imperiale. 
Benché aspramente condannato dalla storiografia ufficiale di tendenza confuciana, il regno dell’imperatrice Wu non può essere considerato solo negativamente poiché esso assicurò comunque la continuazione del potere imperiale e perché contribuì al consolidamento del sistema degli esami per il reclutamento dei funzionari. Stabilito già sotto i Sui per emulare le istituzioni Han, tale sistema era stato mantenuto in vita anche dai Tang, ma sempre in una posizione sostanzialmente marginale (durante il regno di Li Yuan i funzionari con il titolo accademico erano il 7%; sotto Li Shimin il 35%). Durante il regno dell’imperatrice la percentuale fu portata a 40, ma fu sopratutto aumentato in maniera significativa il numero dei funzionari di grado elevato in possesso del titolo, cosa che contribuii notevolmente a definire la nuova tendenza. La preferenza dell’imperatrice per il sistema degli esami è stata variamente interpretata; comunque la cosa più impostante è che questa politica favorì la formazione di uno spirito di corpo fra i “funzionari diplomati”, in antitesi a quelli che occupavano le stesse posizioni grazie alla nascita. Ciò comunque non significava necessariamente che i funzionari diplomati fossero più onesti o più competenti degli altri, ma solo che si sentirono maggiormente investiti dalla loro funzione. 
Sul problema della sua successione l’imperatrice Wu si mosse con cautela, consapevole dei difficili equilibri che si vivevano a corte, dove la sua famiglia aveva solo di recente acquisito una certa forza. Infine, nel 698, prese la risoluzione di nominare suo erede il figlio Zhongzong, lo stesso che proprio lei aveva esautorato alcuni anni prima. Wu Zhou abbandonò il trono nel 705, quando un colpo di stato nobiliare la costrinse ad abdicare ed insediò nuovamente Zhongzong al trono. L’ex imperatrice sarebbe morta poco dopo mentre la sua dinastia si esauriva: il ritorno di Zhongzong fu infatti considerato come una restaurazione della dinastia Tang. 
La politica estera di Li Zhi e poi di Wu Zhao non si distinse -come già accennato- da quella dei loro predecessori. Essi ottennero anche un impostante successo, riuscendo a sconfiggere nel 668 il regno di Koguryo, che era stato l’unico fallimento di Li Shimin. Alleati al regno di Silla (anch’esso situato nella penisola coreana), i cinesi attaccarono in forze sia per terra che per mare, favoriti anche dallo stato di instabilità interna in cui versava in qual momento il governo di Koguryo, riuscendo a catturarne il sovrano, il quale fu condotto prigioniero dinnanzi alla tomba di Li Shimin a Chang’an nel corso di una solenne cerimonia. Sarebbe però fallito il progetto di amministrare direttamente i territori conquistati, i quali sarebbero confluiti nel 676 nel regno di Silla che in pochi anni sarebbe riuscito a realizzare l’unificazione della Corea. Il nuovo stato coreano comunque subirà l’influenza culturale cinese, le sue istituzioni risulteranno modellate su quelle Tang; dalla Corea inoltre, la cultura cinese si diffonderà in Giappone, dove eserciterà una fortissima influenza. 
Un altro successo fu quello in Asia centrale. Sotto la guida di un nuovo imperatore i turchi occidentali (che si erano riunificati dopo la morte di Li Shimin) erano riusciti a riassumere il controllo di tutto lo Xinjiang cinese. Tuttavia nel 657 l’esercito imperiale riuscì ad infliggere una disastrosa sconfitta ai turchi occidentali, che furono nuovamente spezzati in due tronconi e costretti a versare tributi. Per un breve tempo la sovranità cinese si estese a tutti i loro territori, portando la sfera d’influenza imperiale fino ai confini della Persia, cioè estendendola in pratica a tutta l’Asia centrale. 
Si trattò però dell’ultimo grande successo. In questo periodo infatti i cinesi dovettero confrontarsi con un nuovo problema, destinato ad avere un grande peso nei secoli successivi: l’espansionismo tibetano. Nel 663 i tibetani occuparono l’attuale provincia montuosa del Qinghai, spingendosi fino a minacciare anche il Gansu. Nel 670 occuparono i territori del Protettorato Generale per la pacificazione dell’occidente (Xinjiang) sconfiggendo nettamente l’esercito che era stato inviato a bloccarli. Una nuova armata cinese fu completamente sbaragliata nel 678 e solo successivamente l’Impero riuscì a riassumere il controllo del Bacino del Tarim. Nel 700 un nuovo attacco tibetano venne respinto ma per rendere sicure le province nord-occidentali fu necessario stanziare in permanenza ingenti contingenti nel Gansu sostenuti da colonie militari. 
Ulteriori problemi coinvolsero i confini settentrionali a causa della riprese dell’aggressività delle popolazioni barbariche, soprattutto nello Xinjiang e nella zona di Ordos. Varie scorrerie si verificarono nello Shanxi, nello Shaanxi e nel Ningxia; per contrastarle l’impero fu costretto ad allestire un  costoso sistema di difesa. Grandi disordini si ebbero poi nella Manciuria meridionale e nell’Hebei, che furono invasi da truppe barbariche. Esse furono cacciate da un esercito turco-cinese nel 696, ma l’Impero doveva sopportare una difficile situazione, costretto a mantenere costosi sistemi difensivi lungo le frontiere settentrionali e con l’insidia tibetana ad Ovest.

Tratto da STORIA DELLA CINA di Lorenzo Possamai
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