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Schema senso-motorio e ottico-sonoro del cinema in Deleuze


Deleuze parla di schema senso-motorio per il cinema classico (Ford) e di schema ottico-sonoro per quello moderno (Antonioni); Deleuze parla del cinema come forma di pensiero in sé, un cinema di natura filosofica e di cui non compie né una storia né una teoria, né cui applica la semiotica peirciana; i riferimenti filosofici (Bergson e Peirce) sono usati con notevole libertà. Deleuze critica la semiologia linguistica di Metz, secondo cui il cinema è un linguaggio, e tale asserzione è motivata da un fatto (il passaggio ad una narrativa lineare) e un’approssimazione (la considerazione di ogni immagine come enunciato); Deleuze critica tale approccio sintagmatico perché motivato dalla natura di enunciati delle immagini, definita però dalla sintagmatica stessa, in un “circolo vizioso” che si risolve considerando le immagini non come enunciati e il film non come un testo; la narrazione non rinvia a codici di cui è applicazione (“fenotesto” che rinvia a un “genotesto”), ma è conseguenza diretta delle immagini e non dato, frutto della loro composizione organica attraverso il montaggio e al loro interno; il cinema non ha perciò natura linguistica, e ciò in base alla natura del movimento nell’immagine, sicché l’immagine è non “enunciato” ma “enunciabile”, esprimibile linguisticamente ma la cui natura è di pensiero.

Tratto da SEMIOLOGIA DEL CINEMA di Massimiliano Rubbi
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