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La fase dell'incorporazione del diritto del lavoro nel diritto privato e nel codice del 1942

La fase dell'incorporazione del diritto del lavoro nel diritto privato e nel codice del 1942 

Con il passare del tempo si intuisce che la disciplina del diritto del lavoro non può più essere configurata all'interno di norme eccezionali, ma deve essere accorpata al diritto privato. Al pari del diritto commerciale, il diritto del lavoro diviene una disciplina fondamentale, che sebbene inserita nel codice del 1942, mantiene una propria autonomia rispetto al diritto civile ed a quello commerciale. I principi cardini del diritto del lavoro, quali il principio della tutela del lavoratore come contraente debole che viene rafforzato per quanto riguarda il trattamento minimo al quale egli ha diritto o il principio secondo cui il lavoratore è subordinato all'interesse dell'impresa ed all'autorità dell'imprenditore, vengono rafforzati ed il Codice del 1942 si configura come un punto d'arrivo importante rispetto al passato, punto al quale si giunge soprattutto grazie alla "LEGGE SULL'IMPIEGO PRIVATO" avutasi grazie al D.Lgs. 112/1919, rafforzata in seguito dalla più completa redazione del R.D.L. 1825/1924. Gli impiegati, infatti, per la mancanza di una spinta sindacale simile a quella degli operai, non disponevano di contratti collettivi diffusi, sebbene avessero dei giudici simili ai collegi dei probiviri. Le condizioni dei contratti di impiego privato erano quindi rimesse all'autonomia individuale o ai cosiddetti "usi impiegatizi". Per tal motivo nacque l'esigenza di tutelare i diritti degli impiegati grazie alla suddetta legge. 
Altro fenomeno che portò all'incorporazione del diritto del lavoro nel Codice del 1942 fu sicuramente quello della GIURIDIFICAZIONE DEL CONTRATTO COLLETTIVO, dapprima nella forma del "concordato di tariffa" fondato sull'adesione volontaria di lavoratori ed imprenditori, e successivamente nella forma pubblicistica della contrattazione collettiva corporativa, la quale fungeva da fonte del diritto grazie alla competenza attribuita alla potestà normativa dei sindacati nell'ambito delle categorie professionali. Il sistema corporativo fascista aveva messo fine alla libertà sindacale (L. 563/1926) ed aveva trasformato il contratto collettivo in un atto normativo eteronomo, proveniente dal sindacato unico fascista. La corporazione riuniva rappresentanti sindacali delle due parti contrapposte (lavoratori ed imprenditori) e stabiliva le norme della produzione, sotto il controllo del Ministero delle Corporazioni. Veniva, poi, affidato alla Magistratura del Lavoro il compito di dirimere le controversie giuridiche ed economiche. I contratti collettivi si configuravano come leggi speciali di categoria, mentre in altri Paesi si assisteva all'emanazione dei primi codici del lavoro. 
Il codice civile del 1942 non ha fatto altro che incorporare la legge sull'impiego privato ed i contratti collettivi corporativi, sottolineando il "principio della prevalenza della norma più favorevole al lavoratore" all'art. 2077 c.c. Il codice, tuttavia, ha incluso solo le norme generali sul lavoro, lasciando comunque a leggi speciali l'intera disciplina. 

Tratto da DIRITTO DEL LAVORO di Alessandra Infante
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