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America: democrazia, istituzioni e moderazione strategica

Dopo la fine della guerra fredda molti analisti si aspettavano il ritorno ad un ordine multipolare, ma così non è stato. Questo richiede un capovolgimento delle teorie realiste.
Per la stabilità di un sistema, fondamentali sono i concetti di:
rendimenti decrescenti della potenza: causati dalla partecipazione dello stato egemone alle istituzioni, i cui vincoli riducono a lungo termine le implicazioni delle asimmetrie di potenza;
rendimenti crescenti delle istituzioni: le istituzioni economiche e di sicurezza occidentali si sono radicate sempre più saldamente nella politica e nella società, conferendo stabilità all’ordine creato dopo la II Guerra Mondiale. I costi di un sovvertimento di questo sistema sono cresciuti costantemente nei decenni. Le istituzioni americane in particolare hanno caratteristiche che si prestano particolarmente ai rendimenti crescenti perché si basano su principi che suscitano largo consenso per la loro equità e legittimità e tendono a creare intorno ad esse una fitta rete di interconnessioni di vario tipo e questo fa sì che sempre più soggetti, anche non direttamente connessi agli USA, abbiano un interesse nel mantenimento del sistema, anche quando ne contestano alcuni aspetti.
È proprio per questo che l’Occidente è un ordine politico stabile e in espansione: ciò non è dovuto solo alla straordinaria potenza degli USA, ma anche alla politica di moderazione strategica che hanno attuato. Il patto (risalente agli anni ’40, ma ancora valido) che sta alla base di questo ordine è il fatto che gli USA rendono la loro potenza più rassicurante per il mondo e, in cambio, il mondo accetta di vivere all’interno del sistema americano. Per ottenere la partecipazione libera degli altri stati al loro sistema (e dunque creare un ordine legittimo), gli USA dovevano rassicurare gli altri stati su due rischi possibili: l’abbandono e la dominazione. Tutto questo è stato possibile grazie alla politica di moderazione strategica attuata.
Per quale motivo uno stato egemonico dovrebbe scegliere di auto-limitarsi? Per due motivi:
rendere duraturi alcuni aspetti favorevoli momentanei, in modo da farli continuare anche dopo che la fase ascendente sia conclusa. E’ una forma di investimento egemonico nel futuro;
ridurre i costi di imposizione per il mantenimento dell’ordine, in quanto si riducono gli impegni di risorse in trattative, azioni di monitoraggio e interventi coercitivi.
Ovviamente anche gli stati più deboli guadagnano da un accordo istituzionale perché senza di esso la forza contrattuale sarà basata solo sulle risorse di potenza e quindi saranno svantaggiati.
Lo stato debole punta su guadagni oggi, anziché domani (rinuncia a contrattare l’accordo quando sarà diventato più potente), mentre lo stato egemone rinuncia ai guadagni immediati a favore di quelli differiti. La differenza nelle due scale temporali è cruciale per capire com’è possibile un accordo istituzionale. Inoltre un altro effetto dell’accordo istituzionale è che garantisce gli stati deboli dalla dominazione o dall’abbandono.
La logica delle alleanze di sicurezza serve a comprendere i vincoli istituzionali: infatti, queste spesso sono state stipulate non solo per difendersi da minacce esterne, ma per controllare e contenere i propri stessi alleati. Ovviamente la moderazione reciproca ha senso solo se le istituzioni sono in grado di avere un impatto normativo indipendente sulle azioni degli stati. Il presupposto è che le istituzioni abbiano una vita e una logica propria e che siano “vischiose” ovvero che abbiano costi di uscita onerosi.

Tratto da AMERICA SENZA RIVALI? di Giulia Dakli
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