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Il periodo degli Zhou orientali, il periodo delle primavere e degli autunni

Con la caduta della capitale Zhou occidentale nel 770 a.C. ad opera di popolazioni provenienti dal Nord, inizia il periodo degli Zhou orientali e così anche quello definito delle primavere e degli autunni. Il bacino del Fiume Giallo (che costituiva la culla del mondo cinese) era allora suddiviso in vari principati, forse più di un centinaio, che si alleavano e si combattevano in una situazione di costante conflittualità. Ogni annessione o cessione doveva però essere sanzionata dal re Zhou per divenire valida; è attorno a quest’ordine condiviso (che come abbiamo detto si fondava su ragioni religiose e di lignaggio) che poggiava il sistema politico del regno Zhou: il re, nonostante l’indebolimento militare della dinastia, conseguente al trasferimento da occidente ad oriente, continuava ad avere un prestigio sufficiente a dirimere le controversie più grandi e a mantenere compatto il regno. 
La situazione si deteriorò attorno al seicento (VII secolo a.C.), quando in conseguenza di grandi mutamento economici e sociali il mondo cinse divenne notevolmente più grande. In particolare quelle entità periferiche che fino ad allora erano rimaste ai margini o della vita politica dei principati del bacino del Fiume Giallo -e che nel frattempo si erano notevolmente rafforzate sia economicamente che militarmente- cominciarono a prendere parte attiva ai giochi di potere fra i principati. Questi regni periferici (in questa prima fase soprattutto il regno meridionale di Chu), erano considerati barbari dai principati del dominio Zhou, ma avevano assimilato gli elementi fondamentali del mondo cinese e ormai vi erano legati economicamente e socialmente. 
Per far fronte all’aggressività dei nuovi regni periferici -in una situazione in cui la dinastia non aveva quasi forza militare- i principati Zhou si riunirono in un’alleanza difensiva (680 a.C.) guidata dal duca Huan, signore del principato di Qi. Nel 651 a.C. il regno “barbaro” di Chu fu sconfitto dalla coalizione e costretto a versare tributi alla corte Zhou, mentre il duca Huan veniva proclamato signore egemone del regno Zhou. La nascita dell’egemonia costituiva la sanzione ufficiale dei nuovi rapporti di forza all’interno del regno Zhou: il re Zhou rimaneva la suprema autorità religiosa, ma il potere effettivo passava a chi poteva imporlo con la forza della armi. La Cina arcaica era ormai al crepuscolo.
Per un certo tempo l’assetto politico del regno ruotò attorno all’istituzione dell’egemonia, ma ben presto l’emergere di altri due nuovi regno nel Sud (Wu e Yue) portò ad una nuova situazione di incertezza che completò il processo di esautorazione del potere della dinastia Zhou. Prima dell’ingresso nello scacchiere dei nuovi stati “barbari”, le guerre fra i vari signori avevano sempre seguito certe regole: l’obbiettivo non era l’annessione pura e semplice di un altro territorio, ma l’accumulazione di un prestigio che garantiva delle prerogative in base all’ordine tradizionale, il quale continuava ad avere nella figura del re Zhou la sua giustificazione e la sua garanzia. A partire dal V secolo questa situazione conobbe un veloce cambiamento, connesso ai profondi mutamento economici, sociali ed istituzionali in atto nei vari principati. I più potenti fra questi si andavano infatti trasformando in veri e propri Stati, con complessi apparati e strutture di potere che non si conformavano più ai tradizionali rapporti gerarchici fondati sulla parentela che avevano costituito il collante dei regni delle tre dinastie della Cina arcaica.
In questa situazione, nel 453 a.C. dopo una serie di conflitti che si erano protratti per parecchi anni, il territorio dell’importante principato di Jin venne spartito fra gli importanti casati aristocratici Wei, Zhou e Han, senza che il re Zhou (contrario alla cosa) potesse in qualche modo opporvisi. Pur nella discrezionalità della periodizzazione storica non è quindi casuale la scelta della spartizione di Jin come data d’inizio del periodo degli stati combattenti. 

Tratto da STORIA DELLA CINA di Lorenzo Possamai
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