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Divismo negli anni '50


La ricerca più rappresentativa del dopoguerra, ipotizzata da Zavattini e praticata da De Sica e Rossellini è quella che chiunque possa diventare soggetto di storie ed entrare nel firmamento divistico. Lo schermo è uno specchio della condizione collettiva; tuttavia il tentativo si negare il professionismo attoriale a favore dell’immediatezza e dell’identificazione perfetta e naturale, non funziona; si rimette dunque in moto il sistema divistico cercando di assimilare la lezione neorealistica. Con l’apparizione di Silvana Mangano in Riso Amaro nasce il divismo della maggiorate che le condurrà fino ad Hollywood Sophia Loren e Gina Lollobrigida puntando sempre di più sull’esibizione degli attributi fisici, grandi fianchi seno prosperoso. A queste attrici vanno aggiunte Giulietta Masina e Franca Valeri che si affermeranno per ragioni diverse dagli attributi fisici. Sul fronte maschile accanto a Totò che continua ad imperare nella cultura, c’è qualche importazione americana che offre un fisico modellato ed una capacità mimetica molto limitata. Sarà negli anni cinquanta che emerge il divismo maschile con l’affermazione di Mastroianni, Sordi, Gassman, Tognazzi e Manfredi.

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