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Origini e sviluppi del concetto di rete sociale

Origini e sviluppi del concetto di rete sociale 

L’origine del concetto di rete sociale è nell’antropologia britannica per lo studio della realtà africana nel secondo dopoguerra; nasce dalla necessità di nuovi strumenti per interpretare il passaggio da una realtà statica ad una dinamica. 
Un contributo importante arrivò dalla SCUOLA di MANCHESTER (fondata da GLUCKMAN) la quale sviluppò anche la NETWORK ANALYSIS [oggi intesa come una prospettiva analitica che raggruppa studi e correnti differenti ed anche conflittuali, che può comprendere, accanto ai più tradizionali studi sul sistema sociale condotti sul campo, anche studi basati su modelli matematici complessi]. 
L’analisi del conflitto introdotta da Gluckman apre la strada ad un nuovo paradigma che osserva le relazioni ed i movimenti umani come realtà dinamiche e processuali. 

Un interessante contributo all’evoluzione del concetto di rete sarà portato da due studiosi anch’essi legati alla Scuola di Manchester: 
J. BARNES Partendo dalla comunità di Bremnes [comunità norvegese di pescatori] Barnes considera inizialmente due campi di relazioni sociali, uno basato sul territorio, in cui si formavano relazioni di vicinato ricche e stabili nel tempo, l’altro sul sistema industriale, relazioni di dipendenza dovute alla pesca, ma non stabili nel tempo. Accanto a questi due modelli relazionali ne individua un terzo la rete, costituito da relazioni tra amici, vicini, parenti, trasversali agli altri due campi. Le caratteristiche delle relazioni della rete erano indefinitezza spaziale e temporale, non erano necessariamente relazioni stabili ed organizzate. In questo studio la rete diventa un importante mezzo per studiare le relazioni informali Il tipo di rete era a-centrata, quindi in risalto erano le interconnessioni e l’analisi in senso generale. Barnes, studiando la configurazione di rete, arriva a proporre una distinzione tra società tradizionale e società contemporanea, sulla base della differente configurazione della rete. Nella società contemporanea, anche se gli individui possono conoscere più persone, hanno in proporzione meno amici e meno conoscenze in comune rispetto ad una società in scala più piccola. Avendo quindi una conoscenza solo parziale della rete, essi si possono trovare nell’impossibilità di raggiungere un altro punto della rete stessa, dovendo necessariamente percorrere numerosi passaggi intermedi. 
ELIZABETH BOTT Ricerca incentrata sul tipo di relazione esistente tra i coniugi e, nello specifico, sulla condivisione del lavoro domestico in un gruppo di famiglie dell’area londinese. Entro queste famiglie la Bott evidenzia tre modelli diversi di relazione relazioni coniugali caratterizzate da una rigida separazione tra i ruoli, in cui i compiti rispettivi vengono eseguiti in modo separato ed indipendente (FAMIGLIE a RUOLI SEGREGATI) relazioni che presentano una condivisione nei lavori ed una intercambiabilità nei compiti (FAMIGLIE a RUOLI CONGIUNTI) relazioni a LIVELLO INTERMEDIO di SEPARAZIONE dei RUOLI. L’analisi delle reti sociali delle famiglie (amici, parenti, negozi, attività lavorativa, vicini) fa emergere degli elementi di straordinario interesse » le famiglie a RUOLI SEPARATI apparterrebbero, infatti, a RETI SOCIALI A MAGLIA STRETTA O CHIUSA (CLOSE-KNIT) costituite da persone che si conoscono e si frequentano fra loro » mentre quelle a RUOLI CONGIUNTI sarebbero parte di RETI SOCIALI A 

MAGLIA LARGA O APERTA (LOOSE-KNIT) costituite da persone che non tutte si conoscono e che non direttamente interagiscono fra di loro, i cui ruoli non si sovrappongono, nelle quali non sarebbe tanto importante il numero di persone conosciute o frequentate dalla coppia, quanto il fatto che queste a loro volta si conoscano e si frequentino o meno. secondo questo studio la rete sociale non svolgerebbe solo una semplice azione a livello di interazione tra i coniugi ma risulterebbe anche un elemento centrale che, attraverso l’interiorizzazione delle norme e dei valori, caratterizza il processo di socializzazione della persona, la definizione dello status e dell’identità e l’elaborazione dei modelli di prestigio, superando quindi a livello esplicativo variabili “classiche” come la classe sociale o la zona di residenza. Si evidenzia così la funzione della rete quale gruppo, reale o fittizio, che viene pensato da un individuo in quanto avente un’esistenza reale, ed è utilizzato da questi per paragonare o valutare la propria posizione “WITH THAT OR OTHERS”, e per giustificare o spiegare la sua azione. 
La portata di alcune ipotesi emerse dallo studio della Bott, risulta estremamente interessante per la psicologia di comunità: 
1. Lo studio evidenzia la forte pressione ideologica e normativa da parte della rete a maglia stretta sul controllo delle azioni dell’individuo, tale studio sfata o, quantomeno, rende maggiormente complessa, una visione ingenua della rete sociale, che attribuisce a questa essenzialmente funzioni di sostegno e di aiuto. 
2. Propone una visione non isolata del gruppo familiare rispetto al tessuto di relazioni e lo collega in varia guisa con il contesto sociale, consentendo in particolare di comprendere come le famiglie possano essere imbrigliate in un sistema più largo, tanto quanto gli individui sono imbrigliati all’interno delle famiglie stesse. In tal caso un rischio fin troppo evidente, anche se raramente considerato, consiste nell’assumere la famiglia come “paziente designato”. 
3. Le ipotesi aperte dalla Bott vanno anche nella direzione di comprendere meglio le distinzioni ed il rapporto esistente tra contesti urbani e situazioni locali di piccole dimensioni Nel primo caso la famiglia e le persone risultano parte di una rete estesa comprendente altri individui, gruppi ed organizzazioni con autonomie diverse, indipendenti tra loro, e tali da permettere alle persone di assumere ruoli differenti. Al contrario, nei contesti sociali di piccole dimensioni, gli individui e le famiglie risultano “incastrati” all’interno di gruppi sociali a maggiore coesione dove tutti si conoscono e dove molti aspetti della vita quotidiana vengono controllati o mediati dal gruppo allargato. 

Tratto da LA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ di Ivan Ferrero
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