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IVA: le cessioni di beni


L’art. 1 del d.p.r. 633/72 qualifica rilevanti ai fini IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi.
Il successivo art. 21 d.p.r. 633/72 definisce le cessioni di beni come gli atti a titolo oneroso che comportano il trasferimento della proprietà ovvero la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere.
Trattasi di una nozione ampia in grado di comprendere nell’ambito di applicazione del tributo qualsivoglia operazione che si caratterizzi per la presenza di due elementi:

a. un atto avente effetti traslativi o costitutivi della proprietà o di un altro diritto reale di godimento.
Tale elemento è in grado di rendere estranee all’area concettuale delle cessioni di beni tutte quelle ipotesi in cui l’atto produce il solo effetto di trasferire la semplice disponibilità materiale del bene (si pensi ai contratti di noleggio, locazione, leasing, comodato e di deposito non irregolare).
Restano, altresì, fuori dalla nozione di cessione di beni gli acquisti avvenuti a titolo originario, proprio perché in tali ipotesi difetta l’esistenza di un atto, l’acquisto derivando da un mero fatto cui la legge ricollega il verificarsi dell’effetto acquisitivo.
Inoltre, la necessaria sussistenza dell’effetto traslativo rende del pari irrilevanti gli atti istitutivi di diritti reali di garanzia (pegno e ipoteca).
La particolare ampiezza del fenomeno giuridico involgente le cessioni di beni è rappresentata anche dall’utilizzo della locuzione “atto” il quale, diversamente dal negozio giuridico (in cui la manifestazione di volontà è costitutiva degli effetti giuridici), è in grado di comprendere una serie di comportamenti giuridici, traslativi o costitutivi di diritti reali sui beni a prescindere dall’esistenza del requisito della volontà: in tal senso, è quindi possibile ricomprendere nella nozione di cessioni di beni rilevante ai fini IVA pure i trasferimenti, anche coattivi, disposti per ordine della pubblica amministrazione o dell’autorità giudiziaria.
Il tenore letterale della disposizione rende irrilevante ogni verifica in ordine alla disponibilità in capo al dante causa del bene che forma oggetto della cessione e, pertanto, devono considerarsi imponibili sia la vendita di cosa altrui, sia la vendita di cosa futura.
Per quanto riguarda la nozione di diritti reali di godimento, essa sembra potersi apprezzare nell’accezione più ampia possibile tale, quindi, da ricomprendere non solo il diritti reali “nominati”, ossia quelli espressamente disciplinati dal codice civile, ma anche quelli il cui contenuto può essere modellato dall’autonomia delle parti, nonché quelli eventualmente creati dal legislatore;

b. l’onerosità dell’atto medesimo.
Tale requisito presuppone l’esistenza di una controprestazione suscettibile di valutazione economica.
L’onerosità si contrappone alla gratuità ed indica la tendenziale equivalenza economica tra le prestazioni.
Essendo l’IVA una imposta sui consumi, si comprende come il legislatore abbia adoperato la più lata nozione di onerosità per attrarre nell’orbita del tributo tutte quelle operazioni collegabili a controprestazioni economicamente valutabili.
Sulla base di tali considerazioni, sembra potersi escludere la natura corrispettiva e, quindi, l’imponibilità delle somme corrisposte a titolo di indennizzo o di risarcimento del danno, nonché dei depositi cauzionali versati in relazione a compravendite nelle quali l’effetto traslativo è sospeso o condizionato al gradimento dell’acquirente; ovviamente, tali importi assumeranno natura corrispettiva qualora e nel momento in cui, perfezionatasi la vendita, esse saranno trattenute a titolo di acconto sul prezzo.
Parimenti privi di natura corrispettiva risultano i contributi associativi ed i versamenti a fondo perduto effettuati in costanza del rapporto sociale.

Tratto da CONCETTI SUL DIRITTO TRIBUTARIO E SULL'IVA di Stefano Civitelli
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