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Poli secondari di concentrazione demografica

Questi quattro grandi punti di concentrazione assommano una quantità sproporzionata di abitanti, oltre il settantacinque percento della popolazione mondiale. Tuttavia è opportuno individuare altri poli secondari di concentrazione demografica. Si tratta normalmente di zone più compatte, in generale circostanti grandi metropoli che ostentano diversi gradi di supremazia soprattutto nei paesi meno sviluppati:
Costa californiana: nell’America del nord, con una corona di grandi città da Sacramento sino alla conurbazione, San Diego, Tijuna, includendo San Francisco, Okland, Los Angeles.
Grandi aree metropolitane dell’America Latina: intorno a città plurimilionarie come Mexico, Bogotà, Caracas, San Paolo, Rio de Janeiro, Lima, Santiago del Cile, Buenos Aires.
Golfo di Guinea: in Africa, dal Senegal fino al Gabon ed al Congo, accorpano una quindicina di paesi come la Nigeria e la Costa d’Avorio con importanti città e zone costiere ad alta densità demografica. 
Delta del Nilo e Medio Oriente: soprattutto intorno a il Cairo e la costa egiziana in Africa settentrionale, ma anche includendo parte di Israele, Giordania, Siria, Iraq ed Iran (e Turchia, che in termini strettamente geografici, non appartiene al medio oriente però per la sua posizione si può considerare appartenente a questa zona).
Africa centrale ed orientale: nelle zone interne di Uganda, Kenya, Ruanda, Zaire, Burundi, Tanzania e Mozambico, nelle città come Kampala, Nairobi e Dar es Saalam. 
Africa del sud: intorno alle coste e soprattutto alle grandi città come Città del Capo, Johannesburg, Durban e Pretoria, ma anche in estese zone minerarie e rurali più all’interno. 
Costa meridionale ed orientale dell’Australia: di forma discontinua, però con forti concentrazioni intorno alle principali città, da Adelaide e Melbourne, fino a Canberra, Sidney e Brisbane nel sud est e l’isola di Tasmania intorno alla sua capitale, Hobart.   
Da tutto ciò risulta chiaro che la distribuzione della popolazione mondiale è quanto mai eterogenea e che la sua descrizione in termini di disuguaglianza si conforma pienamente con la realtà. Tali differenze sono ancor più evidenti se consideriamo questa distribuzione per stati ove i disequilibri si manifestano in tutta la loro forza. 
La tabella n° 2 è assai espressiva nel senso che lascia intravedere immediatamente il fatto che un solo paese, la Cina, con oltre un miliardo e duecento milioni di abitanti rappresenta un po’ più della quinta parte della popolazione mondiale. Assommando la Cina al secondo paese più popolato, l’India, con poco più di un miliardo di abitanti, si arriva a quasi il quaranta percento del totale della popolazione mondiale. Aggiungendo a questi altri quattro paesi, Stati Uniti, Indonesia, Brasile e Federazione Russa, che insieme raggiungono gli ottocento milioni di abitanti, già si supera la metà della popolazione mondiale. I venti paesi elencati nella tabella superano insieme il settanta percento della popolazione del pianeta. 
Al margine di questa considerazione il dato della densità media di ciascuna regione, sebbene eloquente, è meno espressivo del disequilibrio demografico evidenziato dai numeri assoluti o dalle percentuali di popolazione viventi nelle varie regioni del mondo. 
Come si è detto lo spazio fisico impone una serie di condizionamenti all’insediamento umano. La tabella n° 3, contiene dati riferiti alla superficie delle terre emerse in ciascuna delle grandi regioni del mondo, dai quali emerge come la dimensione delle terre disponibili già di per se stesso impone differenziazioni. Ciò nonostante più che la quantità di terra, quello che importa sono le caratteristiche delle terre ed in questo ci sono grandi differenze. In primo luogo non è una  casualità che la massima parte della popolazione mondiale, intorno all’80% vive tra il ventesimo ed il sessantesimo grado di latitudine nord. Questa fascia, chiamata zona temperata, presenta, dal punto di vista delle condizioni bioclimatiche ed altri fattori fisici, le migliori condizioni per l’insediamento della popolazione. Ciò è applicabile soprattutto alla fascia compresa tra il ventesimo ed il quarantesimo parallelo nord dove è insediata circa la metà della popolazione mondiale. La zona tropicale e la zona artica dell’emisfero nord riuniscono una popolazione che non raggiunge il dieci percento del totale mondiale. L’emisfero nord raggiunge quindi il novanta percento della popolazione mondiale lasciando a quello sud solo il restante dieci percento che è in gran parte concentrato in area tropicale. Il fatto che l’emisfero nord contenga la maggior parte delle terre emerse, non è però sufficiente a spiegare un disequilibrio tanto elevato nella distribuzione della popolazione. Bisogna tenere conto di altri fattori condizionanti come ad esempio il clima e l’accessibilità. Dal punto di vista climatico alcune zone, in qualche misura registrano estremi climatici di temperatura e precipitazioni che rendono difficile, o di fatto impossibile lo sviluppo di una vita normale. Ciò non per gli estremi in se stessi, ma perché detti estremi originano condizioni di vita estremamente difficili dovute a fattori come aridità, freddo, caldo e umidità che a loro volta si ripercuotono sull’ambiente impoverendolo a tal punto da creare gravi carenze per l’esistenza umana. Comunque le zone anecumeniche non sono del tutto spopolate, registrano in generale densità demografiche assai basse e al loro interno contengono ampie estensioni completamente spopolate. Nella maggior parte dei case le modeste popolazioni ivi presenti sono nomadi o seminomadi e vi è quasi una completa assenza di grandi città. Solo l’esistenza di risorse minerarie o di atre fonti di ricchezza o la pianificazione da parte degli stati (costruzione di Brasilia nel cuore del Brasile ed il popolamento programmato nella Siberia), hanno determinato l’afflusso di popolazioni in questi luoghi, però mai in numero elevato. 

Tratto da GEOGRAFIA POLITICA ED ECONOMICA di Filippo Amelotti
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